Divisione ereditaria fatta dai coeredi
Per “comunione ereditaria” si intende, generalmente, come l’acquisto da parte più soggetti del patrimonio ereditario: senza che sia possibile individuare immediatamente la concreta porzione attribuita a ciascuno di loro. Pertanto ad ogni coerede spetterà unicamente una quota astratta dell’eredità medesima.
Dunque la comunione ereditaria richiede, quale presupposto necessario e sufficiente, che vi sia una pluralità di eredi dello stesso de cuius (cioè il defunto)
Per i coeredi è possbile uscire dalla condizione di comunione ereditaria? Lo strumento utile a questa operazione è quello della divisione, affrontato qui più nel dettaglio.
Uno dei tipi di divisione ereditaria è quello contrattuale. Vediamo in questo articolo di che cosa si tratta e come funziona.
Indice:
- La divisione contrattuale effettuata dai coeredi. Che cos'è?
- Chi può chiedere la divisione?
- I casi di divisione parziale
- Divisione con minori e con soggetti incapaci: come funziona?
- La divisione transattiva e la transazione divisoria: che cosa sono?
- La divisione ereditaria in presenza di beni ipotecati
1. La divisione contrattuale effettuata dai coeredi. Che cos'è?
La divisione ereditaria effettuata dai coeredi è il contratto con cui si perviene allo scioglimento di una comunione attraverso l’assegnazione a ciascuno dei coeredi di una porzione del patrimonio oggetto dell’eredità. La porzione di patrimonio assegnata a ciascuno deve corrispondere alla quota ad essi spettante (in base a quanto disposto nel testamento e/o dalla legge).
Gli elementi caratterizzanti la divisione ereditaria sono i seguenti:
- sotto il profilo soggettivo: alla divisione devono necessariamente partecipare tutti i coeredi; la mancata partecipazione di uno di essi determina infatti la nullità del contratto di divisione.
- Sotto il profilo oggettivo: la divisione ereditaria ha carattere universale, cioè comprende tutti i beni facenti parte della comunione ereditaria sono coinvolti dalla divisione.
Con riferimento a tale ultimo punto si sottolinea però che è ammissibile un accordo tra tutti i coeredi volto a limitare la divisione solo ad alcuni dei beni ereditari (così detta divisione parziale), lasciando sopravvivere la comunione con riferimento agli altri beni.
Con riferimento all’oggetto della divisione ereditaria, i punti più controversi riguardano il regime applicabile ai debiti ed ai crediti ereditari.
2. Chi può chiedere la divisione?
L’art. 713 primo comma c.c. attribuisce a ciascun coerede il diritto di chiedere in qualsiasi momento la divisione, provocando così lo scioglimento della comunione ereditaria: si tratta di un diritto potestativo ed imprescrittibile.
In via eccezionale, tuttavia, il diritto di chiedere la divisione può essere sospeso per un determinato periodo di tempo, o per volontà dei condividenti o per volontà del testatore o per ordine del giudice (solo su domanda di uno dei partecipanti alla comunione).
3. I casi di divisione parziale
Divisione soggettivamente parziale: lo stralcio di quota
Si verifica lo stralcio di quota (anche detto stralcio divisionale) quando, con il consenso di tutti i comproprietari, si procede all’assegnazione in favore di uno (o più) dei coeredi di alcuni dei beni ereditari. Tale procedura di stralcio viene effettuata a tacitazione integrale dei diritti del coerede assegnatario.
In tal modo si determina lo scioglimento della comunione limitatamente al coerede assegnatario. Gli altri comproprietari rimangono invece in comunione sui beni residui, con conseguente accrescimento della loro rispettiva quota.
Lo stralcio di quota non è configurabile se i coeredi sono soltanto due, poiché in tal caso si ha necessariamente una divisione totale, che riguarda tutti i beni e tutti i coeredi.
Divisione oggettivamente parziale: l’acconto divisionale
La divisione può riguardare anche solo una parte dei beni in comunione in quanto i coeredi hanno la facoltà di disporre lo scioglimento della comunione con riguardo soltanto ad alcuni beni, mantenendo lo stato di comunione rispetto agli altri (ad esempio riservandosi per questi ultimi di procedere successivamente ad un’ulteriore divisione).
4. Divisione con minori e con soggetti incapaci: come funziona?
La divisione è un atto di straordinaria amministrazione. Pertanto, nel caso in cui uno dei coeredi sia un soggetto totalmente incapace (minore o interdetto) o parzialmente incapace (minore emancipato o inabilitato), per il compimento di tale atto troverà applicazione la disciplina in materia di rappresentanza o assistenza di tali soggetti e sarà necessaria la preventiva autorizzazione giudiziale.
L’autorizzazione alla divisione deve essere richiesta al Tribunale del luogo di apertura della successione (cioè del luogo dove è deceduto il defunto) in virtù del disposto del primo comma dell’art. 747 c.p.c. Ciò tutte le volte in cui il procedimento dell’acquisto iure hereditarionon si sia ancora esaurito (come quando sia pendente la procedura di accettazione con il beneficio di inventario).
5. La Divisione transattiva e la transazione divisoria: che cosa sono?
Lo scioglimento della comunione ereditaria può essere conseguito anche tramite strumenti negoziali diversi dal contratto di divisione (i c.d. atti equiparati alla divisione): si tratta di atti che, pur essendo diversi dalla divisione, hanno la medesima funzione divisoria, determinando lo scioglimento della comunione mediante l’assegnazione ai coeredi di porzioni di beni di valore proporzionale a quello delle rispettive quote ereditarie.
A tali atti si applica l’intera disciplina della divisione.
Nell’ambito degli atti “diversi dalla divisione” ma con funzione divisoria vi è la transazione.
A seconda delle circostanze si potrà avere:
- una divisione transattiva: si tratta di una divisione con la quale le parti superano, amichevolmente, i problemi concernenti le operazioni divisionali;
- oppure una transazione divisoria: si tratta di una transazione con la quale le parti compongono (o prevengono) una lite sorta sull’esistenza o sull’entità del diritto di chi pretende di partecipare alla divisione (ad esempio sul diritto a dividere o sull’ammontare delle quote), sciogliendo direttamente la comunione. In tale fattispecie il conseguimento dell’effetto divisorio deriva dalle reciproche concessioni, senza influire sul profilo causale.
6. La divisione ereditaria in presenza di beni ipotecati
Una questione particolarmente delicata in materia di divisione è quella relativa alla sorte dell’ipoteca iscritta sul bene (o sui beni) oggetto della comunione ereditaria.
L’art. 1113 terzo comma c.c. prevede espressamente che devono essere chiamati a intervenire nella divisione, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti trascritti anteriormente all’atto di divisione (o della domanda di divisione giudiziale).
I coeredi hanno dunque l’onere di chiamare i creditori ipotecari; in difetto di chiamata, la divisione non sarà opponibile a questi ultimi.
La chiamata dei creditori non richieda una forma solenne.
Il creditore ipotecario non chiamato a partecipare alla divisione (e non intervenuto) ha il diritto di ottenere che la divisione medesima sia dichiarata inefficace nei suoi confronti e di pretendere, ove danneggiato dalla ripartizione, che si proceda a nuova divisione.
Per quanto concerne, invece, la sorte dell’ipoteca iscritta sul bene in comunione ereditaria, a seguito della divisione, vanno distinte quattro diverse ipotesi:
1. Ipoteca iscritta contro uno dei comproprietari sulla quota astratta: in tale ipotesi, a seguito della divisione, si possono verificare situazioni diverse.
Se al coerede-debitore vengono assegnati beni di valore corrispondente alla quota astratta ipotecata, l’ipoteca sulla quota si concentra sui beni assegnati nella divisione al condividente-debitore.
Se al coerede-debitore vengono assegnati beni di valore inferiore alla quota astratta ipotecata, con conseguente attribuzione in suo favore di un conguaglio in denaro, l’ipoteca rimane ferma sui beni assegnati e si trasforma in pegno sul credito delle somme di denaro dovute dagli altri condividenti.
2. Ipoteca iscritta contro uno dei comproprietari su uno o più beni determinati. In tale ipotesi, qualora al coerede-debitore venga assegnato proprio il bene oggetto di iscrizione ipotecaria, l’ipoteca si considera come se fosse stata iscritta sin dall’inizio sul bene medesimo. Se invece al condividente-debitore viena assegnato un bene diverso da quello oggetto dell’originaria iscrizione ipotecaria, l’ipoteca si trasferisce su questo altro bene, nei limiti del valore del bene in precedenza ipotecato quale risulta dalla divisione, purché l’ipoteca sia nuovamente iscritta dal creditore entro 90 giorni dalla trascrizione della divisione.
3. Ipoteca iscritta sui beni in comunione contro il defunto degli attuali comproprietari. In tal caso il creditore ipotecario potrà soddisfarsi su tutti o su uno qualsiasi dei beni, anche a seguito della divisione.
4. Ipoteca iscritta contro tutti i comproprietari dopo il sorgere della comunione. In tale ipotesi, secondo la dottrina prevalente, si determinerebbero altrettante ipoteche distinte sui diritti di comproprietà dei singoli coeredi. E’ necessario tuttavia tener presente che se l’obbligazione garantita dall’ipoteca è solidale tra tutti i coeredi l’ipoteca continuerà a gravare sull’intero bene, se assegnato ad un solo condividente, o su ogni sua parte, se il bene è diviso materialmente.