Gestione dell’Immobile in comproprietà: che cosa è, come funziona e casistiche
Quando più soggetti sono titolari di un diritto di proprietà sullo stesso bene, si parla di comunione o comproprietà.
Ogni comproprietario è titolare di una percentuale (c.d. “quota ideale”) sull’intero bene e non di una porzione materialmente individuata e specificata. Le quote dei comproprietari si presumono uguali, salvo non risulti diversamente dal titolo che costituisce il diritto.
Ogni comproprietario può esercitare il proprio diritto sul bene nella sua interezza ed in qualsiasi momento, nel rispetto di due limiti:
- non modificarne la destinazione senza il consenso degli altri comproprietari
- non impedire agli altri titolari di farne lo stesso utilizzo. Va da sé, quindi, che il rispetto di questo vincolo discenda da un utilizzo ripartito del bene, compatibile con le esigenze di tutti i comproprietari.
In questo articolo esamineremo insieme più nel dettaglio la disciplina della comproprietà e le modalità di gestione della cosa in comune, analizzando le problematiche più frequenti e i modi con cui prevenirle e risolverle.
Indice:
- I Diversi “tipi” di comunione
- Amministrazione dell’immobile in comproprietà: cosa è e come funziona
- Impugnazione delle delibere relative agli atti di amministrazione ordinaria e straordinaria dell’immobile in comproprietà
- L’amministratore della cosa comune e l’amministratore giudiziario.
- Scioglimento della comunione
- Comunione legale tra coniugi o tra gli uniti civilmente sull’immobile
- L’esclusione del regime di comunione legale tra i coniugi
- Comunione legale tra i coniugi: il conferimento del bene immobile nel fondo patrimoniale dell’acquisto di un immobile intestato solo a un coniuge
- Scioglimento della comunione legale tra i coniugi
- Il Condominio negli edifici: brevi cenni
1. I diversi “tipi” di comunione
La comunione può essere volontaria, quando la sua costituzione è il frutto della volontà espressa dai partecipanti. La comunione si instaura quando due o più persone decidono, ad esempio, di acquistare congiuntamente lo stesso bene immobile.
La comunione può essere ereditaria, quando la comproprietà del bene immobile si trasmette a più eredi, i quali, quindi, ne diventano comproprietari in caso di accettazione dell’eredità. La comunione ereditaria si può realizzare per testamento (ad esempio «Lascio la casa di campagna in parti uguali a mia figlia e a mio figlio») oppure per legge (in assenza di testamento).
La comunione può essere forzosa, quando la comproprietà è imposta da una situazione di fatto che, per legge, non può essere sciolta. Tipico caso è il muro di confine che divide due terreni attigui o le parti comuni di un condominio.
La comunione legale fra coniugi è un'ulteriore fattispecie di comunione, che sorge per legge, quando i coniugi non optano per altri regimi patrimoniali dei beni in sede di matrimonio ed alla quale dedichiamo i paragrafi da 6 a 9 di questo articolo.
2. Amministrazione dell’immobile in comproprietà
Coerente con il potere ed onere di concorrere tutti nell’amministrazione della comproprietà del bene, i contitolari, o comproprietari, sono tutti obbligati a contribuire alle spese per la conservazione ed il godimento della cosa comune e le obbligazioni relative alle spese deliberate dai comproprietari.
È l’art. 1104 del codice civile che impone al partecipante alla comunione sull’immobile di contribuire alle spese necessarie alla conservazione ed al godimento della cosa comune.
Questa regola trova la sua ragione giustificatrice nel dovere di garantire il godimento del bene da parte di tutti i comproprietari: dovere che implica l’obbligo di tutti di mantenere la cosa comune in uno stato tale da poter servire al suo uso.
L’attività di amministrazione della cosa comune, finalizzata alla conservazione ed al miglioramento dell’immobile, spetta quindi in concorso a tutti i comproprietari, escludendo pertanto che gli stessi possano concorrervi singolarmente.
Un’eccezione è rappresentata dall’ipotesi disciplinata dall’art. 1110 cod. civ., che prevede come – in caso di trascuranza degli altri comproprietari – il singolo comproprietario può sostenere le spese necessarie per la conservazione della cosa comune. In tal caso, chi abbia anticipato le spese (necessarie) ha diritto a richiedere il rimborso pro quota agli altri comproprietari.
La partecipazione all'amministrazione della cosa comune implica, per ciascun comproprietario, il diritto di essere chiamato ad esprimere la propria volontà su ogni atto di gestione.
Amministrare significa esercitare un diritto e tale esercizio, che comprende sia gli atti di ordinaria che di straordinaria amministrazione, può essere effettuato dal titolare o affidato ad un terzo.
La partecipazione all'amministrazione della cosa comune segue il principio maggioritario, semplice o qualificato, secondo i vari atti di gestione da compiere, come di seguito indicato:
- Atti di amministrazione ordinaria dell’immobile in comproprietà: hanno natura di amministrazione ordinaria gli atti finalizzati alla conservazione, alla normale (ordinaria, quindi prevedibile) utilizzazione e al miglior godimento della cosa comune, da intendersi quale più comoda utilizzazione della stessa. Tali atti non devono sfociare né in innovazione, né nel mutamento di destinazione. Per l’approvazione (e l’esecuzione) di tali atti è richiesta la maggioranza semplice dei comproprietari calcolata in base al valore della quota di comproprietà di ciascuno (art. 1105 del Codice Civile).
- Atti di amministrazione straordinaria dell’immobile in comproprietà: gli atti di straordinaria amministrazione richiedono, invece:
- una maggioranza qualificata composta dai partecipanti che rappresentino almeno i due terzi del valore complessivo della cosa comune per l’approvazione (e l’esecuzione) di innovazioni “dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento”. Ciò purché tali innovazioni non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa. La maggioranza qualificata opera per tutti “gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti” (art. 1108 cod. civ.).
- l’unanimità per quegli atti di straordinaria amministrazione consistenti:
- nell’alienazione del diritto
- nella costituzione di diritti reali sul fondo comune
- nella conclusione di un contratto di locazione della durata superiore ai 9 anni.
3. Impugnazione delle delibere relative agli atti di amministrazione ordinaria e straordinaria dell’immobile in comproprietà
Come previsto dall’art. 1109 cod. civ., i comproprietari, che singolarmente o congiuntamente rappresentino la minoranza dissenziente rispetto ad una certa decisione relativa alla gestione dell’immobile comune possono impugnare davanti all’autorità giudiziaria la decisione medesima.
In particolare, la norma menzionata riconosce alla minoranza dissenziente il diritto di impugnare:
- le deliberazioni contenenti atti di ordinaria amministrazione quando risultino gravemente pregiudizievoli alla cosa comune,
- quando le deliberazioni siano state adottate senza la convocazione di ciascun comunista.
Per quanto riguarda, invece, le deliberazioni contenenti atti di straordinaria amministrazione, queste possono essere impugnate per violazione dei limiti indicati dall’art. 1108 cod. civ., ossia quando:
- risultino pregiudizievoli all’interesse di alcuno dei partecipanti
- costituendo innovazione, comportino una spesa eccessivamente gravosa.
L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti, il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza del giudizio, l’autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento deliberato ed impugnato.
4. L’amministratore della cosa comune e l’amministratore giudiziario.
La maggioranza dei comproprietari ha la facoltà ed il potere di nominare un amministratore della cosa comune. L'amministratore della comunione è un mandatario e può essere o un comproprietario o un terzo.
I poteri dell'amministratore della cosa comune, diversamente da quello nominato dall’assemblea condominiale, sono determinati dal provvedimento di nomina o dal regolamento.
Conseguentemente, solo con espresso conferimento del relativo potere, l'amministratore può avere anche la rappresentanza dei partecipanti alla comunione.
Diversamente dall’amministratore nominato dalla maggioranza dei comproprietari, l’art. 1105 ultimo comma, cod. civ., disciplina espressamente la figura dell’amministratore giudiziario: “se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore”.
I poteri dell'amministratore giudiziario sono determinati dal giudice con sentenza. L’amministratore giudiziario ha solo poteri di ordinaria amministrazione: gli sono inibiti compiti deliberativi o risolutivi di conflitti tra i comproprietari.
L'amministratore giudiziario agisce nell'interesse dei comproprietari.
Deriva il suo potere dalla nomina giudiziaria e può essere revocato su iniziativa di ogni comproprietario, previa richiesta in tal senso formulata al Giudice, oppure fino a quando i comproprietari non provvedono ad affidare, previa rituale delibera di nomina, l'incarico ad altro professionista.
5.Scioglimento della comunione
Ciascuno dei partecipanti alla comunione ha facoltà di chiedere lo scioglimento della stessa, senza che gli altri comunisti vi si possano opporre. Detta facoltà viene considerata come esplicazione di un diritto potestativo per cui le ragioni ed i modi dell’esercizio non possono essere sindacati dagli altri partecipanti e dal giudice.
Quando più comproprietari vogliono dividere il bene immobile in comune possono procedere alla divisione in via consensuale o giudiziale, salvo che non si tratti di cose che, se divise, cesserebbero di servire all’uso a cui sono destinate.
In altri termini, si può procedere a un contratto di divisione o, diversamente, al ricorso al giudice che procede alla formazione di lotti di pari valore o, se tale operazione non è praticabile, alla vendita del bene immobile, con conseguente riparto del ricavato della vendita.
Pertanto, si parla di divisione consensuale, o per contratto, quando tutti i comproprietari sono d’accordo nel voler sciogliere la comunione del bene in comproprietà. Si procederà, quindi, mediante la stipulazione di un contratto che delinea i dettagli della divisione.
Affinché il predetto contratto possa dirsi valido, efficace e opponibile ai terzi, lo stesso dev’essere redatto in forma scritta a pena di nullità e trascritto nei pubblici registri. La mancata trascrizione di una divisione contrattuale, conclusa in forma scritta, non compromette la validità dell’accordo nei rapporti interni, ma impedisce la sua opponibilità ai terzi.
Quando non si raggiunge un accordo che soddisfi tutte le parti titolari del bene, e quando si intenda sciogliere la comunione sullo stesso, si procede con la divisione giudiziale.
L’azione giudiziale deve essere, secondo quanto impone la legge, preceduta dalla mediazione obbligatoria.
Questa si svolge avanti un organismo riconosciuto e qualificato professionalmente, con lo scopo di rendere edotte le parti del regime nel quale versano e di formare un accordo teso alla divisione ed allo scioglimento della comunione.
In caso di esito negativo della mediazione, l’organismo incaricato redigerà verbale negativo.
L’attivazione della mediazione è condizione di procedibilità della causa giudiziale di divisione e scioglimento.
In tale sede il Tribunale incarica un Consulente tecnico d’ufficio, invitandolo a:
- verificare la divisibilità materiale del bene e la non eccessiva onerosità di tale operazione
- stimare il valore commerciale dell’immobile.
In esito all’intervento del consulente d’ufficio, affiancato anche dai consulenti tecnici delle parti che intendano avvalersene, viene predisposto un progetto di divisionedelle quote da attribuire a ciascun comproprietario. A ciascun di essi spetterà una porzione formata da una quantità di beni di uguale natura e qualità.
In caso di disaccordo sulle modalità di scioglimento della comunione, il giudice stabilirà la vendita forzosa del bene all’asta e il suo ricavato verrà distribuito tra tutti gli ex comproprietari.
6. Comunione legale tra coniugi o tra gli uniti civilmente sull’immobile
Il nostro Ordinamento prevede una pluralità di regimi patrimoniali, la cui scelta è rimandata alla volontà dei coniugi: da qui la definizione di regimi convenzionali.
In concreto, alla celebrazione del matrimonio, i coniugi possono scegliere il regime patrimoniale della separazione dei beni. In mancanza di espressa scelta, è applicato il regime di comunione legale dei beni ed opera automaticamente
Nel regime di comunione legale, ciascun coniuge partecipa agli acquisti e agli incrementi patrimoniali dell'altro coniuge successivi al matrimonio, perché si reputa che entrambi abbiano contribuito, seppure eventualmente in modo indiretto, alla costruzione del patrimonio familiare.
Ai sensi dell'art. 177 cod. civ., costituiscono oggetto della comunione legale:
- gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
- i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
- i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
- le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio (qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi).
La piena operatività dei principi di eguaglianza e parità dei coniugi all’interno della famiglia viene garantita, sotto il profilo squisitamente patrimoniale, dal regime giuridico dell’amministrazione dei beni in comunione disciplinato all’art. 180 cod. civ., il quale stabilisce il duplice regime:
- dell’amministrazione disgiunta (al primo comma) per gli atti di ordinaria amministrazione e
- dell’amministrazione congiunta (al secondo comma), per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione.
Tale regime di amministrazione dei beni oggetto della comunione legale tra i coniugi, trova sempre applicazione salvo i casi di:
- interdizione di uno dei coniugi, da ritenere condizione di esclusione dell’amministrazione (art. 183, co. 3 cod. civ.), o
- di revoca del potere di amministrazione,
- ovvero nei casi di esclusione pronunciata dal giudice su istanza di uno dei coniugi, per mala amministrazione o minore età ai sensi dell’art. 183, co. 1 cod. civ.
Gli atti che implicano una sostanziale modifica patrimoniale, eccedenti perciò l’ordinaria amministrazione, devono essere compiuti congiuntamente da ambedue i coniugi. In caso contrario, l’atto versa in una peculiare forma di invalidità, per la quale è previsto il rimedio dell’annullabilità, soggetta al termine di decadenza breve di un anno, ai sensi dell’art. 184 cod. civ.
7. L’esclusione del regime di comunione legale tra i coniugi nel caso dell’acquisto di un immobile intestato solo a un coniuge
Anche in regime di comunione legale dei beni, il singolo coniuge ha la possibilità di acquistare l’esclusiva proprietà di un immobile.
A tal fine è necessario che:
- all’atto di acquisto siano presenti entrambi i coniugi;
- il coniuge escluso dalla proprietà dichiari espressamente la natura di acquisto a titolo esclusivo e personale dell’altro coniuge;
- la sussistenza dei motivi che rendono esclusivo l’acquisto da parte del coniuge pure in regime di comunione dei beni (ossia: l’acquisto esclusivo sia “giustificato” dalla provenienza di una provvista personale, ricevuta per donazione, successione, risarcimento personale del danno, denari già di proprietà esclusiva prima del matrimonio, destinazione per l’uso professionale).
Non rientrano nella comunione legale i beni immobili ricevuti da uno dei coniugi per atto di donazione o per successione.
8. Comunione legale tra i coniugi: il conferimento del bene immobile nel fondo patrimoniale
Il nostro Ordinamento riserva ai coniugi (ed agli uniti civilmente) uno strumento a tutela del patrimonio familiare: il fondo patrimoniale.
Il fondo patrimoniale è una convenzione mediante la quale alcuni beni determinati vengono destinati a fronteggiare i bisogni del nucleo familiare.
Il patrimonio che compone il fondo patrimoniale comune è quindi riservato ad uno scopo specifico: i bisogni della famiglia.
In tale schema si inseriscono anche i beni immobili, che possono andare a comporre il fondo.
L’amministrazione del bene che compone il fondo è disciplinata dalle norme sull’amministrazione della comunione legale.
Pertanto, anche sotto il regime di tale strumento per l’alienazione del bene o la disposizione del bene occorre:
- in assenza di figli minori, il consenso di entrambi i coniugi;
- in presenza di figli minori, il consenso di entrambi i coniugi e l’autorizzazione del giudice tutelare.
I creditori non possono aggredire i beni in comunione che facciano parte del fondo, salvo non siano creditori di obbligazioni contratte nell’interesse della famiglia.
9. Scioglimento della comunione legale tra i coniugi
La disciplina del codice civile della comunione legale si conclude con gli artt. 191-197 cod. civ. concernenti le norme sullo scioglimento e sulla successiva divisione della stessa.
Ai sensi dell’art. 191 cod. civ. la comunione si scioglie per:
- morte di uno dei coniugi;
- sentenza di divorzio;
- dichiarazione di assenza o morte presunta di uno dei coniugi;
- annullamento del matrimonio;
- separazione legale dei coniugi;
- fallimento di uno dei coniugi;
- separazione giudiziale dei beni;
- convenzione tra i coniugi.
La presenza di uno di questi motivi basta per ritenere sciolta la comunione dei beni.
10. Il Condominio negli edifici: brevi cenni
Esiste un ulteriore e particolare tipo di comproprietà: quella che si forma in condominio sulle cosiddette parti comuni dell’edificio.
E' un tipo di comunione di natura forzosa, regolata espressamente negli artt. 1117 e seguenti del Codice Civile, caratterizzata dalla coesistenza, in seno ad unico fabbricato, di parti in proprietà esclusiva e di parti in comproprietà.
Le parti comuni dell’edificio sono destinate in via esclusiva a consentir il godimento e miglior utilizzo di ciascuna proprietà esclusiva di ciascun condomino.
Ciascuno condomino è, quindi, titolare di un diritto esclusivo su determinate parti di un edificio, mentre altre parti restano di proprietà comune ed indivisibile di tutti i condomini.
Al fine di meglio gestire l’aspetto comune dell’edificio, in alcuni casi viene nominato un amministratore, la cui nomina è obbligatoria nel caso in cui i condomini siano in numero pari o superiore ad otto.
Una forma di condominio speciale, caratterizzata da una pluralità di edifici costituiti in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione, viene denominata “supercondominio” ovvero condominio orizzontale o condominio complesso.
Infine, brevi cenni sull’istituto della multiproprietà. Riconosciuta dal Codice del Turismo (D.Lgs. 79/2011), permette a più acquirenti di godere del diritto di abitazione di un medesimo immobile, ma non contemporaneamente.
Ogni multiproprietario, infatti, gode in via esclusiva dell’immobile poiché al momento della stipula del contratto vengono definiti dei turni ben precisi per l’utilizzo dell’immobile.
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Articolo aggiornato a cura dell'avv. Serena Mineo