Revenge Porn: come tutelarsi?

Ho mandato al mio ex delle foto intime, ma ora vorrei fare in modo che venissero cancellate. Come posso tutelarmi? Cosa posso fare nel caso in cui vengano diffuse sui social o condivise tra gli amici?
Diritto Penale (22/11/2022)
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Autore:
Avvocato Giulia Valmacco
Locazioni commerciali, Sovraindebitamento, Risarcimento danni e responsabilità civile, Famiglia
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Risposta:

Inviare le proprie immagini esplicite, se frutto della libera scelta di ognuno (e quando si tratta di persone maggiorenni), è del tutto lecito.

Tuttavia, è bene tenere a mente che, in un mondo sempre più connesso, questa pratica comporta dei rischi. È chiaro a tutti, ormai, quanto sia semplice diffondere immagini e/o video attraverso il web, che sia utilizzando app di messaggistica, tramite e-mail, oppure addirittura condividendole sui social network. Una volta pubblicata online, una fotografia può essere facilmente condivisa migliaia di volte, rendendone molto difficile l’eliminazione definitiva dal web, con conseguenze anche drammatiche sulle vite delle persone coinvolte.

Per questo, è molto importante sapere come difendersi e prevenire questo tipo di fenomeno c.d. di revenge porn (ma che più generalmente e correttamente si può definire “pornografia non consensuale”), in particolare attraverso una corretta protezione e gestione dei nostri dati personali (tra cui, appunto, fotografie e video che ci ritraggono).

Prima di tutto si ricorda che ognuno ha il diritto di richiedere e ottenere la cancellazione dei dati che lo riguardano. La normativa europea in tema di privacy, infatti, prevede esplicitamente il diritto di chiedere la cancellazione dei dati.

Quindi, se hai già diffuso tue immagini e/o video espliciti, oppure sei venuto a conoscenza del fatto che qualcuno li ha prodotti (a tua insaputa o meno) e ora vorresti che fossero cancellati, è possibile richiederlo anche con un semplice messaggio (meglio ancora se la richiesta viene effettuata con un mezzo che lasci una traccia scritta e prova della ricezione da parte del destinatario della richiesta).

La diffusione senza consenso di dati riferiti a persone fisiche (come in questo caso immagini o video) è una violazione della normativa in tema di privacy e, in alcuni casi, integra anche un reato. Queste condotte, quindi, non sono da prendere alla leggera perché possono comportare pene pecuniarie e, in alcuni casi, anche sanzioni penali[1].

Nel caso in cui ci si accorga che le proprie immagini sono state diffuse a terzi senza il nostro consenso oppure pubblicate sul web, è bene rivolgersi immediatamente alla Polizia postale e segnalare la questione al titolare del trattamento (ad esempio il titolare del sito web su cui è stata pubblicata l’immagine) e/o al Garante per la protezione dei dati personali (Garante della Privacy).

Una segnalazione al Garante della Privacy potrebbe essere efficace anche per prevenire comportamenti illeciti, nel caso in cui si tema che i propri video e/o foto intime possano essere diffuse senza il proprio consenso utilizzando l’apposito canale messo a disposizione (www.gpdp.it/revengeporn).

 

 

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Note:

[1] Art. 612 ter del Codice Penale: “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procederà tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

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