Il datore di lavoro chiede ai dipendenti di dichiarare se sono asintomatici. È lecito?
Occorre premettere che è attualmente in vigore il protocollo anti-COVID che le aziende sono tenute ad applicare in tutte le realtà lavorative.
Il protocollo, tra le altre disposizioni, prevede che il personale, prima di entrare nella sede di lavoro, potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea e se questa risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso.
Inoltre il personale, e chiunque intenda fare ingresso in azienda, non può accedere se negli ultimi 14 giorni ha avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell'OMS. L’ingresso in azienda di lavoratori già risultati positivi all’infezione da COVID 19 dovrà essere preceduto da una preventiva comunicazione avente ad oggetto la certificazione medica da cui risulti la “avvenuta negativizzazione” del tampone secondo le modalità previste e rilasciata dal Dipartimento di prevenzione territoriale di competenza.
Alla luce delle richiamate disposizioni, pertanto, appare evidente che non sono richieste forme di autocertificazione da parte del lavoratore ma unicamente un controllo diretto da parte del datore di lavoro, quantomeno sulla temperatura corporea e sulla circostanza di essere stati a contatto con positivi o in luoghi a rischio nei 14 giorni precedenti.
E' anche vero che la richiesta di una dichiarazione da parte del lavoratore potrebbe rappresentare una sorta di prevenzione e di monitoraggio delle condizioni di ogni singolo lavoratore che si reca in azienda, al fine di evitare il rischio di contagi.
Ovviamente il lavoratore non può essere tenuto a dichiarare di essere "asintomatico", in quanto senza un tampone che attesti la positività senza sintomi non può saperlo.