Il datore di lavoro mi obbliga a fruire delle ferie durante l’emergenza Covid19. Quali rimedi?
Il Dpcm 22.3.20 obbliga la chiusura delle aziende. Se mi obbligano a utilizzare le ferie, posso fare causa e chiedere indennità sostitutiva di preavviso e pagamento di tutte le ferie e permessi accumulati come dice la Sentenza 985/2017?
Ai sensi dell'art. 2109, ultimo comma, del Codice Civile "non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell'art. 2118".
In sostanza, la fruizione delle ferie arretrate durante il periodo di preavviso comporta l'interruzione del preavviso stesso, che riprenderà a decorrere dal termine del periodo di ferie.
La sentenza che ha citato (n. 985/2017) ha trattato il rapporto che sussiste tra la decisione unilaterale del datore di lavoro di imporre la fruizione delle ferie residue durante il preavviso e il conseguente il recesso per giusta causa del lavoratore, con contestuale richiesta dell'indennità di preavviso e di tutte le altre competenze retributive e contributive dovute.
Ebbene a nostro avviso i principi espressi dalla Suprema Corte nella sentenza potrebbero, ipoteticamente, essere posti alla base di un eventuale contenzioso nel caso in cui l'azienda dovesse decidere di farLe fruire le ferie residue "forzatamente", ma è opportuno valutare la sentenza alla luce dell'attuale situazione di emergenza dovuta al Covid19 o coronavirus.
Nella citata sentenza, infatti, il datore di lavoro ha volontariamente imposto le ferie al dipendente durante il periodo di preavviso, ponendo in essere una volontaria violazione dell'art. 2109 c.c.
Nel Suo caso, invece, l'ipotetica decisione dell'azienda non sarebbe volontaria, semmai sarebbe una decisione imposta dalla situazione di emergenza Covid19 e, sopratutto, da una espressa raccomandazione contenuta nei decreti legge che si sono evoluti dall'8 marzo 2020 in poi, nei quali viene raccomandato ai datori di lavoro di operare, in sequenza, come segue: lavoro agile, smaltimento delle ferie residue e dei permessi, congedi ordinari, sopensione non retribuita e, infine, ammortizzatori sociali (cassa integrazione, anche in deroga).
In sostanza, a differenza del caso esaminato dalla Cassazione del 2017, la decisione del datore di lavoro sarebbe una decisione supportata da una disposizione di legge e non frutto di autonoma e unilaterale decisione in violazione dell'art. 2109 c.c.
Di conseguenza, si dovrebbe valutare attentamente l'opportunità di recedere per giusta causa.
Avvocato Egidio Rossi