Immobile in comunione ma goduto da un solo comproprietario
La situazione da Lei descritta è una comunione ereditaria: Lei e Sua sorella siete infatti eredi comproprietari di una casa.
Nella comunione, ogni comproprietario ha facoltà di godimento della cosa comune nella sua interezza, purché non ne alteri la destinazione d’uso e non impedisca agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il proprio diritto: Sua sorella aveva dunque diritto di godere dell'intero immobile anche se era proprietaria sol di 1/6.
Per rispondere al Suo quesito e capire se Lei abbia diritto ad un indennizzo per il mancato godimento dell’immobile, che è sempre stato abitato soltanto da Sua sorella, riteniamo opportuno segnalare quanto segue.
Il proprietario che usa in modo esclusivo il bene dovrebbe versare (all'altro comproprietario) una sorta di indennità per il mancato godimento del bene (ovviamente nei limiti del valore della quota). La questione è stata affrontata dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20394 del 5 settembre 2013, ove si è affermato che "il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti, frutti che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, possono – solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione – essere individuati nei canoni di locazione percepibili per l’immobile“.
In altri termini, se un piccolo appartamento è in comproprietà tra quattro fratelli e solo uno di questi usa il bene, e se l'appartamento potrebbe essere affittato a terzi ad un canone di 800 euro, il comproprietario che usa il bene dovrebbe versare agli altri comproprietari l'indennità per il mancato godimento dell'immobile, tale somma sarebbe determinata sottraendo dalla a somma di euro 600 (800-200=600), in questo modo si eviterebbero le sperequazioni (e/o ingiusti danni e ingiusti vantaggi) tra colui che usa il bene e colui che non usa il bene (ma deve sopportare comunque i costi di gestione).
In tali situazioni, solitamente, la questione della "quantificazione" del godimento esclusivo sorge al momento della divisione del bene comune, poiché i soggetti che non hanno goduto del bene (Lei, nel caso di spcie), anche se ottengono il valore della loro quota, non avrebbero nessun "contro" valore per non aver goduto della loro quota di immobile, mentre colui che ha goduto della sua quota e della quota degli altri (Sua sorella nel caso di specie) sarebbe avvantaggiato.
A tal proposito specifichiamo che la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14652 del 27 agosto 2012 ha statuito che la questione relativa alla quantificazione del mancato godimento dell'immobile deve essere espressamente posta al momento della divisione.
Infine, con riferimento al rimborso delle spese sostenute da Sua sorella per la ristrutturazione dell'immobile, precisiamo che nella comunione, a norma dell'art. 1104 cod. civ., ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune; inoltre l'art. 1110 cod. civ. dispone che il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso.
Le spese per la conservazione sono quelle necessarie per custodire e mantenere la cosa comune in modo che duri a lungo.
Le spese per il godimento, invece, riguardano l'uso effettuato nell'esercizio del diritto, ossia per ricavare dalla cosa le utilità che la stessa può offrire.
Pertanto la diversità della funzione e del fondamento si riflette sui soggetti, cui i contributi vanno imputati, perché alla conservazione sono oggettivamente interessati tutti i comproprietari; al godimento sono invece soggettivamente interessati soltanto coloro i quali si trovino, in concreto, ad esercitarlo.
Alla luce di quanto sopraesposto, precisiamo che le spese per la conservazione, dovute in ragione della appartenenza, si ascrivono e si ripartiscono tra i comproprietari in proporzione delle rispettive quote di proprietà e, dunque, nel Suo caso al 50% tra Lei e Sua sorella.
Le spese per il godimento, invece, si imputano e si suddividono in proporzione all'uso ed alla misura di esso.
Avvocato Marta Calderoni