Videosorveglianza sul posto di lavoro. Legittima? Per quanto tempo possono conservare le immagini?
Il controllo a distanza dei dipendenti da parte del datore di lavoro è un tema molto attuale e altrettanto delicato, soprattutto alla luce dell’impiego delle moderne tecnologie.
Questa tematica tocca sia profili di privacy, sia regole e principi dettati dallo Statuto del lavoratori.
In generale il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori è vietato. L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, tuttavia, consente l’impiego degli “impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” esclusivamente in presenza di tre specifiche finalità (per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale), ma sempre previo accordo con i sindacati o, in mancanza, con l’Ispettorato del lavoro.
Dunque, l’utilizzo di telecamere non può avere lo scopo di controlla l’attività dei lavoratori: in altri termini, il datore di lavoro non può utilizzare la videosorveglianza per verificare se i dipendenti lavorano o meno.
La normativa prevede che le informazioni raccolte “sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli” e nel rispetto delle normative in tema di privacy.
In particolare, il datore, nella propria qualità di titolare del trattamento, dovrà trattare i dati raccolti “rispettando i principi di necessità, correttezza, liceità e trasparenza, tutela della riservatezza e dei diritti dei dipendenti, di limitazione della finalità di trattamento e della conservazione, di minimizzazione dei dati, di esattezza e qualità dei dati, di integrità e sicurezza dei dati”. Viene ribadito, quindi, il divieto di controlli occulti: il lavoratore deve essere sempre previamente informato del controllo tecnologico.
In riferimento, invece, alla conservazione dei dati, la norma non specifica per quanto tempo è consentita la conservazione delle immagini di videosorveglianza sul lavoro. Sul punto devono essere prese in considerazione i principi stabiliti a tutela della privacy: quello di minimizzazione dei dati e di limitazione della conservazione.
Il Garante della privacy, fornisce alcune indicazioni su questo tema e, in particolare, chiarisce che i dati personali raccolti mediante sistemi di videosorveglianza dovrebbero essere cancellati dopo pochi giorni, preferibilmente tramite meccanismi automatici. Per prolungare legittimamente il periodo di conservazione previsto (soprattutto se oltre le 72 ore), dovrà essere fornita un’adeguata giustificazione circa la necessità della conservazione. In alcuni casi potrebbe essere necessario prolungare i tempi di conservazione delle immagini, come, ad esempio, e seguito di una richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria.
Alla luce di questi principi, in assenza di situazioni straordinarie, e considerato che il rapporto lavorativo si è concluso di comune accordo, le immagini relative alla videosorveglianza -nel periodo in cui prestava ancora attività lavorativa per il suo ex datore di lavoro- non dovrebbero essere più conservate da quest’ultimo.