Locazione commerciale e indennità di avviamento: quando è dovuta?
Ho in fitto un locale per uso commerciale con la stessa persona dal 1998, nel 2015 abbiamo rinnovato il contratto di affitto. Lo scorso anno prima della scadenza dei primi sei anni che avverrà il 30 settembre, ho fatto richiesta di disdetta anticipata per uso proprio, nel frattempo il conduttore ha trasferito la propria attività stabile vicino, dista circa 50 e sulla stessa strada, sono tenuto a pagare l'intera somma di preavviso visto che praticamente non subirà nessuna penalizzazione clientela. Vorrei un vostro parere. Grazie.
In materia di locazione commerciale, la legge prevede che, in alcuni casi, il locatore sia tenuto a riconoscere al conduttore un’indennità di avviamento[1].
Esiste, infatti, l’obbligo in capo al locatore che intenda interrompere il contratto di versare una somma di denaro al locatario pari a 18 mensilità (21 nel caso in cui l'attività esercitata abbia carattere turistico – alberghiero).
Ci sono alcuni casi in cui tale obbligo di indennizzo è escluso dalla legge. Prima di tutto quando la cessazione del contratto di locazione dipende dalla condotta del conduttore e, quindi, in caso di recesso da parte di quest’ultimo o in caso di inadempimento del contratto (ad es. per canoni non pagati nei termini concordati).
Vi sono, poi, ulteriori situazioni in cui l’indennizzo non è dovuto. In particolare, nel caso in cui l’immobile sia adibito ad "attività che non comportano il contatto con il pubblico, immobili destinati all'esercizio di attività professionali, attività a carattere transitorio, edifici interni e complementari alle stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali e autostradali, alberghi e villaggi turistici".
Nel caso da lei descritto, l’indennità di avviamento risulta dovuta. L’immobile locato, infatti, è adibito a negozio di abbigliamento, attività commerciale che comporta necessariamente un contatto con il pubblico.
L’indennità di avviamento, poi, come sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria è dovuta al conduttore uscente indipendentemente dalla prova del danno subito per la risoluzione del contratto. Tale somma, dunque, è dovuta a prescindere da qualsiasi accertamento sull’effettiva perdita subita dal conduttore, con la conseguenza che questa spetta anche se il conduttore continui ad esercitare la stessa attività in un diverso immobile situato nelle vicinanze[2].
Si rileva tuttavia che, secondo alcune pronunce, il trasferimento dell’attività commerciale in un altro luogo, precedentemente alla cessazione del contratto, potrebbe comportare la perdita dell’indennità di avviamento. In particolare ciò si verifica nel caso in cui -al momento della cessazione del contratto- non siano più esistenti i requisiti per la corresponsione dell’indennità: come ad esempio l’utilizzazione del bene locato e il diritto dell’inquilino “di continuare a svolgervi l’attività prevista nel contratto e, in particolare, un’attività che comporti il contatto con il pubblico degli utenti e dei consumatori”[3].
Si ricorda, infine, che l’importo dovuto a titolo di indennità di avviamento raddoppia nel caso in cui l’immobile, entro un anno dalla cessazione del contratto, venga adibito (da chiunque) all’esercizio della stessa attività o di attività simili (come, ad esempio, attività incluse nella medesima tabella merceologica e che siano affini a quella esercitata dal conduttore uscente).
Pertanto nel caso in cui il proprietario, entro un anno dalla disdetta, inizi un'attività simile o identica a quella prima esercitata dal precedente inquilino sarà tenuto a corrispondere la somma di cui sopra.
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[1] Art. 34 L. 392/1978;
[2] Corte Cassazione, Sez. 3 Civile, Sent. 11770/2017;
[3] Corte Cassazione, Sez. 3 Civile, Sent. 1763/2014;