Separazione coniugi e comproprietà di immobile

Al momento dell'acquisto della nostra casa (cointestata) lui ha pagato circa un terzo del valore. La restante parte è stata versata da me al momento dell'acquisto (una quota) e accollandomi un mutuo per la restante quota. Abbiamo un figlio minore. Oggi voglio la separazione. Come posso evitare la vendita della casa, considerando che lui è il coniuge "debole" con reddito più basso e gran parte del suo capitale lo ha investito in questo immobile? La sua famiglia potrebbe sostenerlo vista la vicinanza, la mia è a più di 300 km di distanza.
Separazione divorzio e modifica delle condizioni (13/11/2017)
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Autore:
Avvocato Livia Achilli
Eredità e Successioni, Recupero Crediti, Sovraindebitamento, Immobili, Famiglia
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Risposta:
Precisiamo che in ipotesi di comproprietà della casa, l’altro comproprietario non può obbligarla a venderla, senza che ci sia un provvedimento giudiziario. Tale provvedimento può ottenersi solo con un’azione giudiziale di scioglimento della comunione (comproprietà) e quindi di divisione, avanzata dal soggetto che abbia intenzione di vendere. In generale, la disciplina del regime di separazione può essere effetto di due distinte iniziative. A. Separazione consensuale In tale ipotesi, i coniugi trovano tra loro un accordo volto a gestire sia il patrimonio comune/familiare, sia i rispettivi ed eventuali obblighi e diritti. Ad esempio i coniugi possono concordare tra loro a quale dei due rimanga il diritto di abitazione della casa, a chi spetti un assegno di mantenimento (o alimenti, che è teso a garantire solo un contributo per vitto ed alloggio), il collocamento della prole e la frequentazione ed il mantenimento della stessa. L’accordo sarà quindi frutto di un confronto tra i coniugi, senza che venga imposto dall’esterno. B. Separazione giudiziale In caso che i coniugi non siano d’accordo sulla volontà di separarsi ovvero sulle conseguenze patrimoniali ed economiche, colui che voglia comunque separarsi può adire il Tribunale con un ricorso giudiziale. Questo radica un procedimento, nel corso del quale ogni parte avanzerà le rispettive pretese e il Giudice, valutati i rispettivi patrimoni, il reddito, la condotta dei coniugi e le esigenze della prole, assumerà un provvedimento (sentenza) che disciplinerà tutto il regime di separazione. Consideri che l’orientamento della nostra giurisprudenza è ormai teso a eliminare l’assegno di mantenimento, se richiesto da uno dei due coniugi che abbia una capacità lavorativa (o addirittura una occupazione) e, soprattutto, una abitazione. *** Come spiegato, le variabili che concorrono a formalizzare la disciplina e quindi i diritti sorti con la separazione sono numerose, a partire dalla procedura che si assume (consensuale o giudiziale) e dalle rispettive capacità economiche dei coniugi. Suggeriamo, sia sotto il profilo dell’economica processuale, sia sotto il profilo della autonomia delle scelte, di valutare l’ipotesi della separazione consensuale. Con tale procedimento, oltre ad abbattere sensibilmente i costi e le spese del giudizio, sarete padroni e fautori della regolamentazione, che il tribunale (se non contraria alla legge o all’interesse della prole) si limiterà ad omologare. Proprio in questo contesto potrete trattare della volontà di vendere la casa, proponendo possibilmente al marito di assegnare allo stesso un diritto di abitazione esclusiva, così invitandolo a conservare la comune proprietà. Potrà altresì valutare la possibilità di liquidare la quota di suo marito - nel contesto dell’accordo di separazione consensuale - acquistando la proprietà integrale del bene.
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