Covid-19 e proposta d’acquisto immobile. L’accordo è vincolante e la provvigione dovuta?

A febbraio è stata versata la caparra confirmatoria per l’acquisto di una casa dopo aver ricevuto la proposta di acquisto sottoscritta anche dal promittente venditore.

Il contratto preliminare doveva essere firmato entro marzo ed rogito entro la fine di luglio.

Causa Covid-19 tutto è stato sospeso, anche la richiesta di mutuo. Il lavoro è a rischio: quindi abbiamo comunicato di non poter più procedere con l’acquisto. Domande: l’agente immobiliare può chiedere la provvigione? La proposta è valida comunque, anche se il preliminare non è stato firmato entro marzo 2020?

Immobili (08/06/2020)
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Autore:
Avvocato Fabrizio Tronca
Eredità e Successioni, Immobili, Famiglia
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Risposta:

La proposta di acquisto sottoscritta sia dal promissario acquirente che dal promittente venditore è un patto ad effetti obbligatori.

La proposta firmata obbliga, infatti, le parti a concludere un successivo contratto - preliminare o direttamente di compravendita (rogito) – che recepisca le condizioni ed i termini previsti nella proposta d’acquisto.

In concreto la proposta d’acquisto è equiparata al contratto preliminare, come effetti giuridici e rende vincolante l’accordo delle parti.

Perché maturi il diritto alla provvigione dell’agenzia immobiliare, è sufficiente il mero accordo delle parti (in taluni casi, persino laddove successivamente il trasferimento non si concluda).

Su tali basi, il mediatore immobiliare può già pretendere la provvigione in questa fase.

Infatti, “(…) la conclusione dell'affare, quale fonte del diritto del mediatore alla provvigione, è il compimento dell'atto che dà all'intermediario il diritto di agire per l'adempimento o il risarcimento, sicché anche una proposta di acquisto integrante "preliminare di preliminare" può far nascere il diritto alla provvigione[1].

 

La proposta d’acquisto, può, invece considerarsi una mera bozza d’accordo, e quindi non meritevole di tutela giuridica e senza l’efficacia di un preliminare, solo quando i termini e le condizioni contenuti siano accennati e sommari e non ben dettagliati: non sembra il caso in esame.

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Quanto al termine fissato dalle parti per la sottoscrizione del preliminare entro la fine di marzo, se non sia stato espressamente indicato o inteso come termine essenziale, il superamento della data non costituisce un motivo di risoluzione del contratto, che rimane vincolante.

Fosse stata indicata esplicitamente la data di fine marzo come termine essenziale, le parti avrebbero esplicitato come una conclusione dell’affare oltre tale termine, avrebbe (per l’una o per l’altra) perso interesse e quindi il passare del termine avrebbe realizzato una risoluzione di diritto.

Così non pare da quanto si descrive: pertanto, il contratto dovrebbe considerarsi ancora vincolante.

Nella fattispecie che ha descritto, infatti, pare prevalga l’interesse a concludere l’affare rispetto all’obbligo/interesse di concluderlo entro una determinata ed esclusiva data.

Questo schema è spiegato dall’art. 1457 del Codice Civile: “Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l'esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all'altra parte entro tre giorni.

In mancanza, il contratto s'intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione”.

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Quanto alla concessione del mutuo ed ai dubbi circa la sostenibilità dell’impegno contrattuale, dovuti alle incertezze sull’occupazione lavorativa per l’emergenza Covid-19, deve precisarsi quanto segue.

Sarebbe da chiarire proprio sul mutuo, se la delibera dello stesso sia stata indicata come condizione sospensiva per la conclusione dell’affare.

Ove così fosse, la mancata concessione del mutuo, Vi svincolerebbe dall’affare.

La condizione sospensiva è, infatti, quel fatto/evento dalla verificazione del quale le parti fanno dipendere l’efficacia del contratto: l’avversarsi della condizione, spiega gli effetti del contratto; diversamente, se la condizione non si verifica, il contratto perde la sua efficacia.

In mancanza di espressa previsione contrattuale della condizione sospensiva e ove abbiate delle riserve sulla conclusione dell’affare per sopravvenute difficoltà economiche, suggeriamo di valutare l’ipotesi di invocare l’eccessiva onerosità sopravvenuta.

Si tratta di un istituto che presume che, a causa di un evento eccezionale ed imprevedibile (nel caso, l’emergenza Covid-19), la prestazione per una delle due parti diventi troppo onerosa o difficile da sostenere economicamente, rispetto a quanto prefigurato al momento dell’accordo originario.

Un esempio concreto è dato dal contraente che si sia impegnato alla compravendita di un immobile e, successivamente, abbia perduto l’occupazione lavorativa o sofferto una significativa riduzione del reddito.

In questo caso, il promittente venditore, se il promissario acquirente denunzi l’eccessiva onerosità, può formulare una controproposta ad un prezzo inferiore.

Ove non si trovi un nuovo accordo o il promissario acquirente trovi comunque insostenibile l’accordo, invocherà la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta e richiederà la restituzione della caparra confirmatoria.

 

avvocato Fabrizio Tronca

 

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[1] Cass. civ., Sez. III, 17/01/2017, n. 923

 

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