Divorzio: che cosa è e come funziona?

Il divorzio è l'istituto giuridico che permette lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio quando tra i coniugi sia venuta meno la comunione spirituale e materiale di vita.

Si fa riferimento allo scioglimento del matrimonio se i coniugi avevano contratto matrimonio con rito civile; si parla invece di cessazione degli effetti civili del matrimonio se i coniugi avevano celebrato un matrimonio concordatario.

 

Indice:

  1. Che cosa è e quali sono i presupposti
  2. Gli effetti della sentenza di divorzio
  3. L’assegno divorzile e l’assegno successorio
  4. Doveri verso i figli
  5. Il procedimento di divorzio. Come funziona?

 

1. Che cosa è e quali sono i presupposti

La legge n. 55/2015 ha introdotto le nuove norme sul c.d. divorzio breve: tale istituto accorcia sensibilmente i tempi necessari per ottenere lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili.

Una volta ottenuto il divorzio, entrambi i coniugi sono liberi di poter contrarre nuove nozze con rito civile.

L’art. 1 della legge n. 55/2015 ha modificato l’art. 3 comma 1 lett. b n. 2 della Legge Legge n. 898/1970, che disciplinava i casi di scioglimento del matrimonio, introducendo tempistiche assai più brevi, di seguito illustrate:

 

In caso di separazione giudiziale:

si riduce da tre anni a dodici mesi la durata minima del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi, che legittima la domanda di divorzio.

Il termine di dodici mesi decorre - come attualmente previsto - dalla comparsa dei coniugi di fronte al presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale.

 

In caso di separazione consensuale (anche nell’ipotesi di trasformazione da giudiziale in consensuale):

si riduce a sei mesi la durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che permette la proposizione della domanda di divorzio.

Il termine di sei mesi decorre - analogamente – dalla data della comparsa dei coniugi di fronte al presidente del tribunale.

I sei mesi decorrono inoltre, pur non essendo specificato nel testo di legge, dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da avvocati, ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.

 

2. Gli effetti della sentenza di divorzio

La sentenza di divorzio produce i seguenti effetti:

  1. in caso di matrimonio civile, si ha – come detto - lo scioglimento del vincolo matrimoniale; in caso di matrimonio religioso, si verifica invece la cessazione degli effetti civili (poiché permane il vincolo indissolubile del sacramento religioso);
  2. la moglie perde il cognome del marito che aveva aggiunto al proprio dopo il matrimonio. Sul punto giova precisare che la moglie può mantenere il cognome del marito se ne fa espressa richiesta ed il Giudice riconosce la sussistenza di un interesse della donna o dei figli meritevole di tutela;
  3. finché il coniuge economicamente meno abbiente non passi a nuove nozze, il Giudice può disporre che l’altro coniuge sia tenuto a corrispondergli un assegno periodico (detto “assegno divorzile”);
  4. viene decisa la destinazione della casa coniugale e degli altri beni di proprietà comune degli ex coniugi;
  5. i figli minorenni vengono affidati a uno dei coniugi, con obbligo per l’altro di versare un assegno di mantenimento della prole, o ad entrambi i genitori congiuntamente (cd. “affidamento condiviso”), nel rispetto di quanto previsto anche dagli artt. da 337-bis a 337-octies cod. civ. (così come introdotti dal D.Lgs. 154/2013 in materia di filiazione);
  6. ciascuno dei coniugi perde i diritti successori nei confronti dell’altro;

Si segnala che, se uno dei coniugi matura il diritto al TFR (trattamento di fine rapporto prima che venga pronunciata la sentenza di divorzio, l’altro coniuge ha diritto a percepire una parte di tale importo.

 

3. L’assegno divorzile e l’assegno successorio

L’assegno divorzile è un contributo economico con finalità sostanzialmente assistenziale, versato periodicamente ad uno dei due coniugi divorziati dall’ex coniuge. Il diritto alla percezione dell’assegno di divorzio deve essere accertato dal Giudice, che verifica la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge.

L’assegno divorzile è infatti definito dall'art. 5, comma 6, della Legge n. 898 del 1970, che prevede che vada somministrato un contributo economico al coniuge quando quest’ultimo non abbia mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive.

Esso trova fondamento nella rottura definitiva del rapporto coniugale ed assolve, principalmente, ad una finalità assistenziale/solidaristica, mirando ad evitare il peggioramento delle condizioni economiche del coniuge colpito più in profondità dalla fine del matrimonio.

Il Giudice può stabilire che l'assegno sia corrisposto periodicamente a cadenza mensile oppure, ma solo su accordo delle parti, tramite una corresponsione una tantum fatta in un'unica soluzione, in modo tale che i coniugi divorziati mettano fine una volta per tutte alle questioni patrimoniali fra loro pendenti. La corresponsione in un’unica soluzione può essere effettuata in denaro o anche mediante cessione di qualche bene.

Il diritto all'assegno divorzile si estingue nel momento della morte del coniuge obbligato a versarlo. Tuttavia, sia in caso di separazione che di divorzio, il coniuge beneficiario ha la possibilità di godere, sul piano della successione, di altre forme di tutela previste dalla legge.

L'art. 9-bis della Legge n. 898/1970 prevede, infatti, che al coniuge superstite a cui è stato riconosciuto il diritto ad un assegno mensile a norma dell'art. 5, il Tribunale, dopo il decesso dell'obbligato, possa attribuire una somma periodica a carico dell'eredità: il c.d. assegno successorio.

I presupposti affinché la richiesta dell'assegno successorio possa essere legittimamente avanzata sono: la titolarità del diritto all'assegno divorzile e lo stato di bisogno, da intendersi come incapacità a soddisfare i bisogni primari essenziali.

La valutazione sulla spettanza e sull’importo dell’assegno a carico dell’eredità è comunque stabilita dal Giudice, che deve tener conto dell’importo dell’assegno di divorzio, dell’entità del bisogno, dell’eventuale presenza di una pensione di reversibilità, della consistenza dell’asse ereditario, del numero degli eredi e delle loro condizioni economiche. (art. 9 bis, della Legge sul Divorzio).

Il coniuge che ha ricevuto la corresponsione una tantum dell’assegno di mantenimento, avendo già definito la totalità dei rapporti patrimoniali, non ha diritto al suddetto assegno.

Anche l’assegno successorio può essere corrisposto in un'unica soluzione.

 

4. Doveri verso i figli

Secondo il disposto dell'art. 337-ter c.c., in caso di separazione o divorzio, il figlio minore ha diritto ad un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore

In particolare, gli articoli 337-bis e seguenti del nostro codice civile regolano gli effetti e le conseguenze della separazione, del divorzio e dell'annullamento del matrimonio sulla responsabilità genitoriale, disponendo una disciplina omogenea applicabile in ognuno dei casi.

Infatti, a norma dell'art. 337-ter c.c., sia in caso di separazione che di divorzio, il figlio minore continua ad avere il diritto:

  • di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori;
  • di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi i genitori;
  • di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Ciascun genitore deve inoltre contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli.

In particolare, per quanto riguarda l'obbligo di mantenimento dei figli, esso dev'essere stabilito in misura proporzionale al reddito di ciascun genitore. A tal fine, il relativo assegno va determinato tenendo conto delle esigenze del figlio, delle risorse economiche dei genitori, nonché del tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.

 

5. Il procedimento di divorzio. Come funziona?

I coniugi che intendono divorziare hanno a disposizione le seguenti procedure.

Divorzio giudiziale

Lo scioglimento del vincolo matrimoniale può essere richiesto da uno dei coniugi, anche se l’altro coniuge non è d’accordo.
Il procedimento cd. contenzioso (a causa della mancanza di accordo tra i coniugi) si svolge innanzi al Presidente del Tribunale del luogo in cui il coniuge che viene chiamato in giudizio ha la propria residenza o il proprio domicilio. Nel caso in cui tale coniuge sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda di divorzio si presenta al Tribunale del luogo di residenza o di domicilio del coniuge richiedente.
Nel ricorso si deve aver cura di indicare l’esistenza dei figli di entrambi i coniugi.
Se il coniuge richiedente è residente all’estero, è competente qualunque Tribunale.
Ciascun coniuge deve essere assistito dal proprio difensore.
Come previsto dalla Legge sul Divorzio, alla prima udienza il Presidente del Tribunale tenta la conciliazione e accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non possa essere mantenuta o ricostituita.

Il Presidente emana quindi un’ordinanza con i provvedimenti temporanei e urgenti necessari per regolamentare gli aspetti patrimoniali e che interessano i figli nella pendenza del procedimento.

Il Presidente nomina poi un Giudice Istruttore e fissa la data della relativa udienza innanzi a quest’ultimo.

Il procedimento prosegue poi come un processo ordinario, con la fissazione di altre udienze.

Se il procedimento comporta una lunga fase istruttoria, vale a dire un lungo periodo di acquisizione delle prove (testimoni, perizie, ecc.), il Tribunale emana una sentenza provvisoria, che consenta intanto ai coniugi di riottenere lo stato libero.

 Divorzio a domanda congiunta

Lo scioglimento del vincolo matrimoniale può essere richiesto anche da entrambi i coniugi di comune accordo.

Al pari del divorzio contenzioso, anche in questo caso i coniugi devono stare in giudizio assistiti da un difensore, che tuttavia può essere unico per entrambi.


Il procedimento si svolge innanzi al Tribunale in camera di consiglio, ossia con una procedura molto più snella del divorzio contenzioso.


Il procedimento si esaurisce in una sola udienza innanzi al Tribunale in camera di consiglio: l’udienza è fissata dal Presidente del Tribunale dopo aver letto il ricorso.

All’udienza il Tribunale tenta la conciliazione e accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non possa più essere mantenuta o ricostituita; quindi il Tribunale verifica la sussistenza dei presupposti richiesti dalla Legge sul Divorzio ed emette la sentenza di scioglimento del vincolo matrimoniale (o di cessazione degli effetti civili, in caso di matrimonio concordatario).


L’iter del divorzio a domanda congiunta è quindi più veloce e più semplice dell’iter del divorzio giudiziale.

Inoltre il D.L. 132/2014, così come modificato dalla relativa legge di conversione (n. 162/2014), ha introdotto una importante novità per gli ex coniugi che intendono divorziare: essi hanno infatti la possibilità di divorziare tramite una procedura facoltativa alternativa a quella giudiziale: la convenzione di negoziazione assistita da avvocati. 

Con essa gli ex-coniugi possono cercare di trovare un accordo bonario, grazie all’assistenza di avvocati (ciascuna delle due parti deve essere assistita da un legale e i due avvocati non devono appartenere allo stesso Studio Legale per evitare conflitti d’interesse).

La negoziazione assistita inizia con l’invio di un invito a concludere la convenzione per il divorzio; la mancata risposta all’invito o il rifiuto sono elementi che potranno – in caso di successivo giudizio - essere tenuti in considerazione dal Giudice.

L’accordo fra gli ex coniugi deve essere raggiunto entro un termine prestabilito, comunque non inferiore a un mese dall’inizio della procedura di negoziazione assistita.

L’accordo è sottoscritto dagli avvocati che assistono le parti.

Nel sottoscrivere l’accordo, gli avvocati ne garantiscono la conformità alle norme imperative ed all’ordine pubblico, autenticando le sottoscrizioni apposte dagli ex coniugi.

Gli avvocati che assistono gli ex coniugi divorziati hanno poi l’obbligo di trasmettere la copia autenticata dell’accordo all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto.

Se non ci sono figli minorenni, incapaci o portatori di handicap gravi, occorrerà poi ottenere il nullaosta del Pubblico Ministero (ma non è previsto un termine entro il quale il nullaosta deve essere richiesto).

Se invece ci sono figli minorenni, incapaci o portatori di handicap gravi, l’accordo deve essere trasmesso entro e non oltre 10 giorni al Pubblico Ministero, il quale potrà rilasciare la necessaria autorizzazione oppure, entro 5 giorni, ritrasmettere lo stesso accordo al Presidente del Tribunale, affinché si ordini la comparizione degli ex coniugi.


Infine, in alternativa alla procedura di negoziazione assistita, solo qualora non vi siano patti di trasferimento patrimoniale (ossia trasferimenti di beni immobili, mobili o somme di denaro) e/o non vi siano figli in comune che siano minori o incapaci o portatori di handicap gravi o anche solo non autosufficienti dal punto di vista economico, il D.L. 132/2014 prevede anche la possibilità di divorziare innanzi al Sindaco quale Ufficiale di Stato Civile, senza necessità di assistenza legale da parte di un avvocato (che rimane facoltativa).

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