Debiti non pagati: quando è reato e cosa si rischia?

Di norma i debiti dovrebbero essere onorati, ma cosa può succedere quando si omette un pagamento? Solitamente le conseguenze sono soltanto civili e il creditore potrà rivalersi sul patrimonio del debitore, per ottenere quanto dovuto.

In alcuni casi, tuttavia, i rischi del mancato pagamento di un debito potrebbero essere più elevati. Questa condotta, infatti, a certe condizioni potrebbe integrare un reato.

In questo articolo esamineremo quando il mancato pagamento di un debito può essere considerato un reato, quali conseguenze ne possono derivare e quali sono i possibili rimedi.

 

Indice:

1. Quando il mancato pagamento dei debiti è reato

2. Che cosa si rischia?

3. La prescrizione

4. Quali sono i rimedi?

5. Come tutelarsi se non si non riceve un pagamento dovuto?

 

1. Quando il mancato pagamento dei debiti è reato

Non pagare un debito, precedentemente contratto, può portare conseguenze molto più gravi di quanto non si immagini.

Non solo si rischia di subire il pignoramento dei propri beni ma, in alcuni casi, si può essere ritenuti responsabili della commissione di un reato e si può di conseguenza essere sottoposti a procedimento penale.

Può venire infatti contestato il reato di “insolvenza fraudolenta”, previsto dall’art. 641 del nostro Codice Penale, che punisce “chiunque, dissimulando il proprio stato d'insolvenza, contrae un'obbligazione col proposito di non adempierla, qualora l'obbligazione non sia effettivamente adempiuta”.

Si viene accusati di avere commesso questo reato quando si è contratta un’obbligazione in un momento in cui non si era in grado di adempierla, nascondendo dunque tale informazione al proprio creditore o facendo credere a quest’ultimo di essere in grado di adempiere l’obbligazione, pur non essendo vero.

Questo stato di incapacità di onorare il debito deve sussistere al momento in cui questo viene contratto e nel successivo momento in cui il debitore è chiamato a corrispondere quanto da lui dovuto.

Ad esempio, se un soggetto stipula un contratto di finanziamento che prevede il pagamento della prima rata dopo un mese, potrà essergli attribuito il reato di insolvenza fraudolenta qualora venga dimostrato che questo non era in grado di pagare quanto dovuto né al momento della stipulazione del contratto né al momento in cui avrebbe dovuto cominciare a pagare. In questo caso il debitore verrebbe chiamato a rispondere del reato, sia nel caso in cui abbia taciuto sulle sue reali condizioni economiche, sia qualora questo abbia fatto credere all’ente erogatore del finanziamento di essere in grado di restituire quanto concesso.

Tuttavia, affinché possa essere contestato il reato di cui all’art. 641 c.p. è strettamente necessario che chi agisce sia consapevole di non essere in grado di adempiere l’obbligazione contratta e che, dunque, abbia ben chiare le proprie condizioni economiche.

Ad esempio, qualora un imprenditore contraesse un’obbligazione con un fornitore convinto di ricevere nel medesimo periodo alcuni pagamenti da parte di propri clienti e, quindi, di essere in grado di onorare questo debito, non potrebbe successivamente essergli attribuito il reato di insolvenza fraudolenta qualora, a causa dell’inadempimento dei propri clienti non potesse successivamente fare fronte a quanto da lui dovuto.

 

2. Che cosa si rischia?

Qualora si commetta il reato di insolvenza fraudolenta si rischia la reclusione fino a due anni o una multa fino ad € 516,00.

Si tratta di sanzioni che, in ragione dell’istituto della sospensione condizionale della pena, potrebbero non essere eseguite. Dunque, in genere, in caso di condanna per “insolvenza fraudolenta” non si rischia concretamente il carcere.

Tuttavia, bisogna sempre tenere presente che ciò non vale per chi abbia già ricevuto precedenti condanne.

Inoltre, se si commette il reato di insolvenza fraudolenta, oltre alle sanzioni penali si rischia di essere condannati al risarcimento dei danni subiti da parte del creditore.

Ciò comporta che il soggetto debitore potrebbe subire il pignoramento di un eventuale stipendio o di qualunque bene acquistato in un momento successivo (come ad esempio un’auto o un immobile).

Inoltre, non si potrebbe svolgere per almeno cinque anni un’attività commerciale di vendita e somministrazione di cibi e bevande, come previsto dall’art. 71 D. Lgs. N. 59/2010.

Conseguentemente, chi venisse condannato per insolvenza fraudolenta per non avere corrisposto un finanziamento chiesto in un momento in cui non era in grado di restituirlo, per molto tempo potrebbe vedersi preclusa la possibilità di aprire un bar o un ristorante.

Più in generale, poi, ricevere una condanna penale, anche quando ciò non comporti il carcere, è fonte di molte problematiche.

Non solo si rischia la propria libertà, in caso di una successiva sentenza di condanna, ma, soprattutto, risulterebbe un precedente penale sul certificato del casellario giudiziale. Questa iscrizione potrebbe comportare conseguenze in futuro, come ad esempio nella ricerca di un lavoro o per effettuare viaggi extra europei.

E’ noto, infatti, che alcuni datori di lavoro, pur non essendoci molte volte una preclusione ad assumere personale con precedenti penali, preferiscono “scartare” gli aspiranti lavoratori che hanno avuto qualche problema con la legge. Alle volte ciò è la conseguenza di una vera e propria politica aziendale.

Inoltre, ci sono molti paesi extra europei che non concedono il visto a viaggiatori con precedenti penali o, comunque, procedono in modo molto rigoroso. Ciò vale, ad esempio, per l’Australia, che, appreso dei precedenti penali dell’aspirante visitatore, può decidere di esprimere una valutazione di inidoneità.

 

3. La prescrizione

Come noto, i reati sono soggetti a prescrizione. Trascorso un certo periodo di tempo dal momento della sua commissione, il reato si prescrive e, conseguentemente, viene dichiarato estinto[1].

Ciò significa che l’imputato – anche qualora fosse responsabile del reato contestato - in ragione dell’avvenuta prescrizione potrà evitare una condanna e le sanzioni conseguenti.

Nel caso del reato di insolvenza fraudolenta, di cui all’art. 641 c.p., il termine di prescrizione è di sei anni dal fatto, ma può protrarsi fino a sette anni e sei mesi, qualora le Autorità perseguano il reato, compiendo alcuni atti, come la sottoposizione dell’imputato ad interrogatorio o il suo rinvio a giudizio.

Per evitare la prescrizione del reato è quindi necessario che il procedimento penale, in primo grado, giunga a conclusione entro il termine massimo di sette anni e sei mesi.

In passato, ed esattamente prima della riforma operata con la Legge n. 3/2019 definita “Spazza corrotti”, un procedimento penale per il reato di insolvenza fraudolenta doveva terminare entro sette anni e sei mesi in tutti e tre i gradi di giudizio.

Tuttavia, con l’avvento della riforma citata non è più così ed i tempi della prescrizione si sono dunque dilatati. Dopo la sentenza di primo grado, infatti, la prescrizione viene sospesa fino al momento dell’esecuzione della pena stabilita nell’ultimo grado di giudizio.

 

4. Quali sono i rimedi?

Per chi commette il reato di insolvenza fraudolenta l’art. 641 comma 2 c.p. offre una esplicita “chance di redenzione”.

La norma prevede infatti che l’adempimento dell’obbligazione prima della condanna estingue il reato.

Conseguentemente, quel debitore che abbia contratto un’obbligazione con il proposito di non adempierla per impossibilità di farlo, può rimediare ed evitare le sanzioni penali e tutte le conseguenze descritte al paragrafo n. 2 attraverso il pagamento di quanto dovuto, anche nel corso del processo, ma prima della condanna definitiva.

In ragione di tutte le problematiche che porta con sé una condanna penale per il reato in discorso, è quindi sempre consigliabile trovare un modo per addivenire all’estinzione del reato.

Ad ogni modo, qualora ciò non fosse possibile, si ribadisce che è comunque concretamente difficile che la pena a cui si può essere condannati venga poi eseguita, essendo probabile che questa venga sospesa mediante l’applicazione dell’istituto della sospensione condizionale della pena. Ciò in quanto la pena prevista per il reato in questione può ammontare al massimo a due anni di reclusione.

In caso di sospensione della pena, l’autore del reato di insolvenza fraudolenta non dovrà delinquere nuovamente per almeno cinque anni. In questo modo, la pena, prima sospesa, si estinguerà e non potrà quindi essere eseguita, in ragione della estinzione del reato contestato. 

Per rimediare ad un’imputazione per insolvenza fraudolenta, poi, si possono seguire anche altre strade.

In primo luogo, ovviamente, si può tentare una difesa nel merito del processo, dimostrando che quando è stato contratto il debito non c’era piena consapevolezza dell’impossibilità di restituire quanto ottenuto.

Ad esempio chi, a fronte di una promessa di assunzione, si impegna ad acquistare un veicolo con pagamento rateale, contando sul proprio futuro stipendio, potrebbe riuscire ad evitare una condanna di insolvenza fraudolenta, qualora non venga poi assunta e non possa quindi pagare il debito contratto.

In un caso come questo, per quanto il compratore/debitore non sia in grado di onorare il debito contratto né al momento dell’acquisto, non avendo un impiego, né al successivo momento del pagamento, non essendo stato poi effettivamente assunto, esibendo la proposta di assunzione, potrebbe dimostrare l’assenzadell’elemento soggettivo richiesto dall’art. 641 c.p., in quanto effettivamente convinto di riuscire a far fronte al proprio debito nel momento in cui l’ha contratto.

In alternativa, un altro rimedio potrebbe essere quello di richiedere la sospensione del procedimento penale con messa alla prova, previsto dall’art. 168 bis del Codice Penale.

Attraverso questa scelta processuale, chi non ha pagato un debito potrebbe ottenere la sospensione del procedimento penale e, in seguito ad una condotta funzionale all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, se possibile, del risarcimento dei danni subiti da chi è stato offeso dal reato e di un periodo di volontariato, potrebbe ottenere la dichiarazione di estinzione del reato. 

Rispetto all’ipotesi di cui all’art. 641 comma 2 c.p., in questo caso si potrebbe giungere all’estinzione del reato, e quindi ad evitare le conseguenze di cui sopra, con una formale promessa (magari anche garantita) che, data l’attuale impossibilità, il debitore procederà comunque a rimediare in seguito, quando ne avrà la possibilità. Oppure, eventualmente, per rimediare agli effetti negativi della condotta criminosa, il debitore potrebbe restituire il bene precedentemente acquistato.

Ad ogni modo, va rammentato che l’istituto della messa alla prova non può essere utilizzato in più di un’occasione.

Infine, chi riceve una condanna per insolvenza fraudolenta presenta comunque la possibilità di richiedere ed ottenere la riabilitazione, come previsto dall’art. 178 del Codice Penale. Ciò sarà possibile quando saranno trascorsi tre anni dalla sentenza definitiva di condanna, senza ulteriori attività criminose.

In questo modo è possibile eliminare la condanna per insolvenza fraudolenta dal proprio certificato del casellario giudiziale, evitando tutte le problematiche conseguenti alla condanna sopra riportate.

 

5. Come tutelarsi se non si non riceve un pagamento dovuto?

Il creditore che non riceve un pagamento dovuto, dopo avere contratto un’obbligazione con una persona che abbia fatto credere di essere solvibile, può ovviamente ricevere danno da questa situazione.

Non solo per l’inadempimento subito, ma anche perché tale situazione potrebbe generare ulteriori danni.

L’ente di credito che conceda un finanziamento ad un soggetto rivelatosi non in grado di restituire quanto prestato, a causa di ciò potrebbe non avere sufficiente liquidità per concedere un finanziamento ad altri.

Il venditore dell’auto, che non riceva il prezzo pattuito, potrebbe non essere in grado di fare fronte ad un debito che lui stesso abbia contratto, pensando di potere contare sul ricavato della sua vendita.

La persona offesa, vale a dire chi subisce questo reato, ha la possibilità di presentare una denuncia-querela alla Procura della Repubblica competente per territorio.

Ciò darà origine a un procedimento penale a carico del debitore, il quale può cercare di rimediare all’imputazione e di evitare una condanna estinguendo il proprio debito o promettendo di estinguerlo quando possibile.

Nell’ambito del procedimento penale, chi ha subito il reato avrà la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni subiti.

Si specifica che la denuncia-querela, che dà origine al procedimento penale, può essere presentata in seguito all’esperimento di un tentativo di esecuzione forzata rivelatosi vano per mancanza di beni attraverso cui soddisfare il credito vantato.

Il creditore ha novanta giorni di tempo per procedere in tale senso, a partire dal momento in cui, appreso il risultato del tentativo vano di esecuzione forzata, sia divenuto consapevole dell’impossibilità di ottenere quanto in suo diritto in questo modo.

Il vantaggio di decidere di tutelarsi penalmente in una situazione come quella che origina il reato di insolvenza fraudolenta, presentando una denuncia-querela nei confronti del proprio debitore, è duplice:

  • da un lato la celebrazione di un procedimento penale potrebbe avere un effetto deterrente nei confronti del debitore, così da indurlo ad onorare il debito contratto;
  • dall’altro lato, qualora il debitore sia una società, si avrebbe la possibilità di ottenere quanto richiesto non solo da questa ma anche, e soprattutto, dal suo amministratore, anche di fatto, che risponderebbe del reato nel procedimento penale personalmente.

 

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Note:

[1] Come stabilito dall’art. 157 del Codice Penale, La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.

 

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