Trust: strumento di difesa patrimoniale. Come funziona?

Il trust è un atto mediante il quale il titolare (disponente, o settlor secondo la terminologia anglosassone ) di alcuni beni – mobili e/o immobili – o di determinati diritti ne trasferisce la titolarità ad un soggetto di fiducia definito trustee affinchè li gestisca.

Il trasferimento dei beni può realizzarsi per atto tra vivi o mediante testamento ed avviene:

  • nell’interesse di uno o più beneficiari (trust fisso);
  • per conseguire uno scopo specifico (trust di scopo).

Con il trasferimento si verifica una separazione tra i beni trasferiti, che formano patrimonio autonomo, rispetto ai patrimoni del disponente e del trustee.

In tal modo i beni in trust sono protetti rispetto alle vicende del patrimonio del disponente (1).

Questo effetto si definisce segregazione del patrimonio trasferito.

Le motivazioni che portano a scegliere il trust possono essere molteplici.

Un soggetto che intenda semplicemente proteggere parte del proprio patrimonio dagli imprevisti della vita, un imprenditore che metta al riparo alcuni suoi beni dai rischi della propria attività, un libero professionista che protegga le proprie risorse da eventuali azioni di responsabilità, due genitori in fase di separazione, che intendano tutelare le esigenze dei figli nell’attesa della sentenza.

A seconda delle esigenze e delle volontà del titolare dei beni che formeranno il trust, tale strumento può quindi presentarsi come:

  • negozio avente ad oggetto un fine o uno scopo (semplicemente proteggere dei beni, trust di scopo);
  • negozio teso a beneficiare soggetti terzi rispetto al titolare, che godranno dei frutti prodotti dai beni accantonati o della stessa protezione del capitale che gli sarà devoluto (trust fisso).

Il trust si distingue dal fondo patrimoniale, poiché diversamente da questo può essere costituito da qualsiasi soggetto e non dai soli coniugi.

Il trust è quindi uno strumento di protezione patrimoniale.

 

Indice:

1. Cos’è il trust

2. Come si costituisce un trust

3. I soggetti del trust

4. Trust di scopo

5. Trust fisso

6. Beni che compongono il trust

7. Il trust nella separazione e nel divorzio

8. Regime fiscale del trust. Che imposte devono pagare il disponente e/o i beneficiari?

9. Revocabilità del trust. Come possono tutelarsi i creditori del disponente, rispetto all’impoverimento del patrimonio aggredibile?

10. Cause estintive del trust

 

1. Cos’è il trust

Il trust è quello strumento mediante il quale un soggetto, il disponente, intesta determinati beni di proprietà (mobili, immobili, diritti) ad altro soggetto, il trustee, per:

  • conseguire un determinato scopo o
  • beneficiare soggetti individuati nell’atto istitutivo.

Il trustee, ricevuti i beni – che rimangono estranei anche al suo patrimonio personale - è quindi obbligato a gestirli, secondo quanto disposto ed indicato nell’atto che istituisce il trust.

La gestione del trustee sarà quindi finalizzata allo scopo (trust di scopo) o agli interessi dei beneficiari (trust fisso) individuati dal disponente.

L’art. 2 della Convenzione de L’Aja definisce le caratteristiche del trust:

a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;

  1. b) i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un'altra persona per conto del trustee;
  2. c) il trustee e? investito del potere e onerato dell'obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge”.

La struttura del trust può pertanto così schematizzarsi:

  • è un compito che il disponente affida al trustee;
  • presuppone il trasferimento al trustee di beni del disponente;
  • è costituito:
    • (i) in favore di beneficiari o
    • (ii) per il conseguimento di uno scopo (o per un fine determinato).

I beni che compongono il trust sono quindi:  

  • vincolati all’interesse dei beneficiari o al conseguimento di uno scopo;
  • appartengono al trustee;
  • sono segregati rispetto al patrimonio del disponente e del trustee.

La così detta segregazione è l’effetto principale del trust: i singoli patrimoni del disponente e del trustee si separano dai beni conferiti nel trust.

Si crea così nel trust un patrimonio autonomo e distinto rispetto a quello del disponente e rispetto a quello del trustee.

La funzione di questa separazione è la protezione dei beni confluiti nel trust, rispetto a tutte le vicende che possa subire il patrimonio rimasto nella disponibilità del disponente e rispetto al patrimonio del trustee.

Un esempio che chiarisce tale schema e funzione:

il padre imprenditore, che trasferisce la proprietà di alcuni immobili al trustee, indicando quali beneficiari i figli. In tal modo i beni trasferiti non soffriranno le eventuali azioni dei creditori dell’imprenditore.

 

2. Come si costituisce un trust

L’atto istitutivo del trust, in Italia, deve essere fatto con forma scritta.

Questa è condizione di validità ed efficacia dell’atto costitutivo. Non sono validi, infatti, i trust costituiti verbalmente.

La legge italiana non prevede, né regolamenta direttamente, il trust.

L’istituto è, infatti, considerato legittimo a seguito della ratifica (2), da parte dell’Italia della Convenzione de L’Aja del 01.07.1985 in vigore in Italia dal 1992.

L’Italia, ratificando la Convenzione, ha riconosciuto esclusivamente il trust istituito volontariamente e provato per iscritto (3).

Il trust può costituirsi per:

  • atto tra vivi;
  • testamento.

Ormai per prassi, anche se non obbligatoriamente, il trust per atto tra vivi è costituito per atto pubblico avanti il Notaio.

Il trust è quindi un atto volontario del disponente, che al momento della sua costituzione, con l’atto istitutivo:

  • lo sottoscrive
  • specifica la legge nazionale, che disciplinerà il trust e i rapporti collegati;
  • indica il trustee (che può essere una persona fisica o una società, c.d. trust company)
  • indica i beneficiari, ossia i soggetti che godranno dei frutti dei beni in trust o che riceveranno i beni del trust al termine dell’istituto costituito.
  • determina lo scopo del trust e le modalità di gestione del trustee
  • nomina il guardiano;

L’istituzione del trust non può essere soggetta a revocabilità.

Tale divieto è previsto, per evitare che il trust sia utilizzato solo per sottrarre momentaneamente dei beni del titolare all’aggressione di eventuali creditori.

Pertanto, se il trust fosse sottoposto a una condizione di revocabilità, non opererebbe l’effetto segregativo e i beni potrebbero liberamente essere aggrediti dai creditori.

****

L’atto istitutivo del trust è distinto dagli atti (atti dispositivi o atti di destinazione) con i quali si trasferiscono i beni dal fondo ai beneficiari.

Pertanto, i così detti atti dispositivi (o di destinazione), ossia quelli traslativi della proprietà al beneficiario, potranno verificarsi anche in un secondo, successivo momento, rispetto alla costituzione del trust.

Esempio pratico:

un soggetto potrà in un primo momento istituire un trust e solo successivamente questo spiegherà i suoi effetti, trasferendo i beni – a titolo di donazione o successione – ai beneficiari.

Il trust, oltre che per atto tra vivi, può istituirsi anche mediante testamento.

La costituzione del trust per testamento, può realizzarsi secondo due modalità:

  • costituzione diretta o
  • obbligare i chiamati all’eredità a costituire nel trust i beni devoluti con l’eredità (costituzione indiretta).

Per quanto la durata del trust, il sistema italiano – seppure non siano previste norme imperative che neghino la validità dei vincoli illimitati – riterrebbe valida una durata massima del trust di novanta anni, secondo il termine previsto dall’art. 2645 ter c.c., che fissa tale termine per gli atti di destinazione (4)

 

3. I soggetti del trust

I soggetti coinvolti nell’istituto del trust sono necessariamente:

  • il disponente
  • il trustee
  • i beneficiari (in caso di trust fisso, vd. sopra).

A tali soggetti può aggiungersi una figura incaricata di un ruolo non necessario, ma facoltativo a discrezione del disponente, ovvero il guardiano.

  • Il disponente (o settlor).

È il soggetto titolare dei beni la cui proprietà sarà trasferita in via fiduciaria al trustee, per formare il fondo in trust.

Il disponente, mediante un atto volontario, provato per iscritto, per atto tra vivi o mediante testamento, decide di istituire il trust.

Al disponente spetta individuare il trustee, decidere se costituire un trust di scopo (che abbia quindi un fine di conservazione e protezione dei beni in trust), o un trust fisso, con l’individuazione dei beneficiari.

Il disponente è inoltre tenuto a scegliere a quale legge nazionale risponderà la regolamentazione del trust.

Non prevedendo, infatti, la Legga italiana direttamente l’istituto del trust, il disponente dovrà individuare a quale Ordinamento straniero sarà sottoposta la disciplina del trust.

Si parla quindi di trust interno quando disponente, trustee ed eventuali beneficiari sono italiani, pur essendo il trust sottoposto a norme straniere.       

  • Il trustee.

Il trustee è il soggetto che diviene intestatario dei beni trasferiti dal disponente.

I beni costituiti in trust rimangono distinti dal patrimonio personale del trustee.

Il ruolo può essere ricoperto da una persona fisica, il trustee appunto, o da una persona giuridica, quindi una società, definita trust company.

L’obbligo del trustee o della trust company è la gestione dei beni intestatigli per il trasferimento effettuato dal disponente, rispettandone le indicazioni, quindi gestendolo secondo lo scopo determinato dal disponente o nell’interesse dei beneficiari.

  • I beneficiari

Sono i soggetti che, nel trust fisso, sono destinatari dei frutti prodotti dai beni compresi nel trust o del godimento del capitale stesso conferito nel trust.

Alcuni esempi per una immediata comprensione:

i beneficiari sono i figli del disponente, che possono beneficiare dei canoni di locazione degli immobili conferiti nel trust, oppure godere direttamente degli immobili; il beneficiario può essere il coniuge che sarà destinatario dei beni del trust solo al termine dell’esistenza dell’istituto.

I beneficiari possono pertanto essere:

beneficiari di reddito, quando ricevano i frutti prodotti dai beni gestiti. Tra questi citiamo le rendite finanziarie, gli interessi, canoni di locazione di immobili, utili societari.

beneficiari di capitale, quando i beneficiari possano godere direttamente del patrimonio (es. utilizzo di un immobile).

La nomina del/i beneficiario/i può anche non essere contestuale all’istituzione del trust. In tal caso parliamo di trust discrezionale, quando il disponente nomini i beneficiari in un secondo momento rispetto alla costituzione del trust.

  • Il guardiano (o protector)

Il guardiano, figura eventuale e non necessaria, è quel soggetto tenuto a verificare e controllare che l’attività del trustee sia effettivamente resa secondo l’interesse dei beneficiari o che sia adeguata al raggiungimento dello scopo individuato dal disponente.

In concreto, il guardiano verifica che il trustee rispetti i contenuti e gli obiettivi specificati nell’atto istitutivo.

 

4. Trust di scopo (o purpose trust)

Il disponente può costituire un trust, per conseguire uno scopo determinato.

Questo tipo di trust non prevede quindi l’indicazione di soggetti beneficiari, ma ha l’obiettivo puro di proteggere i beni conferiti nel trust dalle vicende e dagli imprevisti cui possa essere soggetto il disponente secondo un preciso fine.

Gli esempi per questa fattispecie sono molteplici; vediamone alcuni, per meglio comprendere il trust di scopo.

L’imprenditore che, per proteggere una parte di patrimonio dalle variabili dell’attività di impresa e quindi da eventuali aggressioni dei creditori, costituisca un trust, facendovi confluire dei beni immobili, al fine di garantirsi un capitale per la vecchiaia.

Il professionista (es. avvocato, dentista, medico) che per non esporre tutto il proprio patrimonio ai possibili effetti di cause per responsabilità professionale, costituisca un trust allo scopo di proteggere parte dei propri beni, così trasferendoli al trustee.

Il soggetto che costituisca un trust di scopo, con la finalità di garantirsi un fondo per l’epoca della pensione.

 

5. Trust fisso

Con la costituzione di un trust fisso, il disponente individua alcuni soggetti, definiti beneficiari, nel cui interesse sono conferiti i beni in trust.

Il disponente potrà quindi nominare, ad esempio, il coniuge, o i figli (5), un fratello, il genitore più anziano, che abbia bisogno di un sostegno economico.

Come già delineato, il beneficio per i destinatari del trust può realizzarsi nel godimento dei frutti prodotti dai beni del trust (interessi, utili, rendite, c.d. trust di reddito), oppure può configurarsi come una utilità dei beni che costituiscono il trust: è il c.d. trust di capitale, che consente ai beneficiari di godere direttamente del capitale a disposizione (si pensi, ad esempio, al capitale o ai beni destinati integralmente al beneficiario al momento dell’estinzione del trust).

I beneficiari hanno il diritto nei confronti del trustee di far eseguire, in caso di inerzia, e/o di far rispettare, i compiti indicati nell’atto costitutivo del trust secondo lo scopo ivi specificato.

 

6. Beni che compongono il trust

Mediante l’atto costitutivo possono trasferirsi nel trust distinte categorie giuridiche di beni.

Il trust può, infatti, essere stipulato per:

  • beni immobili
  • beni mobili
  • diritti(in particolare diritti che garantiscano un beneficio o il raggiungimento dello scopo fissato per il trust).

Il trust può quindi stipularsi, a titolo di esempio non esaustivo, con il conferimento di case, opere d’arte, quote e fondi di investimento, titoli o anche con il conferimento di un diritto di godimento (si pensi – in tema di immobili - all’usufrutto, all’uso o al diritto di abitazione di un appartamento).

 

7. Il trust nella separazione legale o nel divorzio dei coniugi

Il trust è uno strumento che può compiere la sua funzione di protezione del patrimonio anche nel contesto di crisi familiare e in particolare nella fase processuale di separazione o divorzio.

Il riferimento è, in particolare, alle procedure che vedano coinvolti coniugi genitori di minori di età.

Le crisi matrimoniali impattano frequentemente sull’economia del nucleo familiare, del singolo coniuge e – di riflesso – sugli strumenti idonei e necessari a mantenere la prole.

Durante la fase giudiziale che vede i coniugi antagonisti, è quindi opportuno individuare uno strumento che protegga il patrimonio conteso, al fine di continuare a garantire il sostentamento della prole e del coniuge meno abbiente.

I genitori coinvolti nella separazione o nel divorzio possono quindi accordarsi sull'istituzione di un trust in capo all’uno dei due o ad un terzo (che sarà quindi incaricato come trustee), conferendovi così quella parte di patrimonio mobiliare e/o immobiliare, finalizzato ad adempiere gli obblighi che saranno imposti dai provvedimenti di separazione o divorzio.

La costituzione del trust nel contesto della crisi matrimoniale (e quindi familiare) ha pertanto la funzione di non disperdere (ad esempio vendendoli, donandoli o addirittura occultandoli) alcuni beni durante il procedimento, che possano servire in seguito al coniuge obbligato a mantenere l’altro coniuge e/o la prole.

Anche in questo caso, aiuta un esempio.

La procedura di separazione vede coinvolti due coniugi ed il marito è parte economicamente più agiata, percependo un reddito elevato ed essendo proprietario di alcuni beni immobili.

In tale contesto sarà prevedibile che il padre sarà tenuto, all’esito del processo, a corrispondere un mantenimento o un assegno divorzile alla moglie ed il mantenimento dei figli minori.

I coniugi possono accordarsi che, al fine di sostenere in futuro gli obblighi di mantenimento, il coniuge più facoltoso sia nominato trustee, sì da garantire con i beni intestati l’adempimento delle obbligazioni familiari.

Certamente, per il ruolo di trustee e anche per evitare conflitti tra le parti, può essere nominato un terzo invece che uno dei due coniugi.

Con questo assetto il patrimonio conferito nel trust è immune dalle vicende personali patrimoniali che possano soffrire il disponente, il trustee e gli stessi beneficiari.

Viene così individuato uno strumento capace concretamente di tutelare i diritti dei figli minori e del coniuge economicamente più debole, nel rispetto di quanto previsto dal nostro ordinamento in tema di relazioni e doveri familiari.

*****

La costituzione del trust nell’ambito della crisi familiare può anche assolvere una più semplice funzione di mera garanzia delle obbligazioni imposte al coniuge/genitore pagante.

I beni conferiti nel trust, in tal caso, non saranno utilizzati direttamente, per rispettare gli obblighi di mantenimento.

Tali beni saranno, infatti, segregati quale garanzia per l’adempimento, imposto e quindi sostenuto direttamente dal genitore pagante, laddove questi non li rispettasse.

In questo caso il trust opererebbe come rimedio sussidiario, rispetto all’obbligazione principale e diretta di pagamento del soggetto onerato.

In ogni caso, la vita del trust si estinguerà quando verranno meno gli obblighi che tale strumento è tenuto a soddisfare o garantire.

Pensiamo pertanto al raggiungimento dell’indipendenza economica dei figli a beneficio dei quali il padre versava un assegno di mantenimento, ovvero al coniuge già beneficiario di assegno divorzile, che contragga o celebri nuovo matrimonio.

 

8. Regime fiscale del trust. Che imposte devono pagare il disponente e/o i beneficiari?

Il trust prevede necessariamente per la sua costituzione un trasferimento di beni e/o diritti (in capo al trustee) e, come tutti i negozi che generino questi effetti, soggiace alla disciplina fiscale.

Considerato che trattiamo di un istituto che può sviluppare i propri effetti in un momento successivo rispetto alla sua istituzione, è opportuno capire in che termini, cioè quando, operino le norme fiscali sui differenti atti negoziali che derivano dal trust.

A titolo di esempio, pensiamo al trust fisso.

Questo istituto prevede la possibilità di una prima fase di trasferimento dei beni nel trust ed una successiva (in taluni casi anche di molti anni) che imponga il trasferimento di tali beni in capo ai beneficiari (ad esempio i figli).

In tale ipotesi, si verificano pertanto due momenti distinti di trasferimento di beni e/o diritti:

  • la costituzione del trust, avente ad oggetto beni mobili e/o immobili.
  • il trasferimento dei beni ai beneficiari (successione, donazione tra gli altri possibili negozi).

In questo caso,  né il disponente né i beneficiari saranno tenuti a corrispondere, già all’atto di costituzione del trust, le imposte previste per i successivi e futuri atti dispositivi (es. le eventuali tasse di donazione e/o successione a beneficio dei destinatari).

Lo schema è ben spiegato da una recente Sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Bologna:

“[…] con la costituzione del trust si è verificata una mera segregazione del patrimonio, che consiste nella separazione di alcuni beni dalla restante parte del patrimonio stesso, con l’obbligo di amministrazione fiduciaria in capo ai trustee, ma senza alcun effetto traslativo, che si verificherà invece eventualmente nel 2040 a favore degli (eventuali e viventi) figli dei due trustee. Pertanto, atteso che al momento l’unico effetto del trust è quello segregativo di costituzione del vincolo sui beni, il negozio non può scontare le imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale, mancando l’effetto traslativo, e cioè l’attribuzione dei beni ai soggetti beneficiari”. (7)

La mera costituzione del trust, senza che comporti immediati effetti traslativi in capo ai beneficiari, comporterà quindi un onere di pagamento relativo all’imposta di registro, determinata in maniera fissa in € 200.00.

Qualora siano conferiti in trust beni immobili (aziende, appartamenti) o diritti reali immobiliari (usufrutto, uso) saranno da corrispondersi la suddetta imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali.

Al momento in cui effettivamente avranno efficacia gli atti traslativi in capo ai beneficiari per effetto della successione o di donazione, maturerà l’onere di pagamento delle imposte successorie o di donazione.

 

9. Revocabilità del trust. Come possono tutelarsi i creditori del disponente rispetto all’impoverimento del patrimonio aggredibile?

Il trust è uno strumento che comporta una fuoriuscita dal patrimonio del disponente di alcuni beni, per intestarli al trustee.

Tali beni sono quindi sottratti (effetto segregativo) ai creditori del disponente.

Come possono tutelarsi i creditori del disponente, rispetto all’impoverimento del patrimonio aggredibile?

Se l’intento col quale è stato costituito il trust sia quello di sottrarlo ai creditori, a questi sono riconosciuti dei rimedi legali, per tutelare i propri diritti di credito.

Il trasferimento realizzato con il trust riduce, infatti, la garanzia dei creditori, rappresentata dal complessivo patrimonio del disponente.

Al fine di sottrarsi alle possibili azioni dei creditori tese a far perdere efficacia al trust, innanzitutto l’intento costitutivo del trust deve essere meritevole.

La meritevolezza del trust, ovvero la reale finalità di proteggere interessi degni di tutela, deve essere accertata, se contestata, mediante l’apprezzamento caso per caso degli interessi perseguiti.

Allora dovrà verificarsi se il trasferimento dei beni al trustee in favore dei figli beneficiari sia una operazione autenticamente tesa a garantire a questi un patrimonio per il futuro, oppure – ad esempio – tesa a garantire una rendita per il pagamento degli studi; o, ancora, se il trasferimento di alcuni beni in trust a beneficio (di rendita) del genitore anziano, sia effettivamente necessario ed unico strumento idoneo a soddisfare tale esigenza assistenziale.

Si può sintetizzare che sarà rilevante la meritevolezza del trust, quanto alla separazione dal patrimonio del disponente, quando l’interesse perseguito sia prevalente rispetto a quello dei creditori e degli aventi causa. (8).

Ancora un esempio, pensiamo al genitore che costituisca un trust per garantire assistenza, per il presente e per il futuro a un soggetto debole, quale la figlia disabile. 

L’interesse coinvolto nell’esempio, ovvero il diritto ad una vita decorosa, degna per il soggetto più debole, non può considerarsi meno ragguardevole del diritto dei creditori.

*****

L’azione revocatoria ordinaria (9) è lo strumento che il creditore del disponente, ovvero del soggetto che abbia “impoverito” il proprio patrimonio, per averne conferito parte nel trust, può utilizzare, per rimuovere l’effetto segregativo dei negozi collegati al trust.

Considerato, come spiegato sopra, che la causa del trust deve essere meritevole (anche richiamando quanto espresso dall’art. 1322 c.c. (10)) i creditori del disponente, per togliere ogni effetto e conseguenza al trasferimento dei suoi beni, possono invocare la non meritevolezza della causa fondante il trust.

Oltre all’alto e reale valore che deve ispirare il trust (come visto, ad esempio, sono apprezzabili i trust costituiti a beneficio dei figli minori ovvero di persone portatrici di disabilità), la legge indica due criteri molto chiari che, se presenti, giustificano la domanda di revoca del trust e quindi di inefficacia dei suoi effetti, ovvero:

1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;

2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.

Abbiamo visto nella presente trattazione come lo schema del trust preveda due diversi momenti:

  • la costituzione del trust (atto istitutivo);
  • gli atti dispositivi successivi, mediante i quali il trust spiega il suo scopo.

Quale diritto, pertanto, per gli atti dispositivi che abbiano trasferito beni ai terzi, se il trust venisse revocato?

Lo spiega bene la Cassazione (11) con una recente sentenza: “È legittima l’azione revocatoria avanzata contro l’atto istitutivo di un trust se vi è già stata la disposizione dei beni. L’atto di trasferimento e intestazione del bene conferito al trustee non risulta essere atto isolato e autoreferente: nella complessa dinamica di un’operazione di trust, lo stesso si pone, per contro, non solo come atto conseguente, ma prima ancora come atto dipendente dall’atto istitutivo. E in quest’ultimo atto, cioè, che l’atto dispositivo recupera la sua ragion d’essere e causa (in ipotesi) giustificatrice. Pertanto, l’inefficacia dell’atto istitutivo, come prodotta dall’esito vittorioso di un’azione revocatoria, reca con sé pure l’inefficacia dell’atto dispositivo. “

La domanda di revoca ed il suo accoglimento, pertanto, incidono anche sugli atti dispositivi successivi l’atto istitutivo del trust e dipendenti dallo stesso, elidendone gli effetti.

*****

L’azione diretta del creditore del disponente, sui beni trasferiti ai beneficiari da meno di un anno.

Non è, invece, necessaria l’azione revocatoria da parte del creditore del trustee quando, entro un anno dalla costituzione del trust, si sia concluso l’atto dispositivo (es. donazione al beneficiario) che abbia ad oggetto un bene immobile o mobile iscritto nei pubblici registri.

In tal caso il creditore - in possesso di titolo esecutivo - può procedere direttamente sul bene in possesso del beneficiario, pur senza aver chiesto e conseguito la dichiarazione di inefficacia tipica dell’azione revocatoria (12)

In concreto, in tal modo il creditore agisce direttamente contro il terzo beneficiario, come se questi fosse il debitore originario. (13)

 

10. Cause estintive del trust

Le possibili cause estintive del trust sono: 

  • il decorso del termine indicato nell’atto istitutivo;
  • la revoca del trust; 
  • il raggiungimento dello scopo del trust o la sopravvenuta impossibilità di realizzare tale scopo;
  • la mancanza dei beneficiari e l’impossibilità di individuare, sulla base dei criteri di cui all’atto istitutivo, ulteriori soggetti che possano essere qualificati come beneficiari;
  • l’estinzione del trust da parte dei beneficiari.

Al verificarsi delle cause estintive del trust, il trustee è tenuto a formalizza l’inventario dei beni che lo compongono.

Se la causa di estinzione del trust risieda nel venir meno dei beneficiari e non risultino altri soggetti successibili, i beni vengono destinati allo Stato, secondo la previsione dell’art. 586 del Codice Civile (14).

 

 

_________________________

Note

 (1) art. 2, Conv. L’Aja 1.7.1985

Ai fini della presente Convenzione, per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente – con atto tra vivi o mortis causa – qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico

(2) legge 16 ottobre 1989, n. 364 “Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L'Aja il 1° luglio 1985”

(3) art. 3 Conv. L’Aja 1.7.1985

La Convenzione si applica solo ai trusts costituiti volontariamente e comprovati per iscritto.

(4) I Contratti, n. 3, 1 maggio 2019, Commento alla normativa di Ester Zucchelli

(5) Tribunale Milano, 7 giugno 2006

“In occasione della separazione consensuale di una coppia coniugata da oltre venticinque anni con due figli, uno maggiore di età e uno minore, il Tribunale omologa il verbale nel quale è inserita l’istituzione di un trust autodichiarato dagli stessi coniugi, con finalità di segregare in trust i beni già costituiti in fondo patrimoniale ed altri beni, per destinarli tutti al soddisfacimento dei bisogni della famiglia anche dopo la cessazione del vincolo coniugale”.

(6) Cfr. L. MARTONE, Il trust nella crisi coniugale come ufficio privato, in Nuova giur. comm., 2009, 1, p. 78 ss.

(7) sentenza n. 583/2020

(8) Garanzie reali e personali. Questioni processuali, Roberto Giovagnoli, Marco Fratini. p. 160.

(9) Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine,  può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni:

1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;

2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.

Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito.

Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto.

L'inefficacia dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione

(10) art. 1322 codice civile, II comma “Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessimeritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico

(11) CIV., I sez., ord. 15.4.2019, n. 10498 –Conferma App. Brescia, 27.3.2014.

(12) art. 2929bis codice civile “Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l'atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa”.

(13) La norma – che incide sul fenomeno della circolazione perché, in sostanza, il creditore può agire contro il terzo come se quest’ultimo fosse il debitore – pare diretta a colpire, più che le donazioni (già particolarmente instabili per le interferenze e le contiguità con il regime successorio), itrust interni e i vincoli di destinazione di beni allo scopo, spesso usati dai consociati con finalità elusive. Contratto e Impresa, n. 1, 1 gennaio 2018 Commento alla normativa LUCA CROTTI

(14) art. 586 codice civile: “In mancanza di altri successibili, l'eredità è devoluta allo Stato. L'acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia. Lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati."

 

 

 

 

 

 

 

 

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