Contributo al mutuo del convivente. Si può chiedere la restituzione?
Osserviamo come la fattispecie richieda di distinguere due profili.
Il primo, riguarda la proprietà dell'immobile che, acquistata da Lei, può essere modificata solo ed esclusivamente tramite un atto pubblico (compravendita, donazione), ovvero avanti un notaio e non in automatico per la partecipazione o aiuto della Sua compagna alle spese (nel caso di specie, al mutuo).
Per cui, sin d’ora, ci sentiremmo di escludere che in ipotesi di futuro conflitto vertente sulla partecipazione al pagamento del mutuo da parte della compagna, possa essere in discussione la proprietà dell’immobile.
Quanto all’ulteriore aspetto, ovvero il contributo economico della compagna, si impongono alcune osservazioni.
Innanzitutto, versiamo in ipotesi di una convivenza, contesto nel quale i versamenti economici delle parti sono da considerarsi specialmente obbligazioni naturali.[1]
Si tratta di obbligazioni sostenute per il fatto di vivere un determinato contesto che per la sua natura le rende fisiologiche e non fonte di debito/restituzione (in ogni famiglia - di norma - i componenti contribuiscono economicamente, senza "chiedere indietro" i soldi utilizzati).
V'è poi da considerare che, per quanto le somme versate dalla compagna possano essere imputate al mutuo, di fatto anche la stessa sta utilizzando l'appartamento e potrebbe leggersi come un’ “indennità” o contributo per il godimento del bene altrui (ossia, Suo).
In una eventuale disputa futura, tuttavia e per chiarezza, non è escluso che la compagna possa pretendere, almeno in parte, la restituzione di quanto corrisposto.
Fermo restando che in ogni relazione di convivenza e familiare ognuno (sul modello codicistico del matrimonio civile) debba contribuire anche economicamente in proporzione alle proprie possibilità alla vita familiare, la compagna potrebbe limitarsi a richiedere una parziale restituzione delle somme ritenute in eccesso rispetto alla durata della relazione (ad es. “ho versato 50.000,00 € per contribuire al mutuo e alla vita in comune, ma la relazione si è interrotta dopo un anno”).
In concreto, in risposta alla Sua domanda, si osserva come sia necessaria una valutazione caso per caso, tenendo fermi i principi di proporzionalità di quanto versato rispetto alle capacità economiche dei conviventi.
Ad esempio, non si ritengono ripetibili (da restituire) per la nostra giurisprudenza quelle somme versate dalla compagna per sostenere la quotidianità della vita in comune, le spese condominiali, la rata del mutuo una tantum(o versata davvero di rado), mobilio e quant’altro caratterizzi spese ordinarie e quotidiane.
In effetti, invece, il mutuo è una spesa più radicale e arricchisce con una certa incisività il patrimonio del beneficiario: sul punto, non è escluso che la compagna che abbia contribuito possa chiedere, vedendosi accordata la richiesta, indietro parte di quanto versato (dedotto, riteniamo, l’importo riferibile al periodo durante il quale la stessa abbia goduto dell’immobile).
Un accorgimento potrebbe consistere nel prevedere per iscritto (anche con un contratto di convivenza) che gli importi versati dalla compagna siano di fatto ed in concreto destinati alle spese di sostentamento quotidiano e non direttamente all'obbligazione con la banca, onde evitare in futuro vertenze sul mutuo, voce più "ripetibile".
c.c. art. 2034. Obbligazioni naturali.
Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato [c.c. 590, 627, 1185] in esecuzione di doveri morali o sociali