Locazioni commerciali

La locazione degli immobili ad uso diverso da quello abitativo (c.d. “locazione commerciale”) è disciplinata dalle norme del codice civile e dalla Legge 392/78.

Dopo l'entrata in vigore della Legge n. 431 del 1998 sulle locazioni abitative, la Legge n. 392/1978 disciplina oggi esclusivamente la locazione di immobili ad uso commerciale o diverso da quello abitativo, categoria nella quale rientrano:

  • le locazioni strettamente commerciali, ossia quelle in cui l'immobile è destinato allo svolgimento di un'attività imprenditoriale come, l'attività industriale, l'attività artigianale, l'attività professionale, l'attività di commercio e l'attività di interesse turistico;
  • le locazioni senza finalità imprenditoriale ma che prevedono lo svolgimento di attività ricreative e culturali, lo svolgimento di attività assistenziali o “no profit”, la destinazione dell'immobile a sede di partito o di sindacato, la qualità di conduttore assunta dallo Stato o da altri enti pubblici.

Indice:

  1. Il contratto di locazione commerciale: quando è valido? Forma e registrazione
  2. Il contenuto del contratto di locazione
  3. Principali obbligazioni delle parti nel contratto di locazione commerciale
  4. La durata del contratto di locazione
  5. Il rinnovo automatico del contratto di locazione
  6. Il canone di locazione
  7. La sublocazione e la cessione
  8. La disdetta e il recesso
  9. L’indennità per la perdita dell’avviamento

 

1. Il contratto di locazione commerciale: quando è valido? Forma e registrazione

I contratti di locazione sono contratti consensuali, senza vincoli di forma.

Pertanto, possono essere stipulati in qualsiasi forma (in via ipotetica anche orale), purché vi sia la volontà di entrambe le parti a concludere il contratto alle condizioni pattuite.

Per i contratti di locazione ad uso commerciale, la legge prescrive la forma scritta a pena di nullità solamente se la durata è pari o superiore ai 9 anni. 

Tuttavia, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 346, della L. 311/2004 tutti i contratti di locazione commerciale relativi ad unità immobiliari devono essere registrati presso gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate, a pena di nullità.

Dunque, le parti sono tenute, di fatto, a stipulare per iscritto il contratto di locazione, al fine di poter procedere con la relativa registrazione.

Sia il locatore che il conduttore hanno l’onere di provvedere alla registrazione del contratto entro 30 giorni dalla sottoscrizione nonché di provvedere al pagamento delle spese di registrazione in parti uguali.

L’art. 8 della L. 392/78 prevede infatti che “le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali”.

Locatore e conduttore sono, quindi, solidalmente responsabili nei confronti dello Stato per il pagamento dell’imposta di registro. Conseguentemente, qualora l’Agenzia delle Entrate accerti il mancato versamento dell’imposta, questa si rivolgerà sia al locatore che al conduttore, al fine di ottenerne il pagamento (oltre che il versamento di eventuali interessi e sanzioni).

L’omessa registrazione del contratto di locazione ne comporta la nullità. Per tale motivo, il locatore, in caso di mancato rispetto delle obbligazioni derivanti dal contratto, non potrà avvalersi del più celere procedimento di sfratto, ma dovrà avviare un ordinario procedimento per occupazione senza titolo; il conduttore, invece, potrà richiedere la restituzione di quanto versato in virtù di un contratto inesistente.

 

2. Il contenuto del contratto di locazione

Nel contratto di locazione è necessario che siano riportati i seguenti elementi:

  • Le generalità dei contraenti (nome, cognome, codice fiscale e indirizzo di residenza);
  • La descrizione dell’immobile locato (indirizzo, codici catastali, piano, scala ecc.);
  • I dati catastali (particella, subalterno, rendita e così via) necessari ai fini della registrazione
  • apposita clausola con cui il conduttore dichiara di aver ricevuto l’Attestazione di Prestazione Energetica relativa all’immobile, che dovrà anche essere allegata al contratto;
  • la natura dell’attività svolta all’interno dell’immobile;
  • la durata del contratto;
  • la determinazione del canone di locazione;
  • la data di stipula.

L’Attestato di prestazione energetica (APE): è un documento che riporta le prestazioni energetiche di un edificio o di una unità immobiliare.

Il locatore ha l’obbligo di far predisporre l’APE e di consegnarlo al conduttore al momento della conclusione del nuovo contratto di locazione commerciale.

All’interno del contratto di locazione commerciale dovrà essere inserita una clausola in cui il conduttore dichiara di aver ricevuto l’APE e tutte le informazioni necessarie a comprendere le prestazioni energetiche dell’immobile.

In caso di omessa dichiarazione o mancata allegazione dell’APE, locatore e conduttore sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria.

 

3. Le principali obbligazioni delle parti nel contratto di locazione commerciale

La L. 392/78 elenca gli elementi essenziali del contratto di locazione, rimandando alle norme generali del codice civile per tutto ciò che riguarda la gestione del rapporto tra locatore e conduttore.

Gli artt. 1575 e ss. c.c. delineano le obbligazioni generali delle parti del contratto di locazione.

Rientra, ad esempio, tra le obbligazioni principali del locatore quella di consegnare l’immobile in buono stato manutentivo ed idoneo all’uso convenuto.

Nel caso delle locazioni commerciali occorre, però, evidenziare che, salvo patto contrario, è onere del conduttore ottenere tutte le licenze e autorizzazioni amministrative necessarie per esercitare l’attività all’interno dei locali. Tant’è vero che, qualora il conduttore non ottenga le autorizzazioni necessarie, non sussiste alcuna responsabilità del locatore per inadempimento, anche se il diniego delle autorizzazioni da parte degli organi preposti dipende dalle caratteristiche del bene locato.

Infatti, per principio giurisprudenziale consolidato, non vi è alcun obbligo in capo al locatore di apportare modifiche all’immobile al fine di renderlo idoneo allo scopo cui intende destinarlo il conduttore, salvo ciò non venga pattuito espressamente dalle Parti .

La presenza di vizi, che diminuiscono in maniera apprezzabile l’idoneità dell’immobile all’uso convenuto, consente al conduttore di richiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo.

È, inoltre, onere del locatore provvedere a tutte le riparazioni necessarie a conservare l’immobile nello stato in cui si trova, mentre la piccola manutenzione è posta a carico del conduttore che dovrà, altresì, mantenere l’immobile in buono stato al fine di restituirlo al conduttore, al termine della locazione, nel medesimo stato in cui gli è stato fornito inizialmente, salvo il normale deperimento.

 

4. La durata del contratto di locazione commerciale

Secondo quanto disposto dall’art. 27 L. 392/78, la durata minima dei contratti di locazione commerciale varia in base alla tipologia di attività esercitata all’interno dei locali. In particolare:

  • il contratto di locazione non potrà avere una durata inferiore a 6 anni, se il conduttore esercita al suo interno attività industriale, commerciale, artigianale, per l’esercizio abituale di qualsiasi attività di lavoro autonomo o impianti sportivi;
  • in caso di attività alberghiera o teatrale, la durata minima prevista per legge è pari a 9 anni.

Tale durata minima è inderogabile dalle parti e la clausola contrattuale con cui si pattuisce una durata inferiore al minimo legale è da ritenersi nulla e sostituita, in forza di legge, con la previsione legale di 6 anni.

La locazione si intende pattuita per la durata minima legale, anche nel caso in cui il contratto non specifichi alcunché.

Unica eccezione è costituita dalle locazioni commerciali ad uso transitorio. Il comma 5 dell’art. 27, L. 392/78, prevede espressamente che “il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio”.

In tali casi è, quindi, possibile derogare alla durata minima prevista dalla legge, a condizione che il contratto sia stipulato per lo svolgimento di un’attività che abbia, per sua natura, carattere transitorio, cioè, destinata ad esaurirsi in un arco temporale breve (si pensi, ad esempio, ad uno showroom per una sfilata di moda, ad un temporary shop, ad un locale per deposito e vendita di stock di magazzino fino ad esaurimento scorte, o ancora ad un ufficio per il comitato elettorale).

La transitorietà è, quindi, determinata dall’attività in concreto svolta e non dalla volontà delle parti. Inoltre, le ragioni della transitorietà dovranno essere chiaramente indicate all’interno del contratto.

In assenza di tali ragioni, il contratto si intenderà stipulato per la durata minima prevista dalla legge in base all’attività esercitata.

Discorso parzialmente diverso è quello relativo ai contratti di locazione commerciale stagionali (si pensi, ad esempio, agli stabilimenti balneari).

In tal caso, il contratto di locazione impegna le parti per un periodo dell’anno determinato (la stagione), obbligando però il locatore a concedere in locazione il medesimo bene immobile, per la medesima stagione, l’anno successivo - ovviamente allo stesso conduttore. Tale obbligo sussiste in capo al locatore per un arco temporale di complessivi 6 o 9 anni in base all’attività esercitata all’interno del bene immobile.

 

5. Il rinnovo automatico del contratto di locazione commerciale

Per espressa previsione normativa, i contratti di locazione ad uso commerciale (ad eccezione di quelli transitori) arrivati alla scadenza, si rinnovano automaticamente di ulteriori 6 o 9 anni, se nessuna delle parti comunica all’altra disdetta. Il contratto, tuttavia, non potrà avare una durata superiore a 30 anni ai sensi dell’art. 1573 c.c.).

Dunque alla scadenza dei primi 6 o 9 anni, il contratto si rinnova automaticamente per ulteriori 6 o 9 anni, a meno che il locatore non ne impedisca il rinnovo invocando uno dei seguenti casi:

  1. il locatore intende adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o di un parente entro il secondo grado in linea retta;
  2. il locatore intende adibire l'immobile all'esercizio di propria attività (commerciale, imprenditoriale, professionale o con finalità istituzionali) o del coniuge o di un parente entro il secondo grado in linea retta;
  3. il locatore intende demolire l'immobile per ricostruirlo o procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro;
  4. il locatore intende ristrutturare l'immobile al fine di renderlo conforme alla L. n. 426/1971 ed ai relativi piani comunali e le opere da effettuarsi rendono incompatibile la presenza del conduttore.

 

6. Il canone di locazione del contratto di locazione commerciale

Il canone della locazione è liberamente determinabile dalle parti, con possibilità di aggiornamento annuale su richiesta del locatore.

L’unico limite previsto dalla legge è quello dettato dall’art. 32 L. 392/78 secondo cui “le variazioni in aumento del canone non possono essere superiori al 75% di quelle accertate dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati”, che non trova però applicazione per le locazioni stagionali.

Occorre evidenziare che ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone di locazione maggiore rispetto a quello risultante dal contratto di locazione registrato è nulla ex art. 78 L. 392/78. Pertanto, entro sei mesi dalla restituzione dei locali, il conduttore può richiedere la restituzione delle somme versate in eccedenza.

Accade spesso che le locazioni di immobili commerciali siano caratterizzate da accordi in base ai quali il canone di locazione viene stabilito in modo variabile: in alcuni casi l’importo del canone varia in funzione di uno o più elementi preventivamente individuati e concordati dalle parti contrattuali.

In tali ipotesi, si è in presenza del c.d. “canone di locazione a scaletta”, in cui il canone è sottoposto ad aumenti o diminuzioni, in base alle variabili pattuite.

Le variabili da cui si può far dipendere il canone di locazione possono essere, ad esempio:

  • Il fatturato annuale; 
  • L’ammontare delle spese necessarie per adeguare l’immobile oggetto della locazione;
  • I giorni di apertura.

 

7. La sublocazione e la cessione del contratto di locazione commerciale

In base a quanto disposto dall’art. 36 L. 392/78 “il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda”.

Tale norma, di carattere speciale, costituisce una deroga a quanto previsto dal primo comma dell’art. 1594 c.c., secondo cui il conduttore non può cedere il contratto di locazione senza il consenso del locatore.

Detta norma speciale è stata inserita per tutelare l’attività commerciale e consentirne la prosecuzione, tutelandone l’avviamento. Infatti, il locale ove viene esercitata l’attività imprenditoriale costituisce un elemento essenziale dell’attività stessa.

Per ribilanciare il rapporto tra le parti e tutelare il locatore dalle arbitrarie scelte del conduttore, la norma prevede che:

  • il conduttore è tenuto ad informare il locatore della cessione o sublocazione mediante raccomandata con avviso di ricevimento con cui dovrà fornire i dati del nuovo conduttore;
  • il locatore, entro 30 giorni dalla ricezione della menzionata comunicazione, potrà opporsi a tale cessione qualora ricorrano gravi motivi. Per giurisprudenza consolidata i gravi motivi possono riferirsi unicamente alla persona del nuovo conduttore e, in particolare, all’affidabilità economica dello stesso.

Inoltre, a maggior tutela del locatore, la norma prevede che quest’ultimo possa non liberare il conduttore cedente.  Di conseguenza, nel caso in cui il cessionario non adempia alle obbligazioni assunte, il locatore potrà agire anche nei confronti del cedente (che pertanto diventa solidalmente responsabile insieme al cessionario nei confronti del locatore).

 

8. La disdetta ed il recesso dal contratto di locazione commerciale

La durata del contratto di locazione può essere interrotta per intervenute esigenze di una delle parti. Si parla, in tal caso, di recesso e/o di disdetta a seconda delle circostanze.

Il recesso

Il recesso è un diritto che l’ordinamento pone unicamente a favore del conduttore, che potrà esercitarlo in qualsiasi momento nel corso del rapporto di locazione.

I commi 7 e 8 dell’art. 27, L. 392/78, prevedono che:

“è in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione” (recesso convenzionale);

“indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicare con lettera raccomandata” (recesso legale).

Il recesso convenzionale dal contratto di locazione commerciale è, quindi, valido solo se espressamente inserito nel contratto mediante apposita clausola. Qualora contrattualmente previsto, il conduttore potrà avvalersene in qualsiasi momento, senza dover fornire alcuna giustificazione. Unico onere in capo al conduttore è dato dal rispetto del termine del preavviso.

Il recesso legale dal contratto di locazione commerciale, invece, ricorre a prescindere dall’esistenza di un’apposita clausola contrattuale. Tuttavia, il conduttore potrà avvalersene solo qualora ricorrano gravi motivi. La Giurisprudenza ha definito come gravi motivi i fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, che rendono oltremodo gravosa la prosecuzione del rapporto per il conduttore.

In tal caso, il conduttore che vorrà avvalersi del recesso, dovrà inviare apposita comunicazione al locatore (mediante raccomandata a/r o pec) e sarà tenuto ad indicare espressamente e in maniera specifica i gravi motivi a sostegno della propria decisione, che potranno così essere verificati dal locatore.

Dall’omessa indicazione dei gravi motivi o dall’insufficienza degli stessi deriva l’inefficacia della comunicazione di recesso e la conseguente prosecuzione del rapporto di locazione.

 

La disdetta

Come anticipato, in base a quanto disposto dall’art. 28, L. 392/1978, il contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo, arrivato alla scadenza, si rinnova tacitamente di ulteriori 6 o 9 anni, alle medesime condizioni, se non interviene disdetta.

La disdetta deve essere comunicata da una parte all’altra, mediante raccomanda a/r (o PEC), con un preavviso di almeno 12 mesi prima della scadenza, se si tratta di contratti dalla durata di 6 anni, o 18 mesi, se si tratta di contratti dalla durata di 9 anni.

La disdetta è una facoltà esercitabile da entrambe le parti, ma la legge pone dei limiti ben precisi al locatore che intenda esercitarla alla prima scadenza.

L’art. 28, comma 2, L. 392/1978 dispone che il locatore, alla prima scadenza contrattuale, possa esercitare la “facoltà di diniego della rinnovazione” solamente se ricorre uno dei motivi indicati nell’art. 29 (cfr. supra punto 5).

In particolare, il locatore potrà rientrare nel possesso dell’immobile già al termine della prima scadenza solo se intende:

  • adibire l’immobile ad abitazione propria, del coniuge, o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;
  • adibire l’immobile all’esercizio di un’attività intrapresa dallo stesso, dal coniuge, o dai parenti entro il secondo grado in linea retta;
  • demolire l’immobile per ricostruirlo o procedere ad integrale ristrutturazione o restauro. In tal caso, però, il locatore dovrà già disporre della relativa licenza o concessione;
  • ristrutturare l’immobile per rendere la superfice del locale conforme alle norme in vigore, a condizione che la ristrutturazione sia incompatibile con la permanenza del conduttore e sia già in possesso della relativa licenza per l’esecuzione delle opere.

Infine, per gli immobili adibiti all’esercizio di attività alberghiera, pensione o locanda, il locatore può negare il rinnovo se:

  • intende esercitare personalmente la medesima attività svolta dal conduttore, o farla esercitare dal coniuge, o dai parenti entro il secondo grado in linea retta;
  • se l’immobile è oggetto di un intervento in virtù di un programma comunale pluriennale, a condizione che abbia già a sue mani la relativa licenza o concessione.

Il locatore è tenuto a riportare esplicitamente nella lettera di disdetta, inoltrata al conduttore, il motivo posto a fondamento del rifiuto alla rinnovazione. L’omessa indicazione comporta la nullità della comunicazione e il conseguente rinnovo del contratto.

Il locatore, rientrato nel possesso dell’immobile, deve, entro 6 mesi, rispettare il motivo posto alla base della disdetta, dandone esecuzione.

In caso contrario, laddove il conduttore ne faccia richiesta, il locatore sarà tenuto a ripristinare il contratto di locazione. Al locatore potrà inoltre essere chiesto:

  • di provvedere al rimborso delle spese del trasloco e degli ulteriori oneri sopportati da conduttore;
  • di risarcire il danno richiesto dal conduttore (risarcimento che, però, non potrà essere superiore a 48 mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione).

Alla scadenza del secondo periodo contrattuale, il locatore può comunicare validamente la propria disdetta, senza che ricorra alcun particolare motivo. In tal caso sarà, però, tenuto a riconoscere al conduttore l’indennità per la perdita dell’avviamento, come di seguito meglio illustrato.

 

9. L’indennità per la perdita dell’avviamento nel contratto di locazione commerciale

Se il contratto di locazione commerciale cessa per disdetta del locatore, il conduttore ha diritto a percepire, ai sensi dell’art. 34 L. 392/78, un’indennità per la perdita dell’avviamento pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto. La misura di tale indennità varia in base all’attività esercitata:

  • ove tale attività rientri tra quelle previste dal primo comma dell’art. 27 L. 398/1978, sarà pari a 18 mensilità,
  • mentre sarà pari a 21 mensilità dell’ultimo canone di locazione corrisposto se l’attività esercitata all’interno dell’immobile è di natura alberghiera.

Tale indennità è dovuta ai sensi di legge e il conduttore è legittimato (ex art. 34, comma 3) a mantenere la detenzione dell’immobile anche successivamente alla scadenza del contratto, se il locatore non provvede al pagamento dell’indennità stessa.

Infine, occorre precisare che è illegittimo qualsivoglia accordo tra le parti che abbia ad oggetto la rinuncia preventiva del conduttore all’indennità per la perdita dell’avviamento.

È invece legittimo che il conduttore rinunci all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, a condizione che:

  • ciò avvenga successivamente alla conclusione del contratto, e quindi possa escludersi che il conduttore si trovi in una posizione di debolezza contrattuale;
  • la rinuncia del conduttore sia bilanciata da una valida contropartita offerta dal locatore.

L’indennità in oggetto non è invece dovuta quando l’attività esercitata all’interno dei locali concessi in locazione non prevede un contatto diretto con il pubblico.

È, inoltre, esclusa se la cessazione del rapporto deriva da disdetta o recesso del conduttore, per morosità dello stesso o nel caso in cui il conduttore sia sottoposto ad una procedura concorsuale (come, ad esempio, fallimento e concordato).

L’art. 34, comma 2, Legge 392/1978 pone a carico del locatore un’ulteriore indennità, pari a quella per la perdita dell’avviamento, da corrispondere al conduttore uscente, allorquando l’attività del nuovo locatore sia uguale o affine (poiché inclusa nella medesima tabella merceologica) a quella esercitata dal precedente conduttore e la nuova attività venga avviata entro 1 anno dalla cessazione del precedente rapporto di locazione.

Pertanto, al ricorrere di tali presupposti, il locatore sarà tenuto a versare al conduttore uscente un’indennità pari a 18 o 21 mensilità (in base all’attività esercitata) dell’ultimo canone di locazione percepito.

 

10. La fine del contratto di locazione: la riconsegna dell’immobile

A seguito della conclusione del contratto di locazione commerciale, il locatore deve consegnare l’immobile al conduttore in buono stato di manutenzione e in grado di servire per l’uso concordato tra le parti.

La consegna dell’immobile deve essere accompagnata anche dalla consegna delle pertinenze e degli accessori dello stesso. Nella prassi la consegna dell’immobile avviene con il rilascio delle chiavi da parte del locatore al conduttore.

È sicuramente opportuno redigere un verbale di consegna dell’immobile, contenente la descrizione dell’immobile, degli arredi e il loro rispettivo stato al momento di inizio della locazione. Il verbale, scritto e firmato dalle parti, viene allegato al contratto di locazione commerciale.

Il conduttore prende in consegna l’immobile, di cui diventa il custode, impegnandosi ad utilizzarlo con la diligenza del “buon padre di famiglia” e rispettando la destinazione pattuita nel contratto.

Al termine della locazione, il conduttore deve restituire la casa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso del bene in conformità del contratto.

Come detto, è opportuno descrivere in maniera dettagliata le condizioni dell’immobile all’inizio della locazione, per poi confrontare quanto scritto con le condizioni dell’immobile al termine della locazione.

In ogni caso al termine della locazione è fondamentale redigere un altro documento, il verbale di riconsegna. Alla fine della locazione, quindi, il conduttore deve restituire il bene nello stesso stato in cui l’ha ricevuto (descritto appunto nel verbale di consegna), salvo il normale deterioramento dovuto all’utilizzo.

Così come il verbale di consegna, anche il verbale di riconsegna dovrà contenere i dati delle parti e le informazioni sullo stato dei locali, degli impianti e degli arredi se presenti.

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