Pratiche commerciali sleali

Per pratica commerciale si intende qualsiasi azione o comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità diffusa con ogni mezzo (incluso il direct marketing e la confezione dei prodotti) e il marketing, che un professionista pone in essere in relazione alla promozione, alla vendita o alla fornitura di beni o servizi ai consumatori.

La pratica commerciale è scorretta quando, in contrasto con il principio della diligenza professionale, è falsa o è idonea a falsare il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta.

L’applicazione della disciplina in tema di pratiche commerciali scorrette è stata affidata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), già competente ad applicare la legge antitrust e la disciplina della pubblicità ingannevole.

 

Indice:

  1. Pratiche commerciali ingannevoli
  2. Pubblicità ingannevole
  3. Pratiche commerciali aggressive
  4. Pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare
  5. Quali sono le principali conseguenze delle pratiche commerciali scorrette?

 

1. Pratiche commerciali ingannevoli

Il codice del consumo distingue le pratiche commerciali ingannevoli da quelle aggressive.

Le prime, ai sensi degli articoli 21 e 23 del Codice del Consumo, sono idonee a indurre in errore il consumatore medio, falsandone il processo decisionale.

L’induzione in errore può riguardare il prezzo, la disponibilità sul mercato del prodotto, le sue caratteristiche, i rischi connessi al suo impiego.

L’Autorità considera, altresì, illecite le pratiche che inducono il consumatore a trascurare le normali regole di prudenza o vigilanza relativamente all’uso di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza che possano, anche indirettamente, minacciare la sicurezza di bambini o adolescenti.

Sono di per sé ingannevoli, ad esempio, i comportamenti attraverso i quali l’operatore economico promette di vendere un prodotto a un certo prezzo e poi si rifiuta di accettare ordini per un certo periodo di tempo; oppure afferma, contrariamente al vero, di avere ottenuto tutte le autorizzazioni. E ancora dichiara, per indurre in errore sulla particolare convenienza dei prezzi praticati, di essere in procinto di cessare l’attività commerciale.

 

2. Pubblicità ingannevole

L’Autorità tutela, inoltre, le imprese dalla pubblicità ingannevole fatta da altre imprese e stabilisce le condizioni di liceità della pubblicità comparativa diffusa con ogni mezzo.

La pubblicità è ingannevole quando è in grado di indurre in errore l’impresa alla quale è rivolta, pregiudicandone il comportamento economico, o quando è idonea a ledere un concorrente.

L’ingannevolezza può riguardare le caratteristiche dei beni o dei servizi, come la loro disponibilità o la data di fabbricazione, il prezzo e le condizioni di fornitura.

La pubblicità comparativa è invece quella modalità di comunicazione pubblicitaria con la quale un’impresa promuove i propri beni o servizi mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti. Questo tipo di pubblicità è ammessa solo quando non è ingannevole, cioè quando mette a confronto beni omogenei in modo oggettivo, non ingenera confusione tra le imprese, né provoca discredito al concorrente.

 

3. Pratiche commerciali aggressive

Le pratiche commerciali sono ritenute aggressive quando l’impresa agisce con molestie, coercizione o altre forme di indebito condizionamento, L’aggressività di una pratica commerciale dipende dalla natura, dai tempi, dalle modalità, dall’eventuale ricorso alle minacce fisiche o verbali.

Il Codice del consumo indica le pratiche commerciali che devono essere considerate in ogni caso aggressive.

Sono invece di per sé aggressivi, ad esempio, i comportamenti che creano nel consumatore l'impressione di non potere lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto, le visite a domicilio nel corso delle quali il professionista ignora gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi.

 

4. Pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare

A decorrere dal 15 giugno 2022, con l’entrata in vigore dell’art 19 ter commi 1 e 2 del Decreto Taglia Prezzi (D.lgs 198/2021 convertito con L 51/2022), sono cambiate le regole per la cessione di prodotti agricoli ed alimentari.

Le nuove disposizioni confermano l’obbligo di stipulare un contratto in forma scritta (salvo esclusioni specifiche) e dettagliano le pratiche commerciali considerate sleali, stabilendo una nuova disciplina sanzionatoria.

Sono assoggettate alla nuova disciplina tutte le vendite di prodotti agricoli/alimentari così come indicati nei trattati UE.

In conseguenza di ciò, tutti i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari, sia con consegna unica che con consegna pattuita su base periodica, dovranno essere conformi alla nuova normativa, compresi quelli sottoscritti antecedentemente al 15 dicembre 2021.

Per le vendite di tali prodotti la principale novità è costituita dall’obbligo di stipulare un contratto in forma scritta che contenga i seguenti elementi:
– quantità e caratteristiche dei beni ceduti;
– durata dei beni stessi;
– prezzo pattuito;
– modalità di consegna;
– modalità di pagamento.

Il contratto può essere sostituito, come prevedeva anche la precedente normativa, da DDT o fattura oppure ordine di acquisto in cui siano presenti tutti gli elementi che avrebbe dovuto riportare il contratto (precedentemente concordati in un accordo quadro). In questo caso sul DDT o sulla fattura o sull’ordine di acquisto andrà riportata la dicitura “assolve gli obblighi di cui all’art. 3 del D.Lgs. 198/2021, accordo quadro concordato in data __________”.

L’accordo quadro può essere anche una e-mail in cui una delle parti conferma all’altra gli elementi essenziali dell’accordo.

I termini di pagamento dei fornitori previsti dalla normativa sono i seguenti:

a) contratti di cessione con consegna su base non periodica:

  • prodotti agricoli deperibili> entro 30 giorni dalla data di consegna (o comunque dalla data in cui viene stabilito l’importo da corrispondere)
  • prodotti agricoli NON deperibili > entro 60 giorni dalla data di consegna (o comunque dalla data in cui viene stabilito l’importo da corrispondere)

b) contratti di cessione con consegna su base periodica:

  • per prodotti agricoli deperibili> entro 30 giorni dal termine del periodo di consegna convenuto (massimo un mese) o dalla data in cui viene stabilito l’importo da corrispondere per il periodo di consegna;
  • per prodotti agricoli NON deperibili > entro 60 giorni dal termine del periodo di consegna convenuto (massimo un mese) o dalla data in cui viene stabilito l’importo da corrispondere per il periodo di consegna

 

5. Quali sono le principali conseguenze delle pratiche commerciali scorrette?

L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti.

A tale fine, l'Autorità si avvale dei poteri investigativi ed esecutivi di cui al citato regolamento 2006/2004/CE anche in relazione alle infrazioni non transfrontaliere. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 1 l'Autorità può avvalersi della Guardia di finanza che agisce con i poteri ad essa attribuiti per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e dell'imposta sui redditi. L'intervento dell'Autorità è indipendente dalla circostanza che i consumatori interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista o in un altro Stato membro.

L'Autorità può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussiste particolare urgenza. In ogni caso, comunica l'apertura dell'istruttoria al professionista e, se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del mezzo che ha diffuso la pratica commerciale ogni informazione idonea ad identificarlo. L'Autorità può, altresì, richiedere a imprese, enti o persone che ne siano in possesso le informazioni ed i documenti rilevanti al fine dell'accertamento dell'infrazione. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 14, commi 2, 3 e 4, della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

In caso di inottemperanza, senza giustificato motivo, a quanto disposto dall'Autorità ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 euro a 20.000,00 euro. Qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000,00 euro a 40.000,00 euro.

Entro tre mesi dalla notifica dell'apertura di un'istruttoria per l'accertamento di violazioni, le imprese possono presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria.

L'Autorità, valutata l'idoneità di tali impegni e previa consultazione degli operatori del mercato, può, nei limiti previsti dall'ordinamento comunitario, renderli obbligatori per le imprese. Tale decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e chiude il procedimento senza accertare l'infrazione.

L'Autorità in caso di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato totale realizzato a livello mondiale durante l'esercizio precedente.

Infine l'Autorità può d'ufficio riaprire il procedimento se:
a) si modifica in modo determinante la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;
b) le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti;
c) la decisione si fonda su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete inesatte o fuorvianti.

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