Sfratto per morosità: che cos'è e come funziona?

Nell’ambito delle locazioni ad uso abitativo può accadere che la prosecuzione del rapporto di locazione sia turbata ed interrotta da alcuni eventi. Tra questi, vi è certamente l’inadempimento del conduttore per il mancato pagamento dei canoni di locazione e/o delle spese accessorie (ad esempio, gli oneri condominiali).

In tal caso, il locatore (preferibilmente con l’assistenza del proprio legale di fiducia) invia al conduttore una lettera raccomandata di diffida e messa in mora, con cui richiede all’inquilino il pagamento dei canoni e degli oneri accessori scaduti, solitamente nel termine di 15 giorni, avvertendo che, in mancanza di pagamento, si rivolgerà alle opportune sedi giudiziarie per ottenere tutela.

Se tale fase stragiudiziale non si conclude positivamente con il pagamento dei canoni scaduti, il proprietario dell’immobile locato può rivolgersi al Tribunale per ottenere un provvedimento di sfratto per morosità.

Entriamo ora nel dettaglio della fase giudiziale, esaminandola anche alla luce della recente normativa emanata dal Governo per fronteggiare l’epidemia da Covid-19.

 

Indice:

1. Il procedimento di convalida di sfratto per morosità: i presupposti.

2. Il procedimento: il punto di vista del locatore.

3. Il procedimento: il punto di vista del conduttore e il termine di grazia.

4. Il termine di grazia: tutela processuale solo per le locazioni ad uso abitativo.

5. La conclusione del procedimento: il rilascio dell’immobile e l’ingiunzione di pagamento.

6. Il rilascio dell’immobile: cosa cambia all’epoca del Covid-19.

 

1. Il procedimento di convalida di sfratto per morosità: i presupposti

Il procedimento per la convalida dello sfratto per morosità è disciplinato dagli artt. 658 e ss. del nostro codice di procedura civile e, trattandosi di locazioni ad uso abitativo, dalla legge  392/1978 (denominata legge equo canone) e dalla l. 431/1998. Dette norme consentono al locatore di intimare lo sfratto dell’inquilino, se questi risulta moroso con il pagamento del canone di locazione e/o delle spese accessorie, quali ad esempio le spese condominiali, richiedendo altresì il pagamento dei canoni scaduti.

Nel caso dei procedimenti di convalida di sfratto per morosità, il presupposto per intraprendere tale procedura è l’inadempimento del conduttore, che la legge[1] definisce come mancato pagamento del canone mensile di locazione, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, oppure il mancato pagamento degli oneri accessori (quale, ad esempio, le spese condominiali) se tale importo è superiore a due mensilità del canone di locazione.

 

2. Il procedimento di convalida dello sfratto di morosità dal punto di vista del locatore

Verificatisi i presupposti di cui sopra, il locatore, con l’assistenza e la rappresentanza del proprio avvocato, potrà ricorrere al Tribunale del luogo in cui si trova l’immobile locato[2], procedendo a far notificare al conduttore l’intimazione di sfratto.

In via di estrema sintesi, il conduttore riceverà l’intimazione a liberare l’immobile, a procedere al pagamento dei canoni dovuti e la citazione l’udienza di convalida, ossia l’invito a presentarsi all’udienza fissata, con l’espresso avvertimento che la mancata presentazione produrrà specifiche conseguenze.

Una volta notificato l’atto, è fondamentale per il locatore intimante la presenza all’udienza di convalida (naturalmente attraverso il proprio legale di fiducia), poiché, diversamente, cesserebbero gli effetti dell’intimazione[3], con la conseguenza che non sussisterebbe più alcun procedimento giudiziale.

Altresì di particolare rilievo, nell’interesse del locatore, è la richiesta di pagamento dei canoni scaduti, che deve essere esplicitamente formulata nell’atto d’intimazione e citazione ad udienza. In altre parole, il locatore deve chiedere che gli vengano corrisposti i canoni scaduti, poiché, in mancanza, otterrebbe solo la risoluzione del contratto e il rilascio dell’immobile, ma dovrebbe intraprendere un altro, separato giudizio per ottenere il pagamento del dovuto.

L’ingiunzione di pagamento dei canoni di locazione, se regolarmente richiesta, può essere riferita non solo ai canoni già scaduti, ma anche a quelli a scadere fino all’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile. La norma, contenuta nell’art. 664, co. 1 c.p.c. è un'ipotesi specifica di condanna c.d. in futuro, che mira a tutelare l’interesse del creditore – locatore e ha natura eccezionale, poiché è emessa ancor prima che si verifichi l’inadempimento del debitore – conduttore[4].

 

3. Il procedimento di convalida dello sfratto di morosità dal punto di vista del conduttore e il termine di grazia.

Se la notifica dell’intimazione  di sfratto per morosità è avvenuta regolarmente e il conduttore non si presenta all’udienza fissata (o, pur presentandosi, non formula alcuna opposizione), il Giudice procederà a convalidare lo sfratto[5].

Nei procedimenti di sfratto per morosità il conduttore può presentarsi in giudizio e chiedere al Giudice il c.d. termine di grazia. La l. 392/1978, all’art. 55, consente, infatti, al conduttore di sanare la propria morosità anche dopo l’inizio del giudizio.

Il conduttore può sanare la morosità direttamente in udienza, oppure chiedendo il c.d. temine di grazia (non superiore a 90 giorni), se sussistono comprovate ragioni di difficoltà.

Il termine di grazia può anche arrivare a 120 giorni, se il mancato pagamento riguarda solo due mensilità e se la morosità è causata da una difficile condizione economica del conduttore, che sia posteriore alla stipula del contratto e che dipenda da disoccupazione, malattia, o gravi e comprovate condizioni di difficoltà.

Il pagamento (che sarà verificato dal Giudice in apposita udienza) esclude la risoluzione del contratto solo se è integrale. In altre parole, il conduttore che, entro la scadenza del termine di grazia, provveda al pagamento dei canoni e degli oneri accessori dovuti (oltre gli interessi legali e le spese processuali) potrà continuare ad abitare nell’immobile fino all’effettiva scadenza del contratto.

Ciò anche se si rendesse nuovamente inadempiente, non pagando i canoni successivi. In tal caso, infatti, il locatore dovrebbe intraprendere un nuovo procedimento di sfratto e il conduttore potrebbe ancora richiedere il termine di grazia, per un massimo di quattro volte in un quadriennio[6].

Diversamente, se il conduttore paga solo parzialmente i canoni di locazione scaduti e le spese processuali sostenute dal locatore, il Giudice convaliderà lo sfratto.

È evidente che la disciplina del termine di grazia sia di maggior favore per il conduttore.

La Corte Costituzionale[7], molto recentemente, ha precisato che il termine di grazia è una tutela processuale che, nel bilanciamento tra valori, attribuisce primaria importanza al diritto di abitazione del conduttore. Con il termine di grazia viene riconosciuto al conduttore tempo ulteriore per sanare la propria morosità, non essere costretto al rilascio dell’immobile e conservare il rapporto contrattuale.

Tuttavia, a fronte del sacrificio imposto al locatore, che non può ottenere immediatamente il rilascio dell’immobile, l’onere economico imposto al conduttore è omnicomprensivo. Egli dovrà sanare integralmente la propria morosità, poiché un pagamento solo parziale (quand’anche fossero solo le spese processuali a residuare) non precluderebbe la risoluzione del contratto.

Infine, la richiesta del termine di grazia, senza contestazione sulle somme, implica il riconoscimento implicito del debito. In altre parole, se il conduttore richiede il termine di grazia e non contesta l’ammontare delle somme richieste dal locatore ha riconosciuto il debito, con l’ulteriore conseguenza che, in caso di mancato pagamento, sarà certamente convalidato lo sfratto[8].

 

4. Il termine di grazia: tutela processuale solo per le locazioni ad uso abitativo

Come anticipato, la disciplina processuale del termine di grazia ha natura eccezionale e si applica solo alle locazioni ad uso abitativo.

Per le locazioni ad uso diverso da quello abitativo (ossia le locazioni commerciali), opera la regola dettata dall’art. 1453, co. III, c.c., che esclude l’adempimento sanante. In altre parole, una volta ricevuta l’intimazione di sfratto, il conduttore non può più offrirsi di pagare le somme dovute per evitare la risoluzione del contratto.

Tuttavia, ove il conduttore comunque paghi il dovuto, mancherebbe il presupposto per la convalida di sfratto, che l’art. 663 c.p.c. subordina all’attestazione in giudizio della persistenza della morosità. Pertanto, il conduttore resterà nell’immobile, ma il giudizio proseguirà nelle forme ordinarie per l’eventuale risoluzione del contratto[9].

 

5. La conclusione del procedimento: il rilascio dell’immobile e l’ingiunzione di pagamento.

Ottenuta la convalida dello sfratto, il conduttore sarà costretto a rilasciare l’immobile nel termine fissato dal Giudice per il rilascio.

Ove ciò non avvenga, il locatore, sempre con l’assistenza del legale di fiducia, provvederà ad intraprendere la procedura esecutiva per il rilascio dell’immobile, con conseguente aggravio di costi, che sarà, in definitiva, sopportato dal conduttore.

Oltre alla convalida, nei procedimenti di sfratto per morosità, il locatore può ottenere il decreto ingiuntivo per le somme dovute dal conduttore (canoni scaduti, oneri accessori, interessi legali, spese processuali). In forza di tale provvedimento giudiziale, e in difetto di pagamento spontaneo di quanto dovuto da parte del conduttore/debitore, il locatore potrà agire giudizialmente per il recupero coattivo del proprio credito.

 

6. Il rilascio dell’immobile: cosa cambia all’epoca del Covid-19.

Per fronteggiare l’emergenza economica scatenata dalla pandemia da Covid-19, tuttora in corso, il Governo ha emanato numerose norme che hanno inciso su aspetti fondamentali della società e dell’economia.

Tra queste, vi è la norma che sospende l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili.

L’art. 103, co. 6, del Decreto Legge 18/2020[10] (“Decreto Cura Italia”) stabilisce che “l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020”.

Detta sospensione è stata poi prorogata sino al 31 dicembre 2020.

Ciò implica che, al verificarsi dei presupposti necessari per ottenere la convalida di licenza o di sfratto, il locatore ben potrà, con l’assistenza del legale, adire il Tribunale al fine di ottenere la convalida e il decreto ingiuntivo per il pagamento delle somme dovute, ma, a prescindere dall’esito del procedimento, non potrà rientrare in possesso dell’immobile fino al 31 dicembre 2020.

Questo, da un lato, implica che il locatore potrà avviare il procedimento necessario a preparare la reimmissione nel possesso dell’immobile, pur dovendo poi attendere per poter effettivamente vedere eseguito l’ordine del giudice. Dall’altro lato, la ratio legis è di tutelare il conduttore a fronte di condizioni straordinarie che, come è noto, hanno inciso sulla situazione reddituale di molti cittadini.

Per il conduttore di immobili ad uso abitativo la sospensione fino al 31 dicembre del corrente anno è una tutela aggiuntiva, che si affianca al termine di grazia di cui all’art. 55, l. 392/1978.

Per il conduttore di immobili commerciali è una forma di tutela nuova che, limitatamente a questo aspetto, parifica la tutela processuale riconosciuta dal legislatore per le locazioni ad uso abitativo.

Deve precisarsi, tuttavia, che la norma non sospende l’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo che condanni il conduttore al pagamento dei canoni scaduti, degli oneri accessori, oltre interessi legali e spese processuali. Ciò significa che il locatore, seppur dovrà attendere per rientrare nel possesso dell’immobile, avrà comunque interesse ad avviare il procedimento di sfratto per morosità (o di licenza per finita locazione) per ottenere l’ingiunzione di pagamento che gli consenta di recuperare immediatamente le somme dovute.

 

 

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Note:

[1] Art. 5, l. 392/1978.

[2] Art. 661 c.p.c.

[3] Art. 662 c.p.c.

[4] Tribunale Salerno, sez. V, 04.01.2018, n. 4836.

[5] Art. 663, co. I, c.p.c.

[6] Art. 55, l. 392/1978.

[7] C. Cost., 24/04/2020, n. 79.

[8] Tribunale, Savona, 06/03/2018.

[9] C. Cass. civ., sez. III, 08/11/2018, n. 28502.

[10] Convertito con modificazioni dalla l. 24/04/2020, n. 27.

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