La dispensa dalla collazione: quale forma?
Per rispondere al Suo quesito riteniamo opportuno segnalare che, a norma dell’art. 1920 c.c., per effetto della designazione nella polizza vita, il beneficiario acquista un diritto proprio nei confronti dell’assicurazione. Ciò significa che, a partire dal momento in cui è indicato nella polizza vita il beneficiario, questi acquisisce il diritto ed è creditore nei riguardi dell’assicuratore.
La morte dell’assicurato, pertanto, è soltanto l’evento in cui si consolida tale beneficio e a partire dal quale l’assicuratore è obbligato a mantenere la promessa di pagamento effettuata nel contratto.
Dunque la polizza vita, e l’importo in essa previsto a seguito dell’evento morte verificatosi, non rientrano nell’asse ereditario e pertanto gli eredi ne sono esclusi, anche pro quota.
Inoltre precisiamo che, a norma dell’art. 1923 c.c., il premio oggetto della polizza vita, cui il beneficiario ha diritto, deve essere comunque imputato al patrimonio complessivo di cui poteva disporre il defunto: il premio versato dall’assicurato è infatti considerato come una donazione a favore del beneficiario della polizza vita.
Precisiamo inoltre che la collazione è l'obbligazione in forza della quale taluni soggetti, che accettano l'eredità e che hanno ricevuto donazioni in vita dal de cuius, hanno l'obbligo di conferire nell'asse ereditario quanto ricevuto, al fine di formare le porzioni.
I soggetti tenuti alla collazione sono identificati dal legislatore nell'art. 737 c.c. e sono: i figli, i loro discendenti e il coniuge.
Tali soggetti, se concorrono alla successione, sono tenuti, a norma dell'art. 737 c.c. a conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati. Ovviamente una eventuale dispensa non può mai andare oltre i limiti della quota disponibile.
La dispensa dalla collazione da Lei citata è dunque qualificabile come un'ulteriore ed autonoma liberalità, effettuata da de cuius nel momento in cui ha compiuto la donazione, o successivamente: egli può infatti stabilire che il lascito sia imputato, per quanto capiente, sulla quota disponibile.
Per quanto concerne, invece, la forma della dispensa dalla collazione, segnaliamo che in genere essa è contenuta in una donazione o in un testamento, con applicazione delle relative forme.
Sull’ammissibilità di una dispensa cronologicamente successiva alla donazione ma non contenuta in un atto di ultima volontà, precisiamo che la dottrina maggioritaria ritiene che sia valida anche senza i requisiti di forma della donazione o del testamento.
Potrebbe dunque essere ammissibile una scrittura dattiloscritta con firma autografa in cui il de cuius dispensa dalla collazione.
Avvocato Marta Calderoni