I bambini non possono essere costretti a incontrare e frequentare un padre violento. La Sentenza della Corte Europea.

Introduzione.

 

I bambini non possono essere costretti a incontrare e frequentare un padre violento.

Una madre divorziata non può quindi essere obbligata a far frequentare ai propri figli il padre, se la frequentazione con questo rappresenti un pericolo per l’incolumità psichica e fisica dei minori.

La violenza domestica (maltrattamenti familiari) esercitata dall’ex coniuge sui figli e - in generale - la mancanza di sicurezza e protezione per i minori in occasione degli incontri con il genitore, giustificano il rifiuto della madre alla frequentazioneprogrammata con il padre e possono escludere il rispetto del principio di bigenitorialità.

La legge italiana la bigenitorialità nell’art.337 ter cc, che dispone come “i figli minorenni hanno diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, a ricevere da ciascuno di essi cure, educazione e assistenza morale […]”.

Tuttavia, la bigenitorialità non è un dogma: opera invece a condizione che corrisponda al miglior interesse del minore.

Se il rapporto con un genitore è pregiudizievole per il figlio minore, e quindi per il suo armonioso sviluppo psicofisico nonché per la sua stessa incolumità, non deve, né può essere asetticamente imposto.

 

Indice.

  1. Il rapporto dei figli con i genitori è da tutelare, solo se non sia pregiudizievole per i minori.
  2. Le norme di riferimento internazionale.
  3. Il caso esaminato dalla Corte Europea.
  4. Conclusioni

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1. Il rapporto dei figli con i genitori è da tutelare, solo se non sia pregiudizievole per i minori.

I principi riassunti nell’introduzione sono stati affermati in una causa contro lo Stato italiano avanti la CEDU - Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.[1]

La Corte Europea ha infatti, condannato l’Italia che, sotto la propria giurisdizione:

- dichiarava la decadenza dalla responsabilità genitoriale di una madre, che si opponeva alla frequentazione dei figli con il padre in quanto soggetto violento e pericoloso per gli stessi;

- non adottava le misure idonee (ambiente adeguato e protetto, presenza di professionisti psicologi) a garantire la sicurezza e la serenità dei minori in occasione degli incontri protetti previsti con il padre.

In concreto, i Tribunali italiani erroneamente anteponevano la tutela astratta della cogenitorialità (o bigenitorialità) e quindi la necessità astratta che i bambini frequentassero entrambi i genitori, emarginando l’opportuna valutazione che il rapporto con uno dei due genitori fosse, concretamente, pregiudizievole e persino pericoloso per i figli.

Passaggio significativo della decisione della Corte Europea è la censura della decisione della Corte d’Appello di Roma, che confermava il provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre emesso dal Tribunale, poiché, opponendosi alle visite protette dei figli con il padre, avrebbe violato il diritto alla cogenitorialità (o bigenitorialità).

I tribunali italiani ritenevano la madre non idonea al proprio ruolo genitoriale, per avere ostacolato il rapporto dei figli minori con il padre.

La Corte Europea ha quindi risposto a queste domande, che ci poniamo anche nel nostro articolo:

può una madre essere ritenuta non idonea rispetto al proprio ruolo genitoriale, per opporsi alla frequentazione dei figli con il genitore (il padre, nel caso) violento e pericoloso?

Deve in ogni caso prevalere la conservazione del rapporto dei minori con entrambi i genitori, anche quando concretamente uno dei due sia violento e pericoloso per i figli?

In particolare, la Corte Europea ha affermato la propria preoccupazione “circa l'esistenza di una pratica, molto diffusa tra i tribunali civili (italiani, nds), di ritenere che le donne che invocano atti di violenza domestica, si rifiutino di partecipare agli incontri dei figli con l'ex coniuge e si oppongano a condividere l'affidamento con lui, come genitori “non collaborativi” e quindi “madri inadatte” meritevoli di sanzione.”[2]

Alle domande sopra riassunte la Corte ha quindi risposto in senso decisamente negativo.

La bigenitorialità, e quindi il diritto/dovere di mantenere per entrambi i genitori un rapporto con i figli non è applicabile in astratto e a prescindere, ma solo se e quando sia un beneficio, un arricchimento emotivo e un sostegno al sereno e armonioso sviluppo psicofisico del minore e non un pregiudizio.

Per effetto di questa legittima considerazione, è del tutto condannata la pratica dei nostri Tribunali di definire – e punire - come “genitore non collaborativo” quella madre che, eccepite le condotte violente del padre e pregiudizievoli per i figli, si opponga ai contatti tra lo stesso e i minori.

Il parametro da assumersi nella valutazione di casi che debbano esaminare la tutela e la conservazione del principio di bigenitorialità è, esclusivamente, quello del miglior interesse del minore.

Solo se la frequentazione con entrambi i genitori corrisponda a un effettivo interesse (quindi un beneficio) dei figli, non deve essere ostacolata o impedita.

Diversamente, se la frequentazione con l’uno o l’altro genitore, perché violento o non idoneo, costituisca un pregiudizio per i figli, non può né deve essere considerata “ostativa” la condotta dell’altro genitore, che si opponga alla frequentazione.

2. Le norme di riferimento internazionale.

La Corte Europea ha quindi ritenuto violato, nel caso di specie, l’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.

La Convenzione dispone infatti che “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare […]”.

La Corte ha infatti espresso che “i giudici nazionali devono svolgere un esame approfondito della situazione familiare nel suo insieme e di tutta una serie di elementi, in particolare di natura fattuale, affettiva, psicologica, materiale e medica, ed effettuare una valutazione equilibrata e ragionevole dei rispettivi interessi di ciascuno”.È quindi affermato che deve essere operato un giudizio di bilanciamento tra la conservazione dei rapporti genitoriali e il concreto interesse del figlio minore.Viene indicato quale scopo della norma (art. 8 Convenzione) “la costante preoccupazione di determinare quale sia la soluzione migliore per il bambino”.Il rispetto della vita privata e familiare pretende quindi un giudizio del caso concreto, che può sì coincidere con la conservazione e la tutela del rapporto genitori-figli (bigenitorialità), ma anche con l’esclusione di tale rapporto, quando questa sia la soluzione che coincida con il miglior interesse del minore, che altro non è che garantirgli un ambiente e delle relazioni idonee a garantire la sua sicurezza e il suo sereno sviluppo psicofisico.Sempre con riferimento all’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’Uomo, la Corte afferma che deve essere apprezzata “l'importanza di tutelare un minore in una situazione che si ritiene minaccia gravemente la sua salute o il suo sviluppo[3] e, d'altra parte, solo ove non sia pregiudizievole per il figlio minore “l'obiettivo di riunire la famiglia non appena le circostanze lo permetteranno[4].****

Altro riferimento normativo convenzionale importantissimo richiamato dalla Corte Europea è tratto dalla Convenzione di Istanbul, Convenzione cui l’Italia ha aderito nel 2013[5].

L’art. 31 della Convenzione dispone che:

Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione.

Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini”.

Queste disposizioni sono legge dello Stato italiano.

Risulta pertanto evidente come la decisione del Giudice italiano che dichiari la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre, per essersi opposta agli incontri dei figli con il padre violento, sia del tutto illegittima e in contrasto con la legge, che al contrario impone allo Stato di garantire non siano compromessi i diritti dei bambini in occasione degli incontri/visite con i genitori.

Non da ultimo anche la Convenzione ONU di New York dei diritti dell’infanzia afferma la necessità per i figli minori di “mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori”, a condizione che non sia s contrario al maggior interesse del bambino (art. 9 Convenzione ONU diritti dell’infanzia, NY, 1989)[6].

 

3. Il caso esaminato dalla Corte Europea.

Nel caso preso in esame dalla Corte Europea, una madre lasciava - insieme ai figli - la casa familiare e denunciava il padre per il reato di maltrattamenti in famiglia, recandosi con i minori presso un centro antiviolenza.

Per effetto delle denunce veniva dichiarata la decadenza dalla responsabilità genitoriale del padre.

Nel corso della vicenda processuale i Tribunali hanno incaricato i servizi sociali di supervisionare l’esercizio della responsabilità genitoriale e disposto che il padre potesse incontrare i figli minori in sede protetta.

Nella programmazione e nello svolgimento degli incontri previsti, sia la madre, sia gli stessi servizi sociali eccepivano come:

  • le sedi selezionate per gli incontri non fossero idonee a garantire la sicurezza e la serenità dei minori;
  • non fossero presenti figure professionali qualificate, al di là degli operatori dei servizi sociali, idonei a garantire supporto emotivo e psicologico ai minori;
  • il padre, in più occasioni, manifestava condotte violente, sotto il profilo sia psicologico che con condotte fisiche.

Sotto il primo profilo, la madre contestava che gli incontri venissero tenuti, tra le altre, presso la biblioteca comunale o persino presso la piazza del mercato del Comune di residenza.

Si evidenzia che il luogo di incontro protetto (o spazio neutro) tra genitore e figli minori deve recare determinate caratteristiche, tese a proteggere il minore e a farlo sentire a proprio agio in un ambiente adeguato.

In particolare, deve esservi una sala d’osservazione con telecamere, una stanza dei colloqui, dei bagni, una sala d’aspetto per l’altro genitore che non partecipi all’incontro.

La sala deve essere a misura di bambino, così da metterlo a proprio agio.

Sotto il secondo profilo, era evidenziata la costante assenza in occasione degli incontri di uno psicologo, così da garantire ai minori un supporto emotivo, la stessa preparazione all’incontro e adottare gli strumenti adeguati a proteggerli.

Quanto alle condotte violente del padre, pur oggetto di testimonianza degli stessi operatori dei servizi sociali e portate all’attenzione del Tribunale, queste non venivano considerate, facendo ostinatamente prevalere il dogma della frequentazione con entrambi i genitori.

Nel corso dei procedimenti svoltisi avanti i Tribunali italiani interni, madre e prole non sono stati quindi né protetti, né tutelati.

A fronte di tale carenza di tutela e protezione, espressamente necessaria per la tutela dei figli minori, la madre si opponeva alle visite con il padre.

I Tribunali italiani, per il rifiuto opposto dalla madre agli incontri dei figli minori con il padre, hanno dichiarato la decadenza della stessa madre dalla responsabilità genitoriale, arrivando a ritenerla non idonea al ruolo genitoriale.

 

4. Conclusioni

Il miglior interesse del minore.

È questo il primario criterio che ogni tribunale nazionale deve assumere nei giudizi relativi all’esercizio della responsabilità genitoriale.

La valutazione del miglior interesse deve essere svolta caso per caso, esaminando tutti gli aspetti e i fatti che incidano sulla persona-bambino: l’idoneità dei genitori e la loro condotta verso la famiglia e verso la propria persona (alcolismo, tossicodipendenza), l’ambiente in cui vive il nucleo familiare, la personalità, lo sviluppo e il grado di maturità del singolo bambino.

A questo criterio debbono quindi essere adeguati e parametrati altri legittimi fini del nostro Ordinamento e, tra gli altri, il diritto alla bigenitorialità.

Non è in discussione che mantenere una significativa e costante relazione con i genitori, possa essere per i figli un diritto e una ricchezza, così da contribuire al loro sviluppo psicofisico armonioso.

È, invece, escluso – almeno dalla Corte Europea – che tale principio/diritto sia un dogma prevalente sul concreto ed effettivo interesse e sulle reali necessità del minore.

***

Genitori, non abbiate quindi timore o riserve a valutare anche criticamente, e anche con l’ausilio di professionisti qualificati, le condotte che riteniate pregiudizievoli per l’interesse dei Vostri figli.

 

 

[1] (Requête no 25426/20).

 

[2] La Cour partage les inquiétudes du GREVIO quant à l’existence d’une pratique, très répandue parmi les tribunaux civils, consistant à considérer les femmes qui invoquent des faits de violence domestique pour refuser de prendre part aux rencontres de leurs enfants avec leur ex-conjoint et s’opposer au partage de la garde avec lui ou à ce qu’il bénéficie d’un droit de visite comme des parents « non coopératifs » et donc des « mères inaptes » méritant une sanction. p. 28 AFFAIRE I.M. ET AUTRES c. ITALIE  (Requête no 25426/20)

 

 

[3] (Wunderlich c. Germania, n. 18925/15, § 47, 10 gennaio 2019)

[4] (K . e T. v Finlandia [GC], n. 25702/94, § 155, CEDU 2001-VII, e Mohamed Hasan c. Norvegia, n. 27496/15, § 145, 26 aprile 2018).

 

[5] Legge 27 giugno 2013, n. 77 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011

[6] art.9.3 “Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo.”

“States Parties shall respect the right of the child who is separated from one or both parents to maintain personal relations and direct contact with both parents on a regular basis, except if it is contrary to the child’s best interests.”

 

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