Dimissioni da amministratore e perdita della qualità di socio
Gentile Avvocato, le chiedo consulenza in merito alla mia dimissione di socio e amministratore, rappresentante legale, di piccola srl. Io e mio fratello siamo soci al 47,5% mentre mio padre al ***%. Mio fratello *** anni fa, in qualità di unico titolare, ha acquistato un immobile aziendale facendo prestito personale alla srl. Dopo pochi mesi mi è stato chiesto verbalmente, ed io ho accettato, di entrare in società con pari quote aziendali. In cambio ho versato un piccolo prestito e avrei dovuto, non appena si fossero venduti degli immobili a me intestati, versare in azienda quanto ricavato dalla vendita per saldare mutuo relativo al capannone. In vista di questo previsto contributo da parte mia, le spese relative agli immobili a me intestati sono state condivise (avendo tenuto bloccato gli immobili – che io avrei altrimenti affittato – per destinare il valore al saldo del mutuo). L’accordo circa il mio futuro prestito, ad ogni modo, non è stato messo a verbale ma semplicemente ci fu uno scritto semplice e privato, senza alcuna registrazione, firmato dai 3 soci. L’azienda è attualmente in lieve perdita inoltre, nonostante la nostra volontà di modificare la tipologia dell’attività (da industriale a commerciale) non è stato possibile attuare la variazione causa costi elevatissimi per mutare la destinazione d’uso dell’immobile da industriale/artigianale a commerciale. Considerando l’impossibilità a variare la tipologia dell’attività, auspicata fin da principio da entrambi i soci maggioritari, la scarsa reddittività dell’attività e le continue divergenze tra me e mio fratello, ho deciso di dare dimissioni per dedicarmi ad un’altra impresa . A seguito della mia dimissione, l’azienda non potrà immagino darmi liquidazione (assenza di fondi) inoltre, avendo io ricevuto contributo per le spese condominiali degli immobili di mia proprietà di cui si prevedeva prestare il valore della vendita, sono disposta a rendere l’importo ricevuto per quindi svincolare me e la gestione dei miei immobili di cui, tra l’altro, uno è in procinto di essere venduto. Ricevendo le mie dimissioni tramite raccomandata ( in cui chiedo restituzione del mio piccolo prestito iniziale), mio fratello e socio, ha dichiarato di non accettarle in quanto, originariamente, si era ipotizzato un mio prestito mai completato che egli ritiene debba essere versato. Inoltre ha dichiarato che, causa mie dimissioni, desidera vendere l’attività e che, date le pari quote, io debbo aiutarlo nella vendita dell’azienda e del capannone. In realtà l’affermazione appare faziosa in quanto probabilmente è solo interessato a trattenere me con il valore del prestito. La mia preoccupazione è infatti che, comunque, nel momento della vendita dell’immobile qualora trovassi un acquirente, egli potrebbe opporsi circa il prezzo impedendo così l'affare, la chiusura dell’attività e quindi la restituzione dei liquidi prestati da me e la mia possibilità di svincolarmi. Domanda: la mia richiesta di dimissione è valida? Dimettendomi, sono svincolata a procedere con i prestiti ipotizzati da principio in cambio delle quote paritarie (preciso che, causa la crisi, in questi *** anni non c’è stata alcuna spartizione di utile tra i soci a fine anno) ? In che conseguenze posso incorrere? Come posso tutelarmi da ogni rischio?
Diritto delle società. Che cos'è e come funziona?
(01/11/2017)
Avvocato Livia Achilli
Segui
l’avvocato
Eredità e Successioni,
Recupero Crediti,
Sovraindebitamento,
Immobili,
Famiglia
Risposta:
Per renderle una risposta aderente alla sua situazione, sarebbe necessario esaminare tutta la documentazione di riferimento, in particolare statuto societario, delibere rilevanti, e patti parasociali conclusi tra i soci, in particolare per quanto concerne la disciplina dei finanziamenti cui ha fatto cenno. In questa sede pertanto non possiamo che limitarci a segnalarLe che le eventuali dimissioni dalla carica di amministratore, rese in conformità alla legge e allo statuto societario, determinano, di regola, la cessazione della carica, ma non la perdita della qualità di socio della società. La cessazione della qualità di socio consegue, infatti, ad eventi separati e distinti da quello delle dimissioni dalla carica di amministratore. Di regola, infatti, la fuoriuscita del socio è regolata: a) o dalla vendita della propria quota, b) o dal recesso c) o dall’eventuale esclusione. Si tratta di fattispecie distinte governate da regole proprie di norma contenute nello statuto, negli eventuali accordi parasociali dei soci e ovviamente dalle disposizioni di legge applicabili. Anche la disciplina dei finanziamenti soci va esaminata in relazione alla situazione concreta, sia degli accordi di finanziamento e di eventuali accordi parasociali ulteriori, sia alla luce della situazione patrimoniale finanziaria della società. Vige, infatti, un principio di postergazione del rimborso dei crediti vantati dei soci verso la società, quali appunto i finanziamenti soci, rispetto ad altri terzi creditori della società stessa, laddove sia rinvenibile uno squilibrio patrimoniale della stessa che avrebbesuggerito di effettuare non un finanziamento bensì un vero e proprio conferimento di capitale. *** Questo in sintesi lo scenario “astratto“ che andrebbe ovviamente calato nella realtà della Sua situazione.
Non hai trovato ciò che cercavi?
Fai una domanda
Stai già seguendo questo avvocato