La mia compagna, incinta, è omosessuale. Posso riconoscere il bambino e chiederne l'affidamento?
Si, Lei in quanto padre biologico del nascituro potrà certamente procedere con il riconoscimento che è un atto mediante il quale uno o entrambi i genitori trasformano il fatto della procreazione in uno stato di filiazione che è rilevante per il diritto.
La dichiarazione di riconoscere un figlio nato fuori dal matrimonio è un atto solenne e irrevocabile. In situazioni di normalità, questa dichiarazione è formalizzata nell’atto di nascita (di norma avviene proprio all'interno della struttura ospedaliera). Ma la stessa dichiarazione può anche essere resa davanti davanti all’Ufficiale dello Stato Civile, in un atto pubblico (sono quelli redatti davanti ad un pubblico ufficiale, quale ad es. un notaio), in un testamento o in una domanda presentata al Tribunale.
Il riconoscimento può essere fatto sia da entrambi i genitori o da uno solo di essi.
Se uno dei genitori ha già effettuato il riconoscimento, l’altro genitore che intenda farlo deve ottenerne il consenso.
Se il consenso viene rifiutato, il genitore può rivolgersi al Tribunale che, valutato l’interesse del figlio, può concedere un’autorizzazione.
Nel Suo caso, quindi, Lei può unitamente alla madre riconoscere il bambino al momento della nascita. Qualora il riconoscimento non venisse fatto contestualmente da entrambi i genitori ma solo dalla madre, Lei potrà sempre procedere con il riconoscimento, ma sarà necessario il consenso materno.
Il consenso al riconoscimento, non potrà più essere rifiutato se corrisponde all’interesse del figlio e, se ciò avvenisse, è sempre possibile rivolgersi al giudice competente.
Naturalmente, in caso di dissenso, il padre biologico dovrà rivolgersi all'Autorità Giudiziaria, che sulla base delle circostanze di fatto, valuterà se il riconoscimento è interesse del minore.
E' anche possibile, per le coppie non coniugate, effettuare il riconoscimento in un momento posteriore al concepimento ma prima del parto. Trattasi di una dichiarazione solenne e irrevocabile resa dai futuri genitori avanti all’Ufficiale dello Stato civile del Comune di residenza della madre ove si afferma che dall’unione naturale è stato concepito un figlio e che madre e padre si impegnano sin da quel momento a riconoscere.
Quanto, poi, alla questione relativa all'affidamento (immagino Lei si riferisca alla forma di affidamento) nell'ordinamento italiano vige il principio di bigenitorialità (Legge 54/2006), in forza del quale il minore ha diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori.
Lo strumento giuridico per dare attuazione a tale principio è l’affidamento condiviso.
L’affidamento esclusivo può essere eventualmente disposto dal Tribunale adito qualora sussistano adeguate motivazioni, che dovranno essere concretamente provate, e relative all'incapacità dell’altro genitore di assicurare tutte le responsabilità derivanti dal proprio ruolo genitoriale pregiudicando così il benessere del minore.
Il Giudice può, se lo ritiene, avvalersi di figure professionali (consulenti e/o servizi sociali) al fine di adottare la decisione rispondente all'interesse del minore.
In ogni caso, la giurisprudenza, sia di merito che di legittimià, ha avuto modo di pronunciarsi sull'omossessualità di uno dei genitori disponendo che “non può difatti darsi rilievo alcuno al mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale”. (Cassazione, n. 601 8.11.2012/11.01.2013 e così altre).
E' quindi necessario provare il pregiudizio.
L'eventuale Tribunale adito per decidere sulla questione, disporrà la forma di affidamento più rispondente all'interesse del minore disponendo, poi, le modalità di collocamento del minore (presso uno o l'altro genitore) e del diritto di visita del genitore non collocatario oltre le modalità di contribuzione al mantenimento del minore.