Devo aspettare la sentenza del Tribunale sul mutamento di sesso, per cambiare il mio nome?
Il diritto alla modifica del nome di battesimo (prenome) a seguito del mutamento di sesso risponde al diritto all’identità personale dell’individuo.
Per identità personale si intende la coincidenza tra il modo di essere dell’individuo e il modo di esprimerlo verso l’esterno.
In concreto, un individuo ha diritto di porsi al mondo secondo le proprie inclinazioni e, tout court, secondo l’identità dallo stesso intimamente sentita e vissuta.
La fattispecie rientra nella più ampia definizione data dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che riconosce come “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata”, rientrando in questa sfera il diritto all’identità personale e, quindi, il diritto al nome.
Nessun dubbio, pertanto, che all’esito del percorso di modificazione del proprio genere sessuale, la persona interessata abbia diritto non solo di cambiare, ma di scegliere il proprio nome.
Il nome è, infatti, un segno distintivo dell’identità della persona.
Su questo punto è limpida una recentissima Ordinanza della Cassazione[1].
“Il riconoscimento del primario diritto all'identità sessuale, sotteso alla disposta rettificazione dell'attribuzione di sesso, rende conseguenziale la rettificazione del prenome, che non va necessariamente convertito nel genere scaturente dalla rettificazione, dovendo il giudice tenere conto del nuovo prenome, indicato dalla persona, pur se del tutto diverso dal prenome precedente, ove tale indicazione sia legittima e conforme al nuovo stato”.
In concreto, sotto il profilo procedurale, il nome potrà legittimamente essere modificato in seno alla procedura avanti il Tribunale competente per la rettifica del genere sessuale.
In sede processuale il Tribunale valuterà il percorso del ricorrente, non essendo – Le sarà noto – necessario, per la dichiarazione della modificazione del sesso e del nome – un intervento chirurgico ricostruttivo, ma essendo sufficiente anche la sola modificazione dei caratteri sessuali secondari[2].
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Quanto alla possibilità di anticipare la modifica del nome prima della Sentenza del Tribunale che dichiari il mutamento di genere e assegni (o riconosca) il prenome modificato, segnaliamo quanto segue.
Sul punto si è pronunciata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo proprio in un caso contro l’Italia[3], affermando come: “Il rifiuto delle autorità italiane di autorizzare il cambiamento del nome della persona transessuale durante il processo di transizione sessuale e prima del completamento dell'operazione di conversione costituisce una violazione sproporzionata del diritto della medesima al rispetto della sua vita privata e si pone, pertanto, in contrasto con l'art. 8 della Conv. eur. dei diritti dell'uomo”.
Il caso di specie riguardava proprio l’attesa del richiedente per i tempi mediamente lunghi della pronuncia del Tribunale e il desiderio legittimo di modificare immediatamente il proprio nome.
La persona richiedente, infatti, motivava come “l’indicazione di un nome maschile sui documenti d’identità fosse motivo di umiliazione e di imbarazzo continuo”.
Sul tema, appunto, i Giudici europei hanno riconosciuto il diritto – fatta salva la presentazione di debita allegazione – di modificare il nome anche in attesa della sentenza di rettifica del sesso, al fine di far aderire l’identità personale del richiedente alla realtà personale.
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Come potrà notare su questo aspetto, mentre sussiste potenzialmente un Suo chiaro diritto, occorrerà al contempo ben motivarlo giuridicamente e sostanzialmente al Prefetto, nella richiesta di modifica del nome.
Potrebbe intanto attivare la procedura presso il Tribunale - ove ne sussistano già i presupposti, da valutare possibilmente insieme al legale – a richiedere al Prefetto la modifica nelle more del giudizio.
[1] Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 17/02/2020, n. 3877 (rv. 657061-01)
[2] Tribunale Bari, Sez. I, 22.05.2017
La normativa in tema di rettifica di attribuzione di sesso, introdotta dalla legge n. 164 del 1982, in parte sostituita dalla disciplina di cui all'art. 31, D.Lgs. n. 150 del 2011, non osta all'accoglimento della domanda di rettifica dell'attribuzione di sesso nei registri dello stato civile, pur in assenza di un preventivo intervento demolitorio ricostruttivo degli organi genitali dell'istante, qualora il medesimo, che tuttavia abbia già provveduto alla modifica dei caratteri sessuali secondari, si senta appartenente comunque al sesso opposto e che di questo presenti l'aspetto esteriore.
[3] Corte europea diritti dell'uomo, 11/10/2018, n. 55216/2018