Abbiamo ricevuto una donazione: alla morte del de cuius dobbiamo fare la collazione?

Gentile Avvocato buongiorno. I miei genitori hanno divorziato accordandosi per il trasferimento dei beni immobili acquistati durante gli anni di matrimonio a noi due figli. Accordo ovviamente presente nella sentenza di divorzio al quale poi è seguito atto notarile. Mia madre ha così rinunciato all'assegno di mantenimento da parte di mio padre. Vorrei sapere se i beni immobili oggetto di trasferimento a seguito di sentenza di divorzio possono essere oggetto di collazione, in quanto mia padre è venuto a mancare e si era risposato. Ringrazio anticipatamente per l'attenzione e saluto cordialmente

Eredità e Successioni (16/03/2021)
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Autore:
Avvocato Fabrizio Tronca
Eredità e Successioni, Immobili, Famiglia
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Risposta:

Da quanto descrive, ricaviamo che in occasione del divorzio i genitori abbiano destinato ai figli il patrimonio immobiliare, mediante atto di donazione.

La collazione è quell'operazione che stima nel loro insieme i beni dentro il patrimonio del de cuius al momento della morte e i beni da questi donati in vita.

Ciò è al fine di valutare se, nella successione ereditaria, vi sia stata une lesione della quota di riserva degli eredi legittimi e specialmente di equilibrare l’assegnazione ereditaria con gli altri coeredi.

I figli (come il coniuge) sono soggetti tenuti alla collazione all'apertura della successione e devono conferire i beni ai coeredi (nel caso di specie, alla seconda moglie di Vostro padre, quale legittima chiamata all'eredità) (art. 737 c.c.).

La collazione può essere (i) in natura o (ii) per imputazione.

Nel primo caso, i beni donati entrano nella comunione ereditaria e costituiscono oggetto della stessa: i beni della donazione acquisiranno un comproprietario. Ad esempio, il coniuge del defunto che non abbia ricevuto una donazione, entra in comunione/comproprietà sui beni già oggetto di donazione.

Nel secondo caso, si tratta di una regolamentazione di valore: i donatari sconteranno il vantaggio ricevuto con la donazione, sugli altri beni del patrimonio ereditario, ricevendo una quota minore (o non ricevendola)[1]. Ad esempio: il de cuius lascia un patrimonio di € 250.000,00 ed i figli hanno già ricevuto in donazione, ciascuno, un immobile del valore di € 250.000,00. In tal caso, la somma di € 250.000,00 è destinata al coerede che non abbia ricevuto la donazione (per la precisione il coniuge) e nulla è destinato ai figli, già soddisfatti con la donazione.

Chiaramente la scelta tra collazione in natura o per imputazione dipende dalla sussistenza o meno nell’asse ereditario di un valore (beni immobili, liquidità).

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Quanto sopra è riferito esclusivamente ai beni a Voi trasferiti dal padre, della cui eredità si tratta, e non ai beni ricevuti da Vostra madre. 

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[1] L'art. 747 cod. civ. stabilisce che la collazione per imputazione si fa avuto riguardo al valore dell'immobile al momento dell'apertura della successione, senza che i beni oggetto della collazione tornino materialmente e giuridicamente a far parte della massa ereditaria, incidendo i medesimi esclusivamente nel computo aritmetico delle quote da attribuire ai singoli coeredi secondo la misura del diritto di ciascuno. Non sono irrilevanti, ai fini del computo di detto valore, i miglioramenti che abbiano interessato l'immobile fino a quel momento. Ai sensi dell'art. 748 cod. civ. va dedotto a favore del donatario il valore delle migliorie apportate al fondo nei limiti del loro valore al tempo dell'aperta successione - Cass. civ., Sez. II, 06/10/2016, n. 20041

 

 

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