Caso Fedez-Rai: è lecito pubblicare una conversazione privata?

Si sta parlando molto della conversazione tra Fedez e alcuni funzionari RAI, che il cantante ha registrato all’insaputa degli interlocutori e poi pubblicato sui social. Il dubbio che ho è questo: è un comportamento lecito? Posso rischiare qualcosa se pubblico una conversazione senza prima chiedere alle parti coinvolte?
Diritto Penale (30/05/2021)
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Autore:
Avvocato Giulia Valmacco
Locazioni commerciali, Sovraindebitamento, Risarcimento danni e responsabilità civile, Famiglia
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Risposta:

In un momento in cui registrare, copiare e condividere conversazioni private non è mai stato così facile – e, forse, nemmeno così chiacchierato - è necessario fare chiarezza su che cosa dice la legge sul punto e quali siano le conseguenze a cui può andare incontro chi rende pubblica una conversazione.

Per quanto riguarda la sola registrazione, è bene sapere che in generale è lecito registrare dialoghi se si è presenti alla conversazione, anche all’insaputa dei partecipanti. Sempre legittima, altresì, è la registrazione delle telefonate in cui siamo gli interlocutori diretti.

I contenuti delle registrazioni potrebbero servire, ad esempio, per difendersi in giudizio o per ragioni di studio[1], finalità riconosciute e tutelate dalla legge.

Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, infatti, le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non sono tecnicamente delle "intercettazioni", che dovrebbero invece essere autorizzate.

Discorso diverso, invece, deve farsi quando non abbiamo preso parte alla conversazione registrata, ma abbiamo invece utilizzato degli strumenti per carpire conversazioni tra terze parti, senza che questi ultimi fossero a conoscenza della registrazione o potessero chiaramente accorgersene.  Questa condotta, invece, è assimilata ad una intercettazione e, dunque, legittima solo se autorizzata dall’autorità giudiziaria.

La condotta di chi registra conversazioni altrui a loro insaputa, ad esempio con un registratore nascosto nella stanza, può integrare gli estremi dell’articolo 617 del Codice penale, che punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque fraudolentemente prende cognizione di comunicazioni tra persone a lui non dirette[2].

Chi, invece, decidesse di installare un “programma spia” nel telefono altrui per registrare le conversazioni e/o leggere i messaggi potrebbe incorrere nel reato di intercettazione abusiva di conversazioni, previsto dall’articolo 617-bis, comma 1, del Codice penale e punito con la reclusione da uno a quattro anni[3].

Questo per quanto riguarda la registrazione delle conversazioni. E in relazione, invece, alla loro divulgazione? E’ lecito pubblicare sui social la registrazione di una telefonata senza il consenso di tutti gli interlocutori?

In linea generale no. La divulgazione della conversazione – anche se registrata lecitamente – comporta generalmente sia illeciti civili, sia l’integrazione di veri e propri reati.

Da un lato, infatti, è bene sapere che la voce è tutelata dalla normativa privacy, in quanto considerata come dato personale. La divulgazione della voce altrui in assenza di consenso, dunque, potrebbe comportare la violazione della normativa in ambito privacy, a meno che non sussista un legittimo interesse alla divulgazione della registrazione, come ad esempio quello di cronaca. In questo caso, infatti, non occorre il consenso degli interessati.

La diffusione di una telefonata ad opera di uno dei partecipanti, pertanto, è lecita se effettuata per finalità giornalistica, nel caso in cui l’informazione divulgata sia essenziale e riguardi fatti di interesse pubblico.

Non è invece consentito all’interlocutore divulgare riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni di conversazioni, anche telefoniche o telematiche. Questa condotta integra il reato previsto dall’articolo 617-septies del Codice penale, che prevede la pena della reclusione fino a quattro anni.

La punibilità è esclusa, però, quando la diffusione è necessaria per l’esercizio del diritto di difesa o di cronaca[4].

 

[1] Cassazione a Sezioni Unite, 36747 del 28 maggio 2003. Un caso particolare è quello delle conversazioni tra il lavoratore e il suo datore di lavoro. Secondo costante giurisprudenza il lavoratore può sempre registrarle al fine di produrle in giudizio. Le registrazioni quindi non integrano né un illecito civile né disciplinare (si veda ad esempio la Sentenza 369/2019 della Corte d’appello di Milano).

[2] L’articolo 617 fa riferimento alle sole conversazioni telefoniche, ma va letto insieme all’articolo 623-bis, che allarga il campo a qualunque captazione illecita, non soltanto quelle telefoniche.

[3] Cassazione, 15071 del 18 marzo 2019.

[4] V. anche (Cassazione, 24288 del 10 giugno 2016)

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