Mantenimento dei figli: cosa è e come funziona. Guida breve (2022)
I genitori hanno un obbligo di mantenimento verso i figli minorenni e - a determinate condizioni - verso i figli maggiorenni.
I genitori sposati, non sposati o in costanza di convivenza sono tutti obbligati al mantenimento.
Il mantenimento dei figli è, infatti, un obbligo di legge: il “figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.”[1]
Fino a che il figlio non raggiunga l’autosufficienza economica, i genitori dovranno garantirgli i mezzi di sussistenza necessari, per assecondare le sue aspirazioni (di studio e professionali).
Quanto sopra sempre nel precipuo interesse dei figli.
L’obbligo riguarda sia il padre che la madre: ogni genitore - in proporzione alle proprie capacità reddituali e di patrimonio - deve concorrere a mantenere il figlio, a prescindere dai compiti domestici svolti.
Il termine mantenimento dei figli riassume quindi due concetti:
- mantenimento: obbligo di legge irrinunciabile del genitore verso il figlio;
- assegno di mantenimento: strumento in caso di separazione o divorzio o in generale di disgregazione del nucleo familiare, teso a stabilire chi, secondo quali tempistiche e quale importo sia tenuto a corrispondere direttamente denaro per i figli.
Indice:
- Mantenimento figli: coppia sposata e coppia non sposata
- Disgregazione del nucleo familiare, separazione, divorzio e accordo sul mantenimento dei figli
- Cosa succede se i genitori non riescono a mantenere i figli?
- Mantenimento (ordinario e straordinario) dei figli: in cosa consiste?
- Fin quando dura il mantenimento dei figli?
- Mantenimento figli maggiorenni
- Determinare l’importo dell’assegno di mantenimento
- Modifica dell’assegno di mantenimento
- Esempio di calcolo dell’assegno di mantenimento
1. Mantenimento figli: coppia sposata e coppia non sposata
Tutti i genitori sono obbligati a mantenere i figli: il dovere spetta sia ai genitori sposati, sia a quelli separati sia ai conviventi.
Il mantenimento del figlio è quindi un dovere che sorge indipendente dal tipo di relazione esistente tra i genitori.
Nei nuclei familiari contraddistinti dalla stabilità tipica del matrimonio o della convivenza fissa e continuativa, il mantenimento è uno strumento naturale, che non ha bisogno di essere determinato a priori o, meglio, messo sulla carta.
Nella vita comune, infatti, può capitare che il padre lavori e contribuisca con il proprio reddito e che la madre sia casalinga e dedichi la maggior parte del suo tempo ai figli. Sono entrambe forme di mantenimento.
Allo stesso modo entrambi i genitori potrebbero lavorare e sia l’uno sia l’altro contribuiranno proporzionalmente alle spese di casa e di utenze, al vitto, all’abbigliamento per i minori, alle spese scolastiche e mediche, unendo i propri patrimoni e redditi nello sforzo comune di crescere i figli.
2. Disgregazione del nucleo familiare, separazione, divorzio e accordo sul mantenimento dei figli
Fin quando il nucleo familiare abbia la stabilità tipica delle famiglie unite, non si pone il tema di specificare sulla carta gli obblighi di mantenimento dei figli, poiché è un impegno che viene sostenuto quotidianamente e spesso senza distinzioni tra i genitori.
La necessità di esplicitare dei termini e delle condizioni in relazione all’assegno di mantenimento sorge quando il nucleo familiare si disgrega per la crisi della coppia genitoriale.
Normalmente l’effetto della crisi comporta che un genitore si allontani dalla casa familiare e affiora quindi la necessità di definire in quali termini, precisi e vincolanti, ogni genitore debba provvedere al mantenimento dei figli.
Dopo la separazione consensuale o giudiziale, il divorzio e la rottura della convivenza tra i genitori i figli hanno il diritto di mantenere il medesimo tenore di vita goduto in costanza di convivenza tra i genitori.[2]
Infatti, pur con la disgregazione del nucleo familiare “Continua a trovare applicazione il principio sancito dall’art. 315-bis c.c., che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fin quando l’età dei figli lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione”.[3]
Questo assetto può conseguirsi:
- su accordo dei coniugi
- con provvedimento del Tribunale (sentenza giudiziale o omologa dell’accordo).
I genitori conviventi, non sposati, per sciogliere il proprio vincolo potranno semplicemente allontanarsi dalla casa familiare, senza provvedimento di un giudice (di separazione o divorzio) e quindi non saranno obbligati a formalizzare davanti a una Autorità la disciplina di mantenimento dei figli.
I genitori sposati, in sede di separazione o divorzio, dovranno invece affrontare formalmente questo tema.
Infatti, il Giudice prima di omologare la separazione o emettere sentenza, dovrà e vorrà accertarsi che gli accordi tutelino il miglior interesse dei figli minori, ai quali deve sempre essere garantito un mantenimento adeguato ed efficace.
L’accordo dei genitori è un buono strumento, per evitare lunghi conflitti giudiziali, ma deve rispondere a determinate condizioni, sempre tese a tutelare i figli.
Un accordo, infatti:
- non può escludere che vi sia il mantenimento dei figli;
- non può escludere che un genitore vi provveda.
Anche in sede giudiziale, un accordo tra genitori considerato dal Giudice penalizzante per i figli, può essere rivisto, aumentando l’obbligazione di pagamento in favore della prole.
L’accordo dei genitori sul mantenimento dei figli è uno strumento percorribile, ed anzi auspicabile, ma sempre sottoposto alla valutazione del Tribunale, che, esaminati redditi e patrimoni dei genitori e valutate le esigenze dei minori, può modificarlo.
Ad esempio, il Tribunale difficilmente omologherà un accordo che ponga in capo ad un solo genitore il mantenimento dei figli, anche se motivato dalle enormi ricchezze del genitore obbligato.
Provvedere ai figli minori è quindi, fin tanto che non raggiungano una autosufficienza economica[4], un onere ed un obbligo solidale di entrambi i genitori.
3. Cosa succede se i genitori non riescono a mantenere i figli?
Se entrambi i genitori si trovano in oggettive difficoltà economiche e non riescono a provvedere al mantenimento dei figli, possono essere chiamati i nonni, per contribuire alle esigenze dei nipoti.
In questo caso non si tratta di mantenimento in senso stretto, ma più correttamente di alimenti.
Per alimenti[5] (5) intendiamo il contributo economico destinato esclusivamente a garantire le esigenze primarie di sostentamento, quindi vitto, alloggio e, se necessarie, spese mediche.
È uno strumento più limitato rispetto al mantenimento e rientra nello schema di solidarietà familiare.
Come premesso, l’obbligo dei nonni può sorgere solo nel caso in cui entrambi i genitori non possano provvedere al mantenimento dei figli.
Se anche un solo genitore, con il proprio reddito, fosse in grado di garantire ai minori la soddisfazione delle loro esigenze, non potrebbero essere coinvolti i nonni.
In tal senso l’obbligazione pecuniaria dei nonni è di natura sussidiaria rispetto all’obbligo dei genitori.
4. Mantenimento (ordinario e straordinario) dei figli: in cosa consiste e come funziona
- Mantenimento ordinario.
Concretamente il mantenimento dei figli, in caso di separazione e divorzio, consiste nel versamento di un assegno periodico, ossia a cadenza mensile di una somma di denaro, come determinata dal Giudice o dall’accordo delle parti, di norma sul conto corrente del genitore collocatario, ossia del genitore che vive regolarmente con i figli.
È questo il contributo al mantenimento ordinario, ovvero stabilito considerando quelle esigenze prevedibili, costanti e determinabili al momento della separazione (o del divorzio).
Le spese ordinarie sono pertanto quelle spese di tutti i giorni e necessarie: vitto, alloggio, vestiario, alcune voci di spesa richieste (e sempre predeterminabili) per gli studi.
Quando al figlio maggiorenne spetti ancora il mantenimento, perché non abbia ancora raggiunto l’autosufficienza economica, e viva con il genitore collocatario, il mantenimento può essere versato direttamente a mani del figlio stesso.
Il mantenimento dei figli può realizzarsi anche mediante il trasferimento di beni mobili o immobili: bisogna evidenziare, che tale forma di pagamento non preclude tuttavia eventuali e successive richieste patrimoniali della prole.
È rilevante segnalare che i trasferimenti di immobili determinati nella separazione consensuale tra coniugi beneficiano di esenzione fiscale: non rileva che tali accordi siano “solo occasionalmente generati dalla separazione ovvero che non siano connessi all’affidamento dei figli, al loro mantenimento e a quello del coniuge, o al godimento della casa familiare”.[6]
- Mantenimento straordinario.
I genitori dovranno anche provvedere alle spese di mantenimento definite straordinarie.
Sono spese straordinarie quelle spese impossibili o difficili da determinare e prevedere, nel loro ammontare e nella loro evenienza, al momento della separazione e del divorzio.
I nostri Tribunali hanno previsto un elenco piuttosto completo delle spese che rientrino in questo regime.[7]
Pensiamo, ad esempio, alle spese odontoiatriche, oculistiche, mediche specialistiche in generale, o ancora alle spese per le vacanze o per corsi di formazione (lingua straniera, specializzazione negli studi, vacanze studio).
Tali voci di spesa, al momento della separazione, non è detto si verificheranno in futuro e non è in ogni caso noto in anticipo l’importo.
In tal caso i coniugi (o il Tribunale) prevedono un criterio generale, nel caso in cui dovesse verificarsi l’esigenza di sostenerle: le spese si pongono in via anticipata pro quota in capo a ciascun genitore.
Per prassi la misura delle spese di mantenimento è fissata nel 50% per ogni genitore: non è questa una regola assoluta ed inderogabile.
Genitori o Giudice possono stabilire che un genitore contribuisca in misura superiore al 50% alle spese straordinarie.
Affrontare e sostenere le spese straordinarie, presuppone che entrambi i genitori siano d’accordo.
Ad esempio, se una prestazione medica possa essere garantita ugualmente dal Servizio Sanitario Nazionale e da un privato, la scelta del privato, e il relativo costo maggiore, deve essere frutto di un accordo tra i genitori.
Così vale per una vacanza studio, piuttosto che, ad esempio, per l’iscrizione ad un corso di equitazione o di lingua straniera.
Il genitore che si impegni alla spesa straordinaria senza il consenso dell’altro, potrebbe essere tenuto a sostenerla in via esclusiva.
L’eccezione è costituita dal carattere necessario e che risponda al primario interesse del figlio: in tal caso, anche ove vi sia disaccordo, il genitore che abbia anticipato la spesa, potrà richiederne parte all’altro genitore.[8]
5. Fin quando può durare il mantenimento dei figli?
Non è previsto dalla legge un termine tassativo, oltre il quale il mantenimento dei figli non sia più dovuto.
Come accennato nel presente articolo, i genitori sono obbligati a mantenere i figli minorenni e, in taluni casi, anche i figli di maggiore età.
È quindi da chiarire fino a che età i genitori siano obbligati a mantenere i figli, in quanto il compimento dei 18 anni del figlio non è condizione che esoneri i genitori dall’obbligo di mantenimento in favore del figlio.
Il criterio individuato, per determinare se il figlio abbia diritto a ricevere il contributo è l’autosufficienza economica.
Una volta raggiunta l’indipendenza economica, ossia una propria capacità concreta di produrre reddito tale da autosostentarsi, il figlio non ha più diritto di richiedere e ricevere il mantenimento.
6. Mantenimento figlio maggiorenne
È ricorrente l’ipotesi in cui il figlio raggiunta la maggiore età, intenda proseguire gli studi e/o intraprenda un percorso professionale, che inizialmente non gli garantisca mezzi economici sufficienti per mantenersi.
È questa la condizione del figlio maggiorenne che ha ancora diritto al mantenimento da parte dei genitori.
Quando non è dovuto il mantenimento di un figlio maggiorenne? Nell’ipotesi in cui la mancanza di mezzi del maggiorenne sia una conseguenza della sua inerzia o pigrizia.
Il mantenimento a favore del figlio maggiorenne è infatti dovuto finché il figlio non trovi una occupazione lavorativa corrispondente alle sue capacità ed alla sua istruzione, fatto salvo che la mancanza di autosufficienza economica non sia appunto dovuta a sua colpa.
Per avere diritto al mantenimento l’ultra diciottenne deve dimostrare che l’assenza o insufficienza di reddito dipenda da:
- scelte costruttive (prosieguo del percorso scolastico, avviamento nel mondo del lavoro) o
- oggettiva difficoltà a conseguire una occupazione lavorativa nonostante l’impegno nel reperirla.
Tale schema vuole evitare di premiare i figli oziosi, che si accontentino di vivere in eterno sulle spalle dei genitori.
Il dovere dei genitori di mantenere il figlio maggiorenne decade, quando questi consegua una occupazione lavorativa o in ogni caso sia in grado di mantenersi da solo.[9]
Al di là dell’effettivo raggiungimento della indipendenza economica, i nostri Giudici hanno individuato (anche se non codificato) un limite di età, oltre il quale il mantenimento del figlio maggiorenne si presuppone irragionevole e non fondato.
Questo limite è stato individuato nei 34 anni di età.
La ragione di questo termine è stata perfettamente resa dall’ordinanza emessa dal Dott. Giuseppe Buffone del Tribunale di Milano[10], che spiegava come la funzione del mantenimento risiedesse nel garantire ai figli un percorso formativo ed educativo che, per ragioni di esperienza e statistica, si intende certamente debba essere concluso non oltre i 34 anni.
7. Determinare l’importo dell’assegno di mantenimento
Stabilito che entrambi i genitori sono tenuti a mantenere il figlio minorenne e il figlio maggiorenne non autosufficiente, che dimostri che lo stato di dipendenza economica non dipenda da sua colpa, è necessario specificare quali siano i criteri, per determinare l’ammontare del mantenimento e in particolare dell’assegno.
Specifichiamo che le seguenti considerazioni valgono anche per il calcolo del mantenimento dei figli di genitori non sposati.
I parametri individuati ed utilizzati sono i seguenti.
- Le esigenze del figlio.
Il mantenimento deve garantire non solo le basilari esigenze di vitto ed alloggio, necessarie ad ogni essere umano.
Nel complesso, il mantenimento deve rispondere ad una “molteplicità di esigenze”[11], a partire da una “stabile organizzazione domestica”, capace di “rispondere a tutte le necessità di cura ed educazione.”
Il contributo dei genitori deve quindi sostenere il figlio nello sviluppo delle proprie inclinazioni – ad esempio nell’ambito degli studi o della formazione professionale -, assicurare l’educazione, le esigenze sanitarie, nonché i momenti di relazioni sociali.
- Tenore di vita
Concorre alla determinazione della misura dell’assegno di mantenimento anche il tenore di vita vissuto dai figli fintanto che i genitori erano ancora sposati o stabilmente conviventi.
La disgregazione del nucleo familiare non deve pertanto comportare un pregiudizio per i figli, concretizzato in un peggioramento della qualità della vita, delle opportunità di studio o formazione o, ancora, nella limitazione dello sviluppo delle relazioni sociali.
- Capacità economiche dei genitori.
Stabilito che i genitori siano onerati dall’obbligo di mantenimento dei figli, nella misura di tale obbligo concorre anche la valutazione delle possibilità economiche dei genitori.
È comprensibile come non si possa imporre ad un genitore il pagamento a titolo di mantenimento del figlio di una somma insostenibile, poiché superiore rispetto al reddito del pagante e che comprometta le possibilità di una vita decorosa e sostenibile per lo stesso genitore.
Unitamente agli altri criteri andranno pertanto valutate le ricchezze dei genitori e quindi il reddito e il patrimonio (mobiliare ed immobiliare) e dovrà sussistere una proporzione tra tali voci e la misura del mantenimento.
- I termini di permanenza presso i genitori.
Sulla misura dell’assegno di mantenimento versato da un genitore all’altro a beneficio del figlio, incide il tempo trascorso stabilmente dal figlio con l’uno o con l’altro genitore.
Con un esempio pratico, che vede il figlio collocato in via esclusiva presso la mamma e che frequenti il papà solo un giorno alla settimana, l’assegno di mantenimento versato dal padre avrà un importo superiore, rispetto all’ipotesi in cui il figlio trascorra lo stesso tempo con mamma e papà.
È infatti oggettivo come la permanenza stabile di un figlio presso un genitore comporti dei costi quotidiani ed ordinari per questo, che l’altro genitore non collocatario non sostiene.
L’assegno di mantenimento deve andare ad equilibrare tale sbilanciamento e pareggiare il contributo tra i genitori.
Anche se il figlio trascorra periodi di pari durata con entrambi i genitori, non è escluso che il genitore titolare di un reddito o di un patrimonio più ricco, sia tenuti a versare un assegno di mantenimento.[12]
8. Modifica all’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento:
- è suscettibile di revoca;
- è suscettibile di modifica.
Come spiegato, raggiunto un particolare limite di età del figlio o modificate le condizioni che giustificano il pagamento dell’assegno, il genitore non è più obbligato al versamento.
Può quindi accadere che il figlio trovi un lavoro, o che il genitore pagante sia licenziato o sia costretto a sostenere uscite superiori rispetto all’epoca di determinazione dell’assegno.
Il mantenimento è pertanto soggetto a revoca, a riduzione o – in taluni altri casi – anche ad aumento.
Trattiamo, infatti, di una obbligazione di pagamento che è determinata sulla scorta delle condizioni economiche del pagante e di bisogno del beneficiario, che sussistono al momento della decisione.
Se tali condizioni cambiano, può cambiare anche l’importo dello stesso assegno o persino essere escluso l’obbligo di versarlo.
La modifica non può mai essere decisa e praticata unilateralmente dal genitore pagante, anche se si verifichino condizioni oggettivamente diverse rispetto all’inizio.
Per la modifica dell’assegno di mantenimento è sempre necessario rivolgersi al Tribunale, che valuterà la sussistenza delle condizioni modificate, la portata di queste sull’obbligo di pagamento e, nel caso, accerterà la revoca o la diminuzione dell’assegno.
In determinati casi è possibile che l’assegno sia addirittura migliorativo.
È, infatti, possibile che la capacità reddituale o il patrimonio del genitore pagante godano di un arricchimento e di conseguenza sia stabilito a beneficio dei figli, sempre su richiesta o del genitore che viva con gli stessi, un contributo al mantenimento superiore rispetto a quello predeterminato.
9. Esempio di calcolo dell’assegno di mantenimento
Si precisa che non esistono dei criteri di calcolo dell’assegno espressamente indicati dalla legge, ma i giudici di solito applicano dei criteri di massima, tenendo conto di quanto previsto dalla legge e dagli orientamenti giurisprudenziali prevalenti; allo scopo, essi tengono conto sia redditi percepiti da ciascuno dei due coniugi (incluse eventuali rendite finanziare), sia del valore locativo mensile di eventuali proprietà immobiliari, ivi compresa l’incidenza dell’assegnazione della casa coniugale e il numero dei figli a carico e conviventi.
Partendo dai criteri indicati dalla legge e dalla giurisprudenza maggioritaria, alcuni Tribunali hanno elaborato dei loro parametri di calcolo (c.d. Tabelle mantenimento figli), che conducono ad un criterio di liquidazione di massima di un assegno pari ad un quarto del presunto reddito dell’obbligato (in ipotesi di assegnazione della casa coniugale al coniuge richiedente) ovvero pari ad un terzo (nella più rara ipotesi di non assegnazione) che, però, potrà essere rispettato, solo dopo aver opportunamente soppesato la complessiva situazione patrimoniale evidenziata in giudizio.
Ad esempio, con riferimento al mantenimento di un figlio da parte di genitore con uno stipendio di 1500 euro, ipotizzando che al genitore collocatario della prole e assegnatario della casa coniugale non venga riconosciuto alcun assegno di mantenimento, la liquidazione del contributo al mantenimento dei figli potrà prevedere, in una situazione di reddito medio (operaio/impiegato: € 1500,00 mensili per 13 o 14 mensilità) e sempre che non vi siano particolari condizioni da valutare (si pensi a proprietà immobiliari, depositi o conti correnti di una certa entità), una quantificazione dell’assegno di questo tipo:
– in presenza di un solo figlio: circa il 25 per cento del reddito;
– in presenza di due figli: 40 per cento del reddito;
– in presenza di tre figli: assegno pari al 50 per cento del reddito.
Si tratta, in ogni caso, di esemplificazioni che, nelle dovute proporzioni, possono applicarsi anche a situazioni di redditi ben più alti. Infatti, per la quantificazione dell’assegno di mantenimento dovuto ai figli, la capacità economica di ciascun genitore va determinata con riferimento al patrimonio complessivo di entrambi, costituito, oltre che dai redditi di lavoro, da ogni altra forma di reddito o utilità (come ad esempio il valore dei beni mobili o immobili posseduti, le quote di partecipazione societaria, altri proventi di qualsiasi natura).
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Note:
[1] art. 316bis codice civile: “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.”
[2] Il mantenimento del medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio dei genitori costituisce tuttavia un criterio astratto, dovendo essere in concreto “valutato in relazione a quello che i genitori sono in grado di dare in ragione della loro situazione economica in ogni periodo della loro vita” (Cass. 20/06/2011, n. 13459).
[3] Cass. 22/03/2005, n. 6197, in Mass. Giust. civ., 2005 da Famiglia, patrimonio e passaggio generazionale, p. 353, Avv. Prof. Carlo Rimini, Guide Giuridiche Ipsoa, Wolters Kluwer Italia, 2020.
[4] Le Nuove Leggi Civili Commentate, n. 2, 1 marzo 2019, Commento alla normativa Barbara Toti:
L’autosufficienza economica può essere raggiunta in vari modi: con la costituzione di una propria famiglia (importante scelta di vita che farebbe presumere il conseguimento dell’autosufficienza, purché si tratti di un nucleo familiare economicamente autonomo), con l’acquisto a titolo gratuito di un patrimonio personale (donazioni, eredità, vincite fortunate, ecc.), ovvero, come di solito avviene, con lo svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, con appropriata collocazione sociale: in questi ultimi casi, poi, perdurando la convivenza con i genitori, il figlio dovrebbe contribuire, in relazione alle proprie capacità, sostanze e reddito, ai bisogni della famiglia.
[5] Art. 433 codice civile. All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti nell'ordine:
1) il coniuge
2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti.
[6] Famiglia, patrimonio e passaggio generazionale, p. 357-358, Avv. Prof. Carlo Rimini, Guide Giuridiche Ipsoa, Wolters Kluwer Italia, 2020
Cass. 17/02/2016, n. 3110: Gli atti di trasferimento immobiliare contemplati negli accordi di separazione consensuale tra coniugi godono dell’esenzione fiscale, senza che rilevi che gli stessi siano solo occasionalmente generati dalla separazione ovvero che non siano connessi all’affidamento dei figli, al loro mantenimento e a quello del coniuge, o al godimento della casa familiare.
Tenuto conto dell’autonoma causa che connota i trasferimenti immobiliari in questione la S.C. ha escluso l’applicabilità a tali negozi del regime tributario proprio degli atti di trasferimento immobiliare (Cass. 30/05/2005, n. 11458, in Fam. e dir., 2006, p. 83; cfr. anche Cass. 21/02/2006, n. 3747; Cass. 23/09/2013, n. 21736, cit.).
[7] Linee guida del Tribunale di Milano sulle spese straordinarie:
- spese mediche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) visite specialistiche prescritte dal pediatra o medico curante; b) cure dentistiche presso strutture pubbliche; c) trattamenti sanitari prescritti dal medico di base/ specialista ed erogati dal Servizio Sanitario Nazionale; d) ticket sanitari; e) occhiali o lenti a contatto per uso non cosmetico se prescritte dallo specialista; f) farmaci prescritti dal medico curante/ pediatra di base o dallo specialista anche se non coperti dal Servizio Sanitario Nazionale;
- spese mediche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) cure dentistiche, ortodontiche e oculistiche presso strutture private; b) cure termali e fisioterapiche; c) trattamenti sanitari non erogati dal Servizio Sanitario Nazionale, ovvero previsti dal Servizio Sanitario Nazionale ma effettuati privatamente; d) farmaci omeopatici;
- spese scolastiche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) tasse scolastiche e universitarie per la frequentazione di istituti pubblici; b) libri di testo; c) materiale di corredo scolastico di inizio anno comprensivo anche della dotazione richiesta dalla scuola per attività sportiva rientrante nella ordinaria programmazione didattica; d) dotazione informatica ( pc/ tablet) imposta dalla scuola ovvero connessa al programma di studio differenziato (BES); e) assicurazione scolastica; f) fondo cassa richiesto dalla scuola; g) gite scolastiche senza pernottamento; h) spese per mezzi di trasporto pubblico (bus/treno) dal luogo di residenza all’istituto scolastico;
- spese scolastiche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) tasse scolastiche e universitarie per la frequentazione di istituti privati; b) gite scolastiche con pernottamento; c) corsi di recupero e lezioni private; d) corsi di specializzazione/ master e corsi post universitari in Italia e all’estero; e) alloggio presso la sede universitaria;
- spese extrascolastiche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) tempo prolungato, pre-scuola e dopo-scuola; b) centro ricreativo estivo (oratorio, grest, campus organizzati da scuole pubbliche o da enti territoriali);
- spese extrascolastiche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) corsi di lingue; b) corsi di musica e strumenti musicali; c) attività sportive e pertinente abbigliamento e attrezzature (comprese le spese per iscrizioni a gare e tornei); d) spese per attività ludiche e ricreative (pittura, teatro, boy- scout) e) baby sitter; f) viaggi studio in Italia e all’estero, stage sportivi e vacanze senza i genitori; g) spese per conseguimento delle patente di guida (corso e lezioni); h) acquisto e manutenzione (comprensivo di bollo e assicurazione) per il mezzo di trasporto dei figli;
Avuto riguardo alle spese straordinarie da concordare, il genitore, a fronte di una richiesta scritta dell’altro, dovrà manifestare un motivato dissenso per iscritto nell’immediatezza della richiesta (massimo 10 gg.); in difetto il silenzio sarà inteso come consenso alla richiesta.
Il genitore anticipatario delle spese dovrà inviare (a mezzo raccomandata o e mail con prova di avvenuta ricezione) all’altro genitore la documentazione comprovante l’esborso sostenuto entro 30 giorni. Il rimborso dovrà avvenire entro i 15 giorni successivi alla richiesta.
[8] Cassazione civile, sez. VI ord. n. 1070/2018
Perché sorga il diritto al rimborso delle spese straordinarie di mantenimento dei figli – che si identificano in quelle spese che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita della prole – non è necessario che l'esborso sia stato previamente concordato tra i genitori, ma solo che esso risponda al superiore interesse del/i minore/i. -
[9] Cassazione civile, sez. I, sent. n. 30491/2019.
La cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell'avente diritto.
[10] Trib. Milano, sez. IX, ord. n. 16105/2016
In forza dei doveri di autoresponsabilità che su di lui incombono, il figlio maggiorenne non può pretendere la protrazione dell’obbligo al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché “l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione”(Cass. civ., 20 agosto 2014 n. 18076).
[11] Cassazione civile, sez. VI, ord. n. 25134/2018.
[12] Studium Iuris, n. 7-8, 1 luglio 2019, Dottrina di Paolo Doria
In relazione ai tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore bisogna valutare se sia disposta una collocazione prevalente. Ma anche ove fosse disposto il collocamento paritario, si potrebbe giustificare ugualmente la richiesta di un assegno di mantenimento, soprattutto in considerazione degli ultimi due parametri del comma 4 dell’art. 337-ter (ndr, le risorse economiche di entrambi i genitori e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.)
Nel caso in cui le risorse economiche dei genitori fossero assolutamente sproporzionate, dovrebbe essere disposto un maggiore contributo al mantenimento dei figli a carico del coniuge più facoltoso.