Sono depresso sul lavoro. Possibile la pensione anticipata?
Sono un insegnante statale di scuola superiore, classe 56. Dovrei andare in pensione con l’età anagrafica, ma non riesco più a sopportarne psicologicamente il clima è l’aria che vi si respira. Forse sono sull’orlo di una crisi depressiva. Vorrei sapere tra le alternative possibili cosa mi è più favorevole. Aspettativa magari versando i contributi fino alla pensione; dimissioni volontarie, magari cercando di anticipare il tfr, per poi aspettare la pensione. Vi sarò grato di una celere risposta anche in prospettiva di una consulenza a pagamento. Distinti saluti
La depressione è stata recentemente inserita tra le cause per poter richiedere di usufruire della Legge 104.
Pertanto, il lavoratore che soffre di tale disturbo, può anche chiedere la pensione anticipata o l’assegno di invalidità.
A seconda del disturbo psichico riscontrato, al richiedente potrà essere riconosciuto, infatti, un determinato grado di invalidità civile e, quindi, di inabilità al lavoro.
Affinché la depressione possa dar diritto alle prestazioni e agevolazioni previste dalla legge, è comunque necessario che la riduzione della capacità lavorativa che ne deriva venga accertata da una commissione medica, al termine dell'iter di riconoscimento dell'invalidità civile.
Lo stress da lavoro, invece, non è di per sé una patologia, e non è riconosciuta nelle tabelle d’invalidità dell’INPS.
Tuttavia, se i disturbi del lavoratore stressato sfociano in vere e proprie patologie, quali la depressione, spetta il riconoscimento di una determinata percentuale di invalidità.
Il disagio personale del dipendente può esprimersi anche nel solo contesto lavorativo e occorre valutare se si tratta di un semplice malessere personale o di una sindrome depressiva attraverso una accurata valutazione da parte del medico.
Nel caso in cui il lavoratore soffra per un grave disagio personale, può comunque assentarsi, richiedendo un’aspettativa non retribuita, o congedo non retribuito per gravi motivi.
Al momento, le sintetiche informazioni a disposizione non permettono, con assoluta certezza, di stabilire quale sia la scelta migliore in questo caso; sarebbe opportuno verificare nello specifico se le Sue condizioni di salute siano o meno indicatori della patologia invalidante della depressione o costituiscano soltanto l’espressione di uno stress da lavoro.
In ogni caso, fornisco di seguito un utile approfondimento per orientare le Sue scelte.
L’aspettativa può avere una durata massima di 2 anni e può essere frazionata.
Durante tale periodo il dipendente non può svolgere alcuna attività lavorativa e non ha diritto alla retribuzione ordinaria né a quella differita (Tfr, mensilità aggiuntive), non matura anzianità di servizio né contribuzione. Tuttavia l’interessato può chiedere di riscattare il congedo non retribuito ai fini previdenziali.
La possibilità di richiedere un anticipo sull’età di pensionamento, invece, è vincolata al grado di invalidità che la malattia causa, minimo contributivo accumulato, ed età del lavoratore, con la precisazione che al fine di ottenere l’assegno ordinario di invalidità per depressione, il lavoratore deve dimostrare di essere affetto da una grave malattia con conseguente collasso psichico rilevante.
Le alternative per accedere con anticipo alla pensione per chi è affetto da depressione sono anche:
- pensione di vecchiaia anticipata: con invalidità pensionabile pari almeno all’80% certificato dall’Inps e requisiti di età (61 anni uomini, 56 anni donne con finestra di 12 mesi) e contributivi previsti (Lgs. 30 dicembre 1992 n. 503);
- pensione di inabilità per depressione: presuppone una invalidità del 100% e specifici requisiti contributivi;
- assegno di accompagnamento: con invalidità del 100% e riconosciuto stato di non autosufficienza.
Questo è quanto previsto, per accedere al pensionamento anticipato in caso di malattia depressiva.