Assegno di Divorzio: cosa è e come funziona. Guida breve
Anche quando non esiste più un legame affettivo e legale tra i coniugi, tra marito e moglie possono esistere ancora degli obblighi economici.
A determinate condizioni, che indicheremo di seguito, il coniuge economicamente forte può essere obbligato (o impegnarsi volontariamente), al pagamento di un contributo economico mensile a favore del coniuge economicamente più debole. Tale contributo economico prende il nome di assegno divorzile.
Per comprendere la funzione dell’assegno divorzile ed i suoi presupposti è opportuno rispondere ad alcune domande.
In particolare, nel seguito dell’articolo verrà chiarito: cos’è l’assegno di divorzio, quale coniuge ha diritto all’assegno divorzile, quali sono le condizioni ed i criteri che determinano il diritto all’assegno divorzile, quali le modalità di pagamento e quando il pagamento è escluso o termina.
Indice
- Cos’è l’assegno di divorzio
- Differenza tra assegno di mantenimento nella separazione e assegno divorzile
- Quando spetta l’assegno divorzile ed a chi?
- L’importo: i criteri di calcolo dell’assegno di divorzio
- La corresponsione dell’assegno divorzile una tantum
- Modifiche o revoca dell’assegno divorzile
- L’assegno di divorzio: cosa fare se l’ex coniuge non paga?
- I patti matrimoniali
1. Cos’è l’assegno di divorzio
L’assegno divorzile è il pagamento che uno dei due coniugi effettua a favore dell’altro coniuge - in via continuativa e periodica, oppure una tantum - di un contributo economico di natura primariamente assistenziale.
L’assegno divorzile può essere riconosciuto da un provvedimento del Tribunale, che decide con sentenza il procedimento di divorzio giudiziale, o stabilito da un accordo spontaneo tra i coniugi in sede di divorzio consensuale.
Per quanto riguarda la procedura giudiziale, la legge sul divorzio individua i criteri che il Tribunale deve valutare, per decidere sull’assegno divorzile.
Il Giudice in tale sede deve tenere conto:
- delle condizioni dei coniugi;
- delle ragioni che hanno portato al divorzio;
- del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno, o di quello comune;
- del reddito di entrambi.
Valutati insieme questi criteri, e tenuto conto della durata del matrimonio, il Tribunale “dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.”[1]
Nel prosieguo del presente articolo approfondiremo come tali criteri non siano gli unici da tenere in conto per la determinazione dell’assegno divorzile.
È inoltre possibile e frequente che, anche per evitare le lungaggini ed incertezze della causa giudiziale, il coniuge più facoltoso riconosca spontaneamente il diritto dell’altro coniuge a ricevere un contributo mensile e periodico, a titolo di mantenimento, e le parti si accordino sull’entità dell’assegno e sulle modalità di erogazione (divorzio consensuale).
2. Differenza tra assegno di mantenimento nella separazione e assegno divorzile
La mancata richiesta o assegnazione, in sede di separazione, dell’assegno di mantenimento al coniuge, non esclude che in sede di divorzio possa essere comunque richiesto l’assegno divorzile[2].
Esaminiamo brevemente le differenze tra i due distinti contributi economici.
Nel linguaggio comune si crea spesso confusione tra assegno di mantenimento ed assegno divorzile, riunendo erroneamente entrambi gli strumenti sotto la voce “mantenimento”.
Sono due strumenti diversi e non necessariamente dipendenti l’uno dall’altro.
L’assegno di mantenimento è dedicato esclusivamente alla separazione.
L’assegno divorzile, invece, si ritrova solo nel contesto del provvedimento che scioglie il vincolo coniugale: cioè il divorzio.
In regime di separazione, infatti, pur venendo meno alcuni obblighi della coppia (ad esempio, il dovere di coabitazione e quello di fedeltà), il matrimonio è ancora esistente. Ed esistente è anche la solidarietà matrimoniale, sulla quale si fonda la corresponsione dell’assegno di mantenimento.
Per tale ragione è possibile che al coniuge con un reddito più elevato o con possibilità economiche, finanziare e/o patrimoniali superiori all’altro coniuge, venga imposto un obbligo di pagamento, basato sul dovere di solidarietà ancora dipendente dall’esistenza del matrimonio e dei relativi doveri e sulla sola differenza dei redditi.
In altri termini, in sede di separazione – quando ancora il rapporto matrimoniale non è venuto meno – il coniuge economicamente più debole è tutelato con l’assegno di mantenimento, posto a carico del coniuge che gode di indipendenza economica.
Come sopra detto, invece, con il divorzio si estingue[3] il matrimonio e le ragioni di un eventuale riconoscimento dell’assegno divorzile sono distinte da quelle che giustificano l’assegno di mantenimento di separazione, non trovando spiegazione nella solidarietà matrimoniale.
La distinzione più incisiva tra i due strumenti si riscontra nel diverso criterio di calcolo utilizzato per l’assegno di mantenimento e quello utilizzato per l’assegno di divorzio.
Infatti, per l’assegno di mantenimento – che viene riconosciuto in seguito alla separazione personale dei coniugi (consensuale o giudiziale) – l’importo è calcolato in base al criterio del tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.
Tale criterio, invece, non è più utilizzato, per determinare l’ammontare dell’assegno divorzile, che, invece, risponde ai parametri qui di seguito specificati.
3. Quando spetta l’assegno divorzile ed a chi?
Come sopra accennato l’assegno divorzile è uno strumento che deriva solo dal divorzio dei coniugi, pronunciato con la sentenza di divorzio, che statuisce il diritto all’assegno divorzile e l’importo dello stesso.
È bene precisare, infatti, che il diritto all’assegno divorzile non sorge automaticamente (per il solo fatto del divorzio) e, allo stesso modo, l’importo non è stabilito in misura uguale per tutte le coppie divorziate, così come non è prestabilito a quale coniuge spetti.
Ogni matrimonio e, di riflesso, ogni divorzio, hanno una storia a sé.
Ogni rapporto matrimoniale, infatti, è caratterizzato da differenti equilibri economici, ricchezze, ruoli lavorativi della coppia, che incidono sulla formazione della ricchezza familiare, sulla formazione del patrimonio dei singoli coniugi, sul distinto contributo che ogni coniuge ha dedicato alla cura della famiglia.
È, quindi, necessario stabilire dei criteri che orientino la coppia (in caso di divorzio consensuale) o il Tribunale (in caso di divorzio giudiziale), nell’accertare il diritto all’assegno divorzile, l’importo, il coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno.
Fino a pochi anni fa, il criterio prevalentemente adottato dai Tribunali nella determinazione dell’importo dell’assegno divorzile era individuato nel “tenore di vita della coppia”.
Così, il Giudice, per stabilire l’importo dell’assegno, teneva in considerazione lo stile di vita adottato dalla coppia in costanza di matrimonio, valutando, ad esempio, il tipo di abitazione adibito a casa familiare, la natura e la frequenza delle vacanze, le relazioni sociali e lo status della coppia.
Pertanto, il coniuge con la capacità reddituale inferiore poteva ottenere dall’altro coniuge la corresponsione dell’assegno divorzile in misura sufficiente a garantirgli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.
Una recente e innovativa sentenza[4] ha completamente modificato questo schema.
Oggi, il “tenore di vita analogo” non è più elemento utilizzato dai Tribunali, per stabilire il diritto all’assegno divorzile e l’importo, ma sono stati individuati nuovi criteri.
L’assegno divorzile non ha più (solo) natura assistenziale, ma anche perequativa-compensativa. Cioè, in linea generale, ha la funzione anche di riequilibrare il rapporto economico tra i due coniugi in favore del coniuge economicamente più debole, a condizione che quest’ultimo abbia comunque attivamente contributo alla formazione del patrimonio familiare.
Così, ad esempio, il diritto all’assegno divorzile può essere riconosciuto in favore del coniuge che, rinunciando a svolgere un’attività lavorativa per potersi occupare della gestione domestica, della cura dei figli e della casa, non abbia maturato l’indipendenza economica.
4. L’importo: i criteri di calcolo dell’assegno di divorzio.
La sentenza sopra citata (Cass. civ., sez. un., sent. n. 18287/2018, vd. nota n. 4) ha definitivamente superato il criterio del tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio ed ha specificato i criteri da utilizzare per l’accertamento del diritto all’assegno divorzile, nonché dell’importo, che qui di seguito si sintetizzano:
- che il coniuge richiedente abbia mezzi economici inadeguati e si trovi nell’impossibilità oggettiva di procurarseli;
- che sussista uno squilibrio economico tra i due coniugi, (sotto il profilo dei redditi percepiti, del patrimonio immobiliare, dei risparmi accumulati);
- che lo squilibrio di redditi sia strettamente connesso e dipendente dai sacrifici che il coniuge meno abbiente abbia fatto, per essersi dedicato pressoché integralmente alla famiglia, avvantaggiando così la carriera (e, quindi, le ricchezze) dell’altro coniuge: “è il caso del coniuge che ha dedicato quasi integralmente la propria vita alla famiglia e alle esigenze dell’altro coniuge, permettendo a quest’ultimo di dedicarsi integralmente alla propria carriera[5].
- che vi sia l’assenza di capacità lavorativa, o di produrre reddito, del coniuge richiedente.
Il criterio per stabilire, prima delle altre considerazioni, se il coniuge richiedente abbia dei mezzi adeguati a sostentarsi dopo la fine del matrimonio si fonda sulla valutazione delle seguenti voci:
- titolarità di un reddito
- proprietà di immobili
- titolarità di beni mobili (liquidità, conti correnti)
- capacità lavorativa
- proprietà di una abitazione
L’assegno divorzile non ha quindi perso la sua natura anche assistenziale, ma il suo riconoscimento richiede - oggi- un esame più articolato e la valutazione di criteri ulteriori al tenore di vita analogo.
L’obiettivo attuale dell’assegno divorzile è, quindi, quello di far conseguire agli ex coniugi un “livellamento economico” tra i redditi, se la disparità economica è stata determinata dalle scelte di vita condivise dai coniugi, che abbiano sacrificato la capacità reddituale ed economica del coniuge richiedente.
Proprio in ragione della funzione equilibratrice (“perequativa-compensativa”), in alcuni casi la richiesta dell’assegno divorzile può essere respinta dal Tribunale.
Ad esempio, il coniuge economicamente più debole potrebbe aver già beneficiato delle ricchezze del coniuge più facoltoso se, in sede di separazione personale, i coniugi hanno stabilito di dividere una parte del patrimonio generato dal lavoro del coniuge “più ricco” (che, quindi gode di indipendenza economica).
O, ancora, al coniuge economicamente più debole potrebbe essere stato già trasferito (dal coniuge che gode di indipendenza economica) il diritto di usufrutto o il diritto di proprietà su in immobile appartenente a quest’ultimo.
In tal caso, infatti, il coniuge economicamente più debole avrà già equilibrato – nel corso del rapporto matrimoniale o in sede di separazione personale – quella differenza economica e patrimoniale, posta alla base del riconoscimento del diritto all’assegno divorzile e, verosimilmente.
5. La corresponsione dell’assegno divorzile una tantum
La corresponsione dell’assegno divorzile, più frequentemente, è disposta in misura periodica e continuativa (generalmente a cadenza mensile), in favore del coniuge che ne abbia diritto.
La modalità di erogazione dell’assegno, tuttavia, può essere differente, con rilevanti conseguenze sotto altri profili legali.
I coniugi in sede di divorzio possono, infatti, accordarsi nella corresponsione di una somma che soddisfi tutti i criteri sopra specificati (assistenziale, perequativo, compensativo) in una unica soluzione.
È il caso dell’assegno divorzile una tantum.
Di norma - con il pagamento in unica soluzione - il coniuge che lo riceve rinuncia a successive richieste di tenore assistenziale, così definendo, in un unico momento, i rapporti economici tra gli ex coniugi.
Scegliere di definire i rapporti economici tra i coniugi comporta tuttavia delle conseguenze significative su altri profili legali, quali:
- il diritto alla pensione di reversibilità per il coniuge beneficiario dell’assegno divorzile una tantum[6];
- il diritto a richiedere (se ne sussistano gli altri presupposti) l’assegno sociale;
- il diritto alla quota del 40% del T.F.R (trattamento di fine rapporto lavorativo) dell’altro coniuge, parametrata alla dura del matrimonio.
Il diritto alla pensione di reversibilità.
Se dopo il dopo il divorzio viene a mancare l’ex coniuge e questi percepiva un trattamento pensionistico, l’ex coniuge sopravvissuto ha diritto a richiedere la pensione di reversibilità, solo se percepiva l’assegno divorzile in forma continuata e periodica.
Al contrario, il diritto a percepire la pensione di reversibilità è escluso se l’ex coniuge superstite ha percepito l’assegno divorzile in una unica soluzione (ovvero, una tantum).
Il diritto all’assegno sociale.
L’assegno sociale è riconosciuto ai cittadini italiani (o residenti in Italia da almeno 10 anni) che abbiano compiuto 67 anni di età ed abbiano un reddito annuo individuale inferiore ad € 6.085,43.
L’INPS, con apposita comunicazione pubblicata sul sito istituzionale[7], ha precisato che l’ex coniuge superstite ha diritto a percepire l’assegno divorzile erogato all’ex coniuge deceduto solo se, fino a quel momento, ha percepito l’assegno divorzile in modo continuato e periodico.
Quindi, non sussiste il diritto a percepire l’assegno sociale corrisposto all’ex coniuge deceduto se la corresponsione dell’assegno divorzile è avvenuta in un'unica soluzione.
Al contrario, chi percepisca già un assegno divorzile, inferiore all’importo mensile dell’assegno sociale (circa € 468,00/mese), può richiedere la corresponsione dell’assegno sociale limitatamente alla maggiore differenza tra l’importo dell’assegno divorzile e l’importo dell’assegno sociale.
Ad esempio, il coniuge che percepisca € 200.00 al mese di assegno divorzile, potrà richiedere l’assegno sociale per € 260.00/mese circa.
Il diritto al trattamento di fine rapporto.
Come abbiamo visto sin qui per l’assegno sociale e la pensione di reversibilità, anche nel caso del trattamento di fine rapporto spettante all’ex coniuge, la corresponsione dell’assegno divorzile una tantum esclude il diritto a percepire una quota sul T.F.R. dell’ex coniuge.
È, quindi, molto importante ponderare bene la modalità di pagamento dell’assegno divorzile, valutandone le conseguenze, per evitare di vedersi penalizzati rispetto ad altri, possibili e distinti, benefici.
6. Modifiche o revoca dell’assegno divorzile
Non perda del tutto le speranze, il coniuge tenuto al pagamento dell’assegno divorzile.
L’assegno divorzile non è necessariamente senza limiti di tempo.
Possono verificarsi determinate condizioni, in forza delle quali l’obbligo di versare l’assegno viene meno, o che comportino una riduzione dell’importo originariamente determinato.
Vediamo quali.
L’ex coniuge si forma una nuova famiglia[8].
Se l’ex coniuge che ha avuto diritto alla corresponsione dell’assegno divorzile contrae nuove nozze, può perdere il diritto all’assegno di divorzio.
Allo stesso modo, se l’ex coniuge instaura una convivenza more uxorio (quindi, una convivenza stabile e continuativa, tal da fare pensare di aver creato un nuovo nucleo familiare) può perdere il diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio.
Infatti, quando l’ex coniuge forma una nuova famiglia (con un nuovo matrimonio o con una convivenza stabile), di fatto, interrompe ogni connessione con il precedente tenore di vita (che aveva caratterizzato il pregresso rapporto matrimoniale).
In altri termini, viene meno il presupposto per il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile, poiché l’ex coniuge ha instaurato un nuovo modello di vita con il nuovo partner (coniuge o convivente), con il quale sorgono nuovi rapporti di solidarietà e assistenza reciproca, che fanno venir meno ogni presupposto per la corresponsione dell’assegno divorzile a carico dell’ex coniuge.
Il cambiamento della situazione economica.
Il diritto all’assegno divorzile può venire meno anche se muta la condizione economica dell’ex coniuge beneficiario, o dell’ex coniuge obbligato alla corresponsione.
Così, è possibile che venga meno il diritto all’assegno divorzile se l’ex coniuge beneficiario raggiunga l’indipendenza economica.
Ad esempio, non è più dovuto l’assegno divorzile ad un ex coniuge che abbia intrapreso una nuova occupazione lavorativa con un reddito elevato, o che abbia conseguito la stabilità di una posizione lavorativa già acquisita, con miglioramento del reddito percepito.
Inoltre, è possibile che l’assegno divorzile continui ad essere dovuto, ma con un importo minore.
Ad esempio, l’ex coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno potrebbe ottenere una riduzione dell’importo dovuto in relazione alla capacità reddituale dell’ex coniuge beneficiario.
In altri termini, nella determinazione dell’importo il Tribunale deve tenere conto delle capacità lavorative del coniuge richiedente e, quindi, della possibilità per quest’ultimo di intraprendere proficuamente un lavoro che migliori la sua capacità reddituale.
In tali casi, comunque, la valutazione è particolarmente complessa e si estende alla valutazione delle attuali condizioni del mercato del lavoro, l’età ed il sesso del coniuge beneficiario, la storia personale e lavorativa, il livello di istruzione e di formazione[9].
Il diritto all’assegno divorzile può essere escluso, o può esserne ridotto l’importo nel caso in cui la situazione reddituale/patrimoniale del coniuge pagante subisca un significativo decremento.
In tali ipotesi l’ex coniuge pagante potrà ricorrere al Tribunale, per richiedere la revoca dell’assegno divorzile oppure per richiederne la riduzione.
È bene precisare che se il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile non ha effetti definitivi (potendo essere revocato o, comunque, ridotto), al contrario, la revoca del diritto all’assegno divorzile ha un effetto definitivo.
Se per i motivi sopra elencati all’ex coniuge beneficiario viene revocato l’assegno (ad esempio, per aver contratto nuove nozze) le successive vicende della sua vita non possono determinare una “reviviscenza” dell’assegno revocato. Quindi, per tornare all’esempio, se successivamente alle nuove nozze si separa o divorzia nuovamente, l’obbligo all’assegno divorzile non si riattiva automaticamente.
Infine, l’assegno divorzile non riconosciuto con la sentenza di divorzio può essere riconosciuto successivamente.
Ad esempio, se entrambi i coniugi hanno mezzi adeguati al mantenimento di un tenore di vita dignitoso viene meno la funzione assistenziale dell’assegno divorzile e, quindi, questo potrebbe non essere richiesto, o la richiesta eventualmente formulata potrebbe essere respinta dal Tribunale.
Può accadere, tuttavia, che dopo la sentenza che pronuncia il divorzio (escludendo il diritto all’assegno divorzile) si verifichi una modifica della capacità reddituale dell’ex coniuge (ad esempio, una malattia che impedisca di svolgere attività lavorativa per un lungo periodo, o che riduca sensibilmente la capacità di lavoro dell’ex coniuge).
In tali casi, l’ex coniuge potrebbe trovarsi in stato di bisogno e, quindi, sprovvisto di mezzi adeguati ad un tenore di vita dignitoso.
Il coniuge in stato di bisogno può rivolgersi al Tribunale chiedendo un provvedimento con il quale si disponga il diritto all’assegno divorzile.
Il Tribunale, per valutare la sussistenza del diritto all’assegno e l’importo, deve sempre fare riferimento alle tre funzioni dell’assegno divorzile (assistenziale, perequativa-compensativa), valutando, quindi, il ruolo e il contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex-coniugi.
Tuttavia, in tali casi, occorre riconoscere maggior peso alla funzione assistenziale dell’assegno divorzile[10].
Il Tribunale, quindi, per riconoscere il diritto all’assegno divorzile, dopo la pronuncia della sentenza di divorzio, deve valutare l’effettivo stato di bisogno dell’ex coniuge richiedente e, in particolare:
1) l’effettiva e concreta non autosufficienza dell’ex coniuge istante;
2) il fatto che alla nuova situazione del richiedente non possano fornire ausilio strumenti alternativi di tutela;
3) la possibilità per l’altro ex coniuge di sostenere economicamente l’esborso dell’assegno e il fatto che abbia ricevuto in passato apporti significativi da parte del richiedente.
7. L’assegno di divorzio: cosa fare se l’ex coniuge non paga?
Con succede se l’ex coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno divorzile non vi provvede spontaneamente?
Quali tutele ha il coniuge economicamente più debole?
È bene precisare che le sentenze di divorzio costituiscono titoli esecutivi.
In altri termini, il provvedimento con il quale il Tribunale pronuncia il divorzio e stabilisce il diritto all’assegno divorzile, l’importo e il coniuge obbligato alla corresponsione (la sentenza di divorzio, appunto) consente al coniuge beneficiario dell’assegno di ottenerne il pagamento, anche contro la volontà del coniuge obbligato.
Ad esempio, se il coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno è un lavoratore dipendente, è possibile ottenere il pignoramento del suo diritto di credito vantato nei confronti del datore di lavoro.
In altri termini, con la sentenza di divorzio è possibile instaurare una procedura esecutiva (ovvero, una procedura finalizzata ad ottenere il pagamento dell’assegno di divorzio coattivamente) ad esito della quale il Tribunale autorizza il datore di lavoro a corrispondere l’importo dell’assegno divorzile direttamente al coniuge beneficiario dell’assegno, sottraendolo dallo stipendio pagato al coniuge obbligato.
8. I patti matrimoniali
È opinione abbastanza diffusa che i coniugi, già in sede di separazione e, comunque, prima del procedimento di divorzio, possano accordarsi ed impegnarsi con un certo anticipo anche sulle condizioni dell’assegno divorzile.
Questa convinzione è errata.
I nostri Tribunali considerano tutt’ora illeciti e quindi non efficaci questo tipo di accordi.
Le condizioni di divorzio, e quindi lo stesso assegno divorzile, possono essere determinate solo contestualmente alla procedura di divorzio stessa e mai prima.
Infatti, fintanto che non sia pronunciato il divorzio sono in vigore i diritti matrimoniali, di natura indisponibili (quindi non derogabili dai coniugi).
In concreto, i diritti derivanti dal matrimonio non possono essere oggetto di totale rinuncia da parte dell’uno o dell’altro coniuge.
Questo schema è ben sintetizzato dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, secondo la quale “Gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio, sono invalidi per illiceità? della causa, perché? stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità? dei diritti in materia matrimoniale”[11]
È possibile che in un breve-medio termine gli accordi “in vista” del divorzio possano avere un riconoscimento, così come i c.d. patti prematrimoniali (pure illeciti, ad oggi).
Tuttavia, nel contesto attuale, i coniugi che intendano divorziare devono ancora tenere presente che se vogliono regolamentare l’assegno divorzile, dovranno aspettare il divorzio.
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Aggiornamento dell'articolo a cura dell'avvocato Serena Mineo
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Bibliografia e note
[1] Art.5 L. 898/1970. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
[2] Cassazione civile sez. I, 29/01/2019, n.2480 - La mancata richiesta di assegno di mantenimento in sede di separazione non preclude di certo il suo riconoscimento in sede divorzile, ma può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi alle condizioni economiche dei coniugi.
[3] Civ. Sez. I, n. 11504/2017 (Sentenza “Grilli”) - Il parametro del "tenore di vita" - se applicato anche nella fase dell'an debeatur - collide radicalmente con la natura stessa dell'istituto del divorzio e con i suoi effetti giuridici: infatti, con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale - a differenza di quanto accade con la separazione personale, che lascia in vigore, seppure in forma attenuata, gli obblighi coniugali di cui all'art. 143 cod. civ. -, sicchè ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo sia pure limitatamente alla dimensione economica del "tenore di vita matrimoniale" ivi condotto - in una indebita prospettiva, di "ultrattività" del vincolo matrimoniale.
[4] Cass. civ., sez. un., sent. n. 18287/2018 - Ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto.
[5] Nota alla sentenza Sezioni Unite, Cass., Civ. n. 18287/2018. dell’Avv. Carlo Rimini - All'assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa. Ai fini del riconoscimento dell'assegno si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto. Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo. Il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale.
[6] Cass. civ. Sez. Unite, Sent., n. 22434/2018 - Ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell'assegno di cui all'art. 5 della l. n. 898 del 1970, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno periodico divorzile al momento della morte dell'ex coniuge e non già come titolarità astratta del diritto all'assegno divorzile già definitivamente soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione. In quest'ultimo caso, infatti, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità, che è dato dal medesimo presupposto solidaristico dell'assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell'ex coniuge, mentre nel caso in cui sia stato corrisposto l'assegno "una tantum" non esiste una situazione di contribuzione economica che viene a mancare.
[7] https://www.inps.it/prestazioni-servizi/pensione-ai-superstiti-indiretta-e-di-reversibilita.
[8] Cassazione civile sez. VI, Sent. n.406/2019 - L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto resta definitivamente escluso.
[9] Cassazione civile sez. I, 13/02/2020, n.3661 - Secondo il principio di autodeterminazione e responsabilità, nella determinazione dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge rilevano la capacità dello stesso di procurarsi mezzi propri di sostentamento e le sue potenzialità professionali e reddituali, che egli stesso è chiamato a valorizzare attraverso una condotta attiva e non passiva limitata ad attendere nuove opportunità lavorative.
Cassazione civile sez. I, 20/03/2014, n.6562 - Posto che l’assegno divorzile compete al coniuge che non disponga di mezzi adeguati per conservare il tenore di vita goduto in costanza della convivenza matrimoniale e non possa procurarseli per ragioni obiettive, l’accertamento della capacità lavorativa del richiedente, pur attualmente privo di redditi, va condotto non ipoteticamente ed in astratto, ma in termini effettivi e concreti (nella specie, la sentenza di merito, con motivazione ritenuta congrua dalla Suprema corte, ha rilevato che la richiedente, senza redditi propri, ormai cinquantenne, senza una specifica professionalità, non aveva una reale capacità lavorativa, con conseguente obiettiva difficoltà di reperimento di un lavoro, tenuto anche conto della grave crisi economica; nondimeno, la suddetta sentenza è stata cassata, limitatamente alla quantificazione dell’assegno divorzile, perché non congruamente motivata).
[10] Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 24/02/2021, n. 5055 - L'assegno divorzile ove richiesto per la prima volta nel giudizio di revisione, ai sensi dell'art. 9 della l. n. 898 del 1970, deve essere attribuito e quantificato applicando i parametri di cui all'art. 5, comma 6, prima parte, della stessa legge, da valutare secondo il composito criterio, assistenziale, compensativo e perequativo, con eventuale prevalenza di una delle tre componenti rispetto alle altre. In particolare, la funzione assistenziale può assumere rilevanza preponderante a condizione che il sopravvenuto ed incolpevole peggioramento della situazione economica di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l'assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico e che l'ex coniuge con maggiori disponibilità economiche abbia in passato goduto di apporti significativi da parte di quello successivamente impoveritosi. (Nella specie La S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva riconosciuto all'ex coniuge un assegno divorzile, richiesto per la prima volta quindici anni dopo la pronuncia del divorzio, allegando il grave peggioramento delle sue condizioni economiche). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 31/08/2016)
[11] Cass. civ. 30 gennaio 2017, n. 2224; Cass. civ. 25 gennaio 2012, n. 1084; Cass. 28.1.2008, n. 1758; Cass. 5 marzo 2006, n. 5302; Cass. 11 giugno 1981, n. 3777 e Cass. civ. n. 2224/2017 “Gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico - patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall'art. 160 c.c. Pertanto, di tali accordi non può tenersi conto non solo quando limitino o addirittura escludano il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto è necessario per soddisfare le esigenze della vita, ma anche quando soddisfino pienamente dette esigenze, per il rilievo che una preventiva pattuizione - specie se allettante e condizionata alla non opposizione al divorzio - potrebbe determinare il consenso alla dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio. La disposizione dell'articolo 5, ottavo comma, della legge n. 898/70 nel testo di cui alla legge n. 74/1987 - a norma del quale, su accordo delle parti, la corresponsione dell’assegno divorzile può avvenire in un'unica soluzione, ove ritenuta equa dal tribunale, senza che si possa, in tal caso, proporre alcuna successiva domanda a contenuto economico - , non è applicabile al di fuori del giudizio di divorzio, e gli accordi di separazione , dovendo essere interpretati "secundum ius", non possono implicare rinuncia all’assegno di divorzio.”